«Siamo in rosso, altro sequestro» di P. Col.

«Siamo in rosso, altro sequestro» «Siamo in rosso, altro sequestro» L'idea dei compari per ripianare i debiti MILANO. C'è «compare 'Ntoni», «compare Ciccio», «compare Mica». Ci sono «'sii cristiani» dei carcerieri che vanno pagati «almeno 40 milioni a testa» per un imprevisto e ulteriore spostamento dell'ostaggio. Si usa il «voi», si parla di «onore», di «santuari», di vita grama. Sembrano situazioni e personaggi usciti dalla penna del Verga de «I Malavoglia». Invece è la realtà di carcerieri e sequestratori di Alessandra Sgarella, arrestati ieri in un blitz notturno tra l'Aspromonte e Milano. Una realtà che rivela una banda formata da elementi tradizionali della 'ndrangheta, associati in una sorta di cooperativa del sequestro («un sequestro popolare» l'ha definito il procuratore aggiunto Minale) che si rivela fallimentare e che deve sottomettere le proprie decisioni a personaggi misteriosi quanto importanti nella gerarchia della malavita organizzata calabrese. Gli stessi insomma che decidono la liberazione dell'ostaggio senza apparente contropartita. «Sai che voglio? - dice Antonio Strangio parlando con Domenico Perre nell'abitazione di quest'ultimo - Li voglio recuperare... Se tu vai a parlare con quelli parla per bene, ti spieghi le cose per bene... noi vogliamo le cose pulite e così chiariamo la situazione... perché tutti abbiamo lavorato». Una situazione che crea discordia tra gli stessi componenti della banda, spingendoli ad estenuanti discussioni su «percentuali» e conti che non tornano in uno dei sequestri più falli¬ mentari della storia della 'ndrangheta. «Il lavoro - afferma Domenico Perre - è andato male sin dall'inizio...». Tanto che i malviventi pensano a un certo punto di organizzare un altro sequestro per raccimolare 10 miliardi. C'è per esempio da risolvere il problema del pagamento dei Lumbaca, arrestati nel giugno scorso, considerati i «telefonisti» e i «trattativisti» della banda: «940 (milioni) deve uscire per i Lumbaca», dice Perre pur mostrando disprezzo per i «compari»: «Ve l'ho detto sempre, questo cornuto a me non piace... lasciate che esca... ha mandato pure l'ambasciata». Ma c'è soprattutto la frustrazione di non aver potuto realizzare quei 15 miliardi che rappresentavano l'ulti¬ ma richiesta dei rapitori, perché «devono mangiare 20 persone». Una somma che si riduce, a seconda delle intercettazioni, a cinque, a tre, a due miliardi. «Io me ne tengo 115 (milioni, ndr) e con 10 mi compro pure la pillola per il nervosismo», commenta Perre. E Strangio gli fa eco: «Io non ho mai avuto a che fare con un lavoro così. Con un lavoro così nemmeno li metto da parte. Non si fanno così le cose...». E poi la rabbia per l'intervento di qualcuno che sta più «in alto» e impone, all'insaputa dello stesso Perre, non solo la liberazione dell'imprenditrice ma propone un pagamento in droga per risolvere i problemi economici del gruppo: «Io non voglio droga. Gli ho detto: "Io agli uomini devo dare soldi, avete capito?" E poi... come la prendo la roba? Giusto compare Ciccio? Noi dobbiamo dargli i soldi...». I soldi, le suddivisioni, gli anticipi. Addirittura i debiti contratti per mantenere il sequestro. Eppure nelle intercettazioni non compare mai la parola riscatto e men che meno, quando si parla dei presunti miliardi ricevuti, ci sono riferimenti alla famiglia Sgarella. Qualcun altro ha pagato. E Perre, spazientito, lo dice: «Compare Ciccio! Vi sto dicendo che la dobbiamo studiare, qua ci bruciamo... Che volete che vi dica di più? Questi qua tirano fuori i soldi visto che sono mancati tutti questi soldi... Se vengono da fuori è indifferente, giusto?» [p. col.]

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