Il mondo visto da Kant un trionfo di strafalcioni di Enrico Benedetto

Il mondo visto da Kant un trionfo di strafalcioni Riscoperti in Francia i suoi corsi di geografìa: neanche Salgari collezionò tanti errori Il mondo visto da Kant un trionfo di strafalcioni PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «I negri nascono bianchi, salvo le parti genitali e un anello intorno all'ombelico». «La verga dell'elefante ha dimensioni umane». In Birmania «le donne amano farsi ingravidare dagli europei». La zebra è «un cavallo dalle orecchie troppo lunghe». «I cileni brillano per audacia». Mica male, come stupidario. L'autore? Un insospettabile eccellente, filosofo lucido se non astruso quanto le sue farneticazioni, etnogeografiche ci appaiono fantasiose, anzi deleterie. Suvvia, chi altri potrebbe scrivere «La banchisa è grande come la Prussia»? Massi, è proprio Immanuel Kant: il padre della ragion pura e applicata, l'uomo che senza abbandonare l'uggiosa Koenigsberg sul Baltico disvelò all'uomo i principi gnoseologici fondamentali su cui l'illuminismo costruirà le sue fortune. Quanti ne trovavano finora inespugnabile la lettura, sappiano che l'editrice Aubier propone loro una ghiottissima scorciatoia. Invece di annaspare sul Kant della tradizione filosofica, si legga l'inatteso geografo. Ben quarantanove cicli dì lezioni, dal 1756 al '96. Nella tenacia professorale kantiana ritroviamo il pensatore descrittoci sui manuali. Ma i contenuti, in compenso, costituiscono - citiamo Le Monde - uno «choc». L'approssimazione sarebbe perdonabile, anche in Kant. Il quale, malgrado il rigore teutonico, rimane un figlio del XVIII secolo in cui il «buon selvaggio» furoreggiava e la conoscenza delle contrade esotiche era balbuziente. Sorprende vedere lo studioso avventurarsi nei «dicono...», «parrebbe che...), «si mormora». Il vaglio critico al quale ci aveva abituati, abdica senza la minima resistenza fra malgasci, amerindi, indonesiani. Scrive, per esempio, sulla «Nuova Olanda»: «Gli abitanti del litorale presentano ocelli semichiusi, ed è loro impossibile guardare lontano se non rovesciando il capo all'indietro». Come stupirsi, allora, che la Geografìa kantiana giacesse in un angolo? Il genio che stecca è imbarazzante. Spezzando un lungo silen- zio, l'edizione francese ci restituisce dunque a sorpresa il Kant salgariano, viaggiatore in una una stanza su cammini ed esperienze altrui. L'opera è assai inorganica. L'autore non voleva peraltro fosse pubblicata, ritenendosi ormai troppo vecchio e stanco per l'indispensabile rielaborazione. Se ne incaricarono gli allievi. Tra pagine di suo pugno e appunti presi dalla scolaresca, il materiale era immenso. Una prima edizione post mortem non lasciò quasi traccia. E l'ultima, in tedesco, risale a inizio '900. Introvabile pure quella. Definire inedita la Géographie propostaci dai francesi non è dunque fuori luogo. Il prof. Kant sciorina le sue nozioni di geologia, fisica, assetto climatico. Nelle sue pagine troviamo il diluvio universale, ma non l'Arca. E per spiegarlo, invoca solo ragioni scientifiche. La sezione più godibile è tuttavia quella che riguarda gli umani. A giudicare dallo spazio accordato loro, diremmo che Immanuel Kant aveva un debole per le razze, o meglio i colori della pelle. Variazioni, incroci, persistenze, sfumature: nulla gli sfugge. E finirà per citare anche i negri albini. Pur considerando «inferiori» - e lo mette nero su bianco - gli Africani, si guarda tuttavia bene dal giustificarlo con la «maledizione di Cam». Lo affascinano gli usi tribali. Piercing, mutilazioni sessuali, riti vari. Segue un commentario zoologico assai istruttivo, tra orsi marini, pesci martello, ghiri, piovre, coccinelle. Poi il regno minerale. Infine, i popoli. Kant sproloquia sulle Maldive («12 mila isole, ma è la classica esagerazione asiatica»), il Borneo, l'Hindustan... e mia ricca selezione europea, Germania esclusa. Sorpresa: il mondo scandinavo occupa più spazio che le terre di Luigi XIV, e i Paesi iperborei battono la Spagna. Cerca il maraviglioso, Kant. Ma finisce per piegarsi al ruolo di Bignami quando arriva la routine. E' noioso, discutibile: lo sa, eppur insiste. Xenofobo? Qualche recensore lo azzarda. E tuttavia non emerge un vero e proprio razzismo. Pregiudizi sì, corbellerie anche, però è difficile trovar tracce di odio nella sua prosa. Semmai uno sguardo curioso ma gelido, in ogni caso pressoché entomologico sulle varianti che la specie bipede incontra secondo zone e climi. Dopo averle prese in esame più o meno tutte, l'homo koenigsbergensis tace sui propri costumi, non meno esotici per osservatori esterni. Ad esempio la promenade a ore fisse con percorso immutabile, o il respirare con il naso per cautelarsi dai microbi. Enrico Benedetto Dal 1756 al 1796 il filosofo tenne 49 cicli di lezioni: tra arbitrio e venature razziste Immanuel Kant, il massimo filosofo dell'Illuminismo, in una stampa dell'epoca

Luoghi citati: Birmania, Francia, Germania, Maldive, Olanda, Parigi, Prussia, Spagna