OSCAR LA VITA E' D'ORO di Lietta Tornabuoni

OSCAR LA VITA E' D'ORO OSCAR LA VITA E' D'ORO CHE trionfo, per un film non americano: Roberto Benigni con «La vita è bella» ha avuto sette candidature aiOscar (miglior film, regia, attore protagonista, migliore sceneggiatura, musica e montaggio, miglior film in lingua non inglese). Lo stesso numero di candidature hanno avuto «La sottile linea rossa» di Terence Malick e «Elizabeth» di Shekar Kapur. «Salvate il soldato Ryan» di Steven Spielberg, grande favorito, ha avuto undici candidature, mentre il primo assoluto, con tredici candidature, è «Shakespeare in Love» di John Madden. Però calma, piano: come insegnano le elezioni politiche, una candidatura non è una vittoria. Tuttavia è sin d'ora importante e bello che Benigni abbia avuto una simile affermazione: e non per un patriottismo che sarebbe incongruo ma per il suo film, per lui. Fa piacere che abbiano avuto buon esito tutti gli sforzi e gli investimenti della sua società distributrice americana Miramax, e tutti i «numeri» affrontati da Benigni per sostenere il film, così poco somiglianti a lui e alla sua storia: sfarfallare dal Papa a Liz Taylor, da Sarah Ferguson a Sophia Loren, prodigarsi ai talk show televisivi, discutere seriosamente sul destino del cinema, esibirsi tanto da cominciare a diventare diverso da sé, meno simpatico. Aspettando il 21 marzo, la notte degli Oscar, bisogna dire che oltre cinquant'anni dopo l'antinazismo, tema di tre su cinque film candidati e di moltissimi altri film attuali, è più vivo che mai: come se inconsapevolmente si ricercasse un'unanimità innegabile, valori comuni irrefutabili nella mancanza d'altri valori. All'Oscar per ora vince il passato, quello prossimo e quello più remoto: come se il presente fosse incomprensibile, o mettesse troppa paura. L'unico film contemporaneo e molto bello, «The Truman Show» di Peter Weir, sulla vita alienata e sulla dittatura dei media, di candidature ne ha avute davvero poche. Lietta Tornabuoni

Luoghi citati: Liz Taylor