Il caso Ocalam

Il caso Ocalam Il caso Ocalam Roma, procura contro tribunale dei ministri ROMA. I nuovi accertamenti che il tribunale dei ministri sta svolgendo sul conto del Guardasigilli per il «caso Ocalan» richiano di mandare in fibrillazione il palazzo di giustizia di Roma. Il procuratore Salvatore Vecchione ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione e di andare allo scontro frontale con il collegio per i reati ministeriali che non solo non ha archiviato, come richiesto dallo stesso Vecchione, la posizione di Oliviero Diliberto dall'accusa di abuso di ufficio, ma ha sollecitato il capo dell'Ufficio dei pubblici ministeri ad iscrivere il nome del Guardasigilli nel registro degli indagati per un altro reato, quello di favoreggiamento nell'ingresso clandestino in Italia del leader del Pkk. Una vicenda, questa, che la procura, attraverso i pm Giancarlo Capaldo e Vincenzo Roselli, sta seguendo da diverso tempo tanto da avere già messo sotto inchiesta Abdullah Ocalan, alcuni suoi stretti collaboratori e il responsabile degli Esteri di Rifondazione Comunista, Ramon Mantovani che accompagnò «Apo» a Roma la sera del 12 novembre del '98. Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il procuratore Vecchione, in una nota polemica consegnata ai giornalisti, parla di «elementi di illegittimità processuale» rilevati «in due provvedimenti del collegio» trasmessi al suo ufficio. La «querelle» prende il via il 13 dicembre scorso quando l'avvocato Augusto Sinagra (che tutela gli interessi dell'ambasciata turca) presenta una denuncia per abuso di ufficio contro il Guardasigilli. L'accusa, sostenuta dal penalista, è che Diliberto sia andato al di là delie sue competenze quando chiese aUa Corte d'Appello di applicare per Ocalan «una misura più attenuata rispetto a quella della custodia in carcere». La procura di Roma procede all'iscrizione del ministro, come atto dovuto, nel registro degli indagati, e dopo sei giorni trasmette tutte le carte, assieme ad una richiesta di archiviazio ne, al collegio per i reati ministeriali. Sinagra, però, non ci sta e, prima delle feste di Natale, presenta al tribunale una memoria articolata che, di fatto, fa riaprire il caso Ocalan. Risultato: il collegio per i reati ministeriali, composto dal presidente Bruno Fasanelb e dai giudici Aldo Scivicco e Francesca Maresca, non •solo decide di non archiviare l'inchiesta su Dili berto, ma chiede anche alla procura di Roma di iscrivere il nome del Guardasigilli nel registro degli indagati per l'ipotesi di favoreggiamento nell'ingresso clandestino in Itaha del leader curdo. Vecchione resta letteralmente di stucco anche perché negli atti istruiti fino ad oggi dai suoi sostituti sull'arrivo a Roma di «Apo» non c'è alcun elemento che possa far ipotizzare il reato di favoreggiamento nei riguardi di Diliberto. Nessuno ha mai coinvolto il Guardasigilli nell'arrivo a Fiumicino di Ocalan. Nessuno, tranne l'avvocato Sinagra che, nella memoria, aveva speso parole di fuoco per tutti: in particolare, per il procuratore Vecchione «che forse un po' troppo affrettatamente aveva chiesto l'archiviazione dell'esposto contro il Guardasigilli». E per lo stesso Diliberto che, a parere del penabsta, potrebbe avere avuto un ruolo «nei contatti intervenuti tra l'organizzazione terroristica Pkk e il partito di Rifondazione Comunista cui egb prima apparteneva». In attesa della pronuncia della Cassazione, il tribunale dei ministri va avanti per la sua strada. E ieri sulla vicenda Ocalan sono stati interrogati alcuni funzionari del Sismi. [g. f. e]

Luoghi citati: Dili, Italia, Roma