Una messa al ritmo di salsa È la benedizione di Cuba

Una messa al ritmo di salsa È la benedizione di Cuba REPORTAGE/2 TRA FEDE E TURISMO L'isola intende aprire le porte ai viaggi religiosi, già pronte due agenzie Una messa al ritmo di salsa È la benedizione di Cuba L'AVANA DAL NOSTRO INVIATO L'aveva detto Giovanni Paolo II, non è vero? «Cuba si apra al mondo, il mondo si apra a Cuba». E dunque, cari peUegrini, cari sacerdoti che siete venuti fin qui a conoscere e pregare, tornate alle vostre Chiese e magnificate il nostro Paese. «Non siete obbligati a condividere le nostre idee - dice Ruben Valle, vice rninistro della cultura -, ma avrete constatato che non siamo gente di un altro mondo. E Cuba, per voi che ci siete amici, sarà sempre aperta». Buon Dio, si domandano i sacerdoti, per chi ci hanno preso? «Non è che ci sopravvalutano?», scappa a Don Remo. La sopresa continua, a tavola c'è anche il vecchio José Iianusa Gobel, il primo sindaco de L'Avana castrista, già ministro dell'educazione e dello sport, uno dei consiglieri più ascoltati da Fidel. «Noi e voi, Cuba e la Chiesa, abbiamo molto in comune. Sulla globabzzazione, ad esempio, il Papa e Fidel la pensano allo stesso modo: prima viene la globalizzazione della solidarietà». Al loro ultimo giorno a Cuba, i 19 sacerdoti arrivati con l'Opera Romana Pellegrinaggi scoprono di essere davvero importanti. Un ricevimento ufficiale con il vice rninistro Valle, con il vecchio Llanusa Gobel che appena parla fa sentire l'odore della storia e della Revolucion. E che diamine, ma allora questi ci tengono proprio, allora la visita del Papa ha lasciato il segno anche in quest'angolo di socialismo che resiste. Alto, magro, bianco di capelli e di camicia, Llanusa Gobel è affabile. A Don Franco, che domanda un bilancio dei 40 anni di Revolucion dall'inizio a oggi, risponde con mia battuta. «Non fino ad oggi, Revolucion siempre!». A un'altra domanda replica che «la fede è un fatto privato», ma non è un valore negativo. E sul futuro è addirittura suadente: «I giovani sapranno fare meglio di noi, non faranno i nostri errori». Non un segno di crisi, però, nessun dubbio: «La Revolucion senza il consenso popolare sarebbe già finita». Come dice il vecchio rivoluzionario, «Cuba sta attraversando il suo momento più difficile. C'è l'embargo, c'è stata la crisi dei paesi socialisti...». Sparita l'Urss non arriva più un rublo, la disponibilità di petrolio è passata da 15 milioni di tonnellate a 5. Il peso cubano vale 20 centesimi di dollaro, il prezzo dello zucchero sul mercato mondiale è crollato. A Cuba c'è la prostituzione da stroncare, Aids e rmcrocriminahtà. Ecco, in questa Cuba l'arrivo dei pellegrinaggi vaticani è vissuto come una benedizione, il seguito del viaggio del Papa. La Cuba di Fidel ha bisogno anche di loro, di «aprirsi alla Chiesa» dopo anni che è meglio dimenticare. Dice monsignor Beniamino Stella, prudentissimo Nunzio Apostolico: «Perchè guardare sempre al passato? Guardiamo avanti con fiducia». Ma il Nunzio parla da diplomatico, da politico cauto. I peUegrini vorrebbero sapere, la Chiesa è finalmente libera? A Camaguey la messa è finita negli applausi, con i 19 sacerdoti che lasciano l'altare a ritmo di salsa. Nella casa parrocchiale ci sono i ragazzi, piuttosto emozionati, mai visti tanti sacerdoti in una volta sola, e poi c'è anche monsignor Vittorino che viene dal Vaticano e ha detto che riferirà al Papa, càspita. Rolando, 24 anni, racconta: «Noi non siamo stati educati alla Chiesa, ma come molti giovani cubani l'abbiamo scoperta con la nostra maturità. Siamo noi a portare i nostri genitori in Chiesa». Non è facile credere, a Cuba. «Quando è venuto il Papa racconta Maria - la mia professoressa ha parlato solo degli errori della Chiesa. Io ho ribattuto che era una visita storica e la sua spiegazione era parziale. E' finita che mi ha umiliato, in classe, però è aumentato il numero dei miei compagni che ora frequentano la Chiesa». Ai pellegrini questi incontri piacciono, commuovono. «E' una Chiesa viva, giovane, dinamica», dice don Franco. Libera non si sa. Con l'arrivo dei pellegrini Cuba intende inaugurare il turismo religioso. Due agenzie sono già pronte, la governativa che si chiama «Paradiso» e la privata (spagnola) che si chiama «Cruz de palma». «Prima della visita del Papa un pellegrinaggio così, l'apertura di Cuba al turismo religioso, sarebbero stati impensabili», dice Fernando Hevia, spagnolo delle Asturie. E spiega come, per Fidel, sia diventato urgente cancellare la fama di Cuba meta del turismo sessuale, delle «jinetere», le fanciulle pronte a giurare eterno amore al primo occidentale che arriva con qualche dollaro. «Il dramma - dice Hevia - è che tutti quelli che vengono pensano che le cubane siano prostitute, e tutti i cubani pensano che chi arriva venga per le prostitute. Siamo arrivati a punte inaccettabili, ma Cuba non è così». Mentre parla il torpedone dei pellegrini passa davanti all'enorme murales che grida: «Protege tu esperanza, usa condoni!». Ma negli ultimi tre mesi Fidel ha dato ordini da Lider Maximo. Basta con la prostituzione. Al primo fermo sono 1500 pesos di multa, lo stipendio di una vita, al secondo 3 anni di campo di rieducazione, al ter¬ zo 20 anni di galera. Se una jinetera riesce ad infilarsi in un albergo, il portiere viene licenziato. E basta con la microcriminalità che comincia ad uccidere. I due cubani processati per l'omicidio degli italiani Fabio Usubelli e Michele Niccolai sono stati condannati a morte, fucilazione, quando si dice una condanna esemplare. Ai poliziotti è stato più che raddoppiato lo stipendio, da 200 a 500 pesos, cioè 100 dollari, stipendio tra i più alti a Cuba. Così si evita la corruzione e s'incentivano le assunzioni. La tv cubana in questi giorni insiste con il bando, caratteristica fondamentale «le qualità politico-morali secondo i principi etici della nostra società socialista». Aumentano i poliziotti, aumenteranno i controlli. I pellegrini la prostituzione non l'hanno vista, la miseria nemmeno, la povertà sì. «I cubani si dividono in due - annota Don Franco nel suo quadernetto -: quelli che entrano in contatto con il dollaro e in qualche modo riescono ad inventarsi una vita, quelli che restano con i loro pochi pesos di scarso valore e non sanno come tirare avanti». Inutile far tante domande, la risposta sarà sempre la stessa. E' colpa del «bloqueo», dell'embargo. E finché dura Fidel avrà buon gioco nello scaricare le responsabilità di una politica economica fallimentare. Monsignor Vittorino, che vien dal Vaticano, sospira: «Quest'uomo ha scommesso sull'Unione Sovietica e ha perso. Sarà giudicato dalla storia, ma fino a questo momento penso che non potrà che essergli contro». Don Costantino, che viene dalla Val d'Ossola: «Tutto quello che si vede, le case, le fabbriche, i treni, è merito del rublo di Mosca. Ora che non c'è più come faranno?». Preghiamo. II cardinale Jaime Ortega y Palomino sta consacrando la chiesa di Santa Rosa da Lima. E' una festa. C'è anche Augustina, la sorella di Fidel, e don Franco ne approfitta per l'ultima foto. E' una festa come tutte le messe di Cuba, musica e allegria. In sacrestia i sacerdoti si applaudono, felici della funzione e del pellegrinaggio. Il viaggio non è ancora al termine, ma l'Opera Romana ha già deciso: non sarà l'ultimo. «Un vero successo», annuncerà don Remo. E il gran finale è in musica, con un concerto della «Schola Cantorum Coralina» nel salone dell'Hotel Nacional. Il coro conclude solenne con l'inno di Cuba, in piedi per favore. I pellegrini si guardano, come rispondere?. Prima il «Va' pensiero». Poi, mentre il monsignore di san Pietro se ne va seccato, l'iniziativa è di don Daniele e Don Valerio. «Se permettete questa è dedicata a Cuba...». Pellegrini siete pronti? «Tuuu che m'hai preso il cuor, sarai per me il solo amooor». Amen. Giovanni Cerruti (Fine) «Il dramma è che tutti quelli che vengono qui credono che le nostre donne siano prostitute, mentre i cubani pensano che chi arriva qui venga solo per le ragazze» La cattedrale dell'Avana Sarà una delle mete dei prossimi tour religiosi promossi da due agenzie La celebrazione della messa a Cuba