IL SALTO MORTALE
IL SALTO MORTALE p IL SALTO MORTALE TUTTO sul rosso. Come quei giocatori di roulette che, perdendo molto, decidono per rifarsi di puntare l'intera posta su un colpo, Massimo D'Alema si è risolto ieri ad affidare la sua sorte politica e quella del governo che presiede al rilancio della riforma istituzionale. E' stata una scelta non priva di drammaticità, resa quasi obbligata dal deteriorarsi del quadro politico (referendum e lista Prodi, soprattutto) e dall'avvio incerto dello stesso governo. Con questa mossa D'Alema si prefigge di dotare il suo ministero di un compito alto e la legislatura di un senso, cercando così di guadagnare solidità e tempo. Ma a questo il premier ha dovuto aggiungere un altro compito molto arduo: ridefinire la maggioranza che lo sostiene. Un doppio salto mortale con avvitamento. OCCUPARE TUTTO IL CAMPO. Con l'annunciato sigillo apposto ieri dal vertice di maggioranza a un disegno di legge per una nuova legge elettorale (la proposta Amato), D'Alema ha detto esplicitamente di voler «sdrammatizzare il referendum» non «evitarlo». La prima cosa è certamente vera, la seconda forse: lo si vedrà mercoledì, quando D'Alema riceverà il comitato referendario. Se comunicherà come data prescelta il 18 aprile, allora sarà tutto vero. Ma presentando ieri la proposta Amato e corredandola di altri ambiziosi compiti di riforma istituzionale (riduzione del numero dei deputati, federalismo e altro), D'Alema ha detto di voler «assumere pienamente la guida di un dialogo con l'opposizione per il completamento della riforma del sistema democratico con la realizzazione di un bipolarismo di tipo europeo». Qui c'è tutto: il tentativo di togliere a Prodi due bandiere (bipolarimo e federalismo) e l'annuncio di apprestarsi a giocare a tutto campo. Lo schema è semplice: dopo il referendum, facilitare l'accordo con il Polo sulla legge elettorale, non solo con l'aggiunta di qualche bouquet sulla giustizia, ma soprattutto facendo rilanciare a Giuliano Amato il tema, peraltro a lui caro, del presidenzialismo. L'operazione, almeno sulla carta, gli sembra possibile. ALLUNGARE IL CAMPO. Tutto questo non basta per ridimensionare la minaccia Prodi. Per questo ieri D'Alema ha pronunciato un'altra frase importante: «L'alleanza di centrosinistra esiste già ed è tonnata da Ulivo, Udr e i comunisti italiani» e «si presenterà alle prossime politiche con un solo simbolo». Per Prodi esiste solo l'Ulivo, senza la detestata Udr e senza Cossutta; per lui non c'è centrosmistra. La sua idea è quella di diventare prima il capo del pezzo più importante dell'Ulivo e poi il capo di tutto. D'Alema gli allunga il campo: ci sarà una maggioranza più ampia di cui tu rappresenterai solo mi pezzo e la tua identità sarà scolorita dentro un simbolo unitario che non sarà il tuo. Un acido Prodi ha risposto: «No comment». E in questo breve scambio c'è il nocciolo dello scontro politico dei prossimi mesi all'interno della sinistra. Sarà duro. SENZA CAMPO. Intanto, però, la natura fa il suo corso. Ormai praticamente spirato Rinnovamento Italiano di Lamberto Dini, che per le defezioni non ha più gruppo parlamentare, ieri è entrata hi coma - forse irreversibile l'Udr di Clemente Mastella. Non si può più dire di Francesco Cossiga, perché l'ex Presidente, già tiratosi da parte, ieri ha attaccato pesantemente la decisione di Mastella di andare «solo» (cioè senza allearsi al Ppi) alle prossime elezioni. Poco importa se Mastella abbia deciso così perché non voluto da popolari o per calcoli di convenienza. L'Udr ha perso il leader e si presenterà agli elettori senza rete. E D'Alema rischia di perdere il suo/er de lance contro Prodi. Paolo Passarmi e-mail: paopass@tin.it
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