Giovani tra Pascal e Bill Gates. Un maestro dimenticato

Giovani tra Pascal e Bill Gates. Un maestro dimenticato LETTERE AL GIORNALE Giovani tra Pascal e Bill Gates. Un maestro dimenticato Che cosa saremmo senza le speranze? pDalla ricerca condotta da La Stampa-Explorer emergerebbe come la gioventù d'oggi sia in fondo sperduta, delusa dalla scuola, dalla politica, dalla società, da tutto. Poiché, con i miei venticinque anni, faccio ancora tutto sommato parte di questa generazione, mi permetto di scrivere. Ciò che mi ha particolarmente colpito sono state le reazioni di fronte alle domande della «sociologa in versione strizzagiovani» riguardo al che cosa significhi per noi essere soddisfatti: mi riconosco nella necessità di avere equilibrio, di accettarsi, di saper riconoscere i propri errori. Mi lasciano un po' perplesso invece risposte come «significa non illudersi», «sono le illusioni che ti fregano...». Il termine illusione potrebbe essere detto in vari modi, con diversi sinonimi: sogno, ideale, speranza, o più semplicemente aspirazione a un di più. Che cosa sono per noi Del Piero, Di Pietro, Di Bella, Benigni, Vasco Rossi e Bill Gates, se non sogni e speranze diventati concretamente realtà? Una cosa è credere, avere fiducia, essere convinti, altra cosa è non perdere la speranza! D'altronde, soprattutto a fronte di una realtà per nulla esaltante, per dirla con Pascal, che cosa ci costa scommettere sulla possibilità di diventare come Bill Gates, di poter vedere un giorno materializzarsi il nostro ideale, la nostra illusione? Gianni Romero, Torino L'impegno civile di Arcangelo Ghisleri Nella dimenticanza generale è caduto il sessantesimo anniversario della morte (Bergamo, 19 agosto 1938) di Arcangelo Ghisleri, un uomo cui l'Italia democratica deve molto per il suo impegno politico e civile, per la sua opera di geografo che aveva affrancato il nostro Paese dal «vassallaggio culturale» nei confronti della scienza germanica, di geniale organizzatore di cultura, giornalista, critico letterario, uomo di scuola, educatore, patriota. Ventiduenne, in un libriccino di pensieri dedicato al suo amico Filippo Turati, scriveva: «Non basta scoprire la verità, bisogna poi anche diffonderla - impresa più tacita e più modesta, ma pure urgentissima. Che importa che i filosofi si spingano avanti nell'avvenire, se il popolo rimane curvo e sepolto nelle tenebre del passato? Più la scienza procede, e più s'allontana dalle masse... Urge che tutti si adoperino ad avvicinare la scienza alla vita, la filosofia alla pratica, la cima alla base, i pensastori alla moltitudine». Filippo Turati riconosceva a questo suo «fratello maggiore», sotto la cui protezione aveva compiuto le prime esperienze politiche e letterarie, di dovere il meglio di sé. E aggiungeva: «Conobbi moltissimi giovani ma nessuno di così alto valore morale, così degni di essere amati ed ammirati. Egli è - nella società attuale - una specie di solitario e al tempo stesso è essenzialmente un uomo dell'oggi, perché riassume in sé, in misura assai maggiore del normale, quasi tutto ciò che di meglio i nostri tempi possono dare». Ciò che il pensatore di Cremona scrisse su alcuni problemi, oggi di primissimo piano, su quelli coloniali, sulle minoranze etniche, su quello della scuola, sul problema del Mezzogiorno, sul sistema parlamentare, sull'ordinamento istituzionale, potrebbe essere largamente indicativo per chi volesse studiarli e affrontarli con serietà. Il pensiero di Ghisleri può ancora dare frutti notevoli: un'antologia della sua opera, ben scelta tra le montagne di volumi e di corrispondenza in gran parte inedita conservata alla Domus Mazziniana di Pisa, al Museo Risorgimento di Milano e nella Biblioteca Governativa di Cremona, troverebbe certo favore in un pubblico che per molti segni dimostri ancora vivo interesse per la storia più recente del nostro Paese. Conobbi Ghisleri nei suoi ultimi anni. Era alto, distinto severo e luminosi, dietro le lenti, gli occhi acutissimi. Mi colpì non solo il suo pensiero, ma la sua semplicità: mi apparve umile come un operaio. Il maestro di Cremona che nella serie dei grandi veniva dopo Mazzini e Cattaneo, viveva poveramente. La scienza non gli aveva fruttato e neppure l'essere stato il capo della Democrazia Repubblicana. Quando con l'avvento del fascismo la libertà tramontò, alcuni giunsero a una transazione con la loro coscienza, non Ghisleri che ormai vecchio, stanco e in sorveglianza speciale, passò gli ultimi anni chiuso nella sua biblioteca a Bergamo. Solitario contro i corrotti, non si lasciò tentare dalle seduzioni quando lui che aveva svelato la geografia dell'Africa al mondo, fu sollecitato a dire qualcosa sull'avventura in Abissinia. Non dimenticava di aver scritto il libro La guerra e il diritto delle genti contro la spedizione coloniale del 1911 in Libia e fino al- l'ultimo giorno della sua vita rimase fedele al suo concetto dell'autodecisione dei popoli. Giorgio De Gubernatis, Pisa Lo scippatore non è un eroe Il conduttore televisivo Paolo Limiti alle 15,40 del 5 febbraio intervista un uomo dall'accento napoletano che racconta le gesta «furbesche» di alcuni scippatori che rubano portafogli alle stazioni. Il tutto tra le sue fragorose e sincere risate e il grandissimo compiacimento e orgoglio dell'intervistato: questo non ha nemmeno il dubbio che sta elogiando dei criminali. Forse ritiene che essere vittima di ladri sia anche una colpa, o forse preferisce identificarsi con l'aggressore piuttosto che con la vittima. L'intervistato racconta molto contento di un ladro che aveva messo ima piccola lama su un anello, e il Limiti freme di gioia intercalando con lui, continuando a ridere e innescando applausi. Esprimo il mio totale disprezzo per questo atteggiamento. Massimo D'Angeli dangelim@tin.it I figli non sono proprietà dei genitori Vorrei partecipare con questa lettera al dibattito che si sta creando nel Paese attorno alla legge sulla fecondazione artificiale. Quando ci fu il referendum sull'aborto avevo 15 anni: qualcosa mi ricordo, ma non troppo. Mi sembra tuttavia che il ricollegarsi a quell'epoca possa essere interessante, non tanto per evocare lo spauracchio di una spaccatura nel Paese, ma per imparare. La legge ha degli aspetti che mi trovano d'accordo: sto pensando soprattutto all'articolo che riconosce all'embrione lo statuto di essere umano. E' un passo di civiltà importante per il nostro Paese. Stiamo finalmente ritornando'a quell'umanesimo che ha fatto grande il nostro Paese. Un aspetto chiave di questo umanesimo è che con l'uomo non si può giocare. E il concepimento è un momento chiave: per questo dico che non esiste nessun diritto ad avere un figlio, in quanto il figlio non è proprietà della coppia che l'ha messo al mondo, ma è misteriosamente un altro. Un'altra storia, altri interessi, altre passioni, altre lacrime... Questo, fra l'altro, è lo stesso motivo per cui sono contro l'aborto: il bimbo o la bimba che vuole nascere è un altro... un altro che ha il diritto «fondamentale» di non vedere manipolato il suo ingresso nell'esistenza. Armando Catapano cavabianca@flashnet.it cavabianca@flFini va a Auschwitz ma i ragazzi di An? Probabilmente il leader di a ma i ragazzi di An? Probabilmente il leader di an Gianfranco Fini, invitato dall'Università di Cracovia, si recherà nel campo di sterminio di Auschwitz a rendere omaggio ai milioni di vittime degli orrori del nazifascismo. Notizia positiva se non fosse per il fatto che permane nel partito rappresentato da Fini un'ambiguità di fondo che egli stesso è il primo a conoscere e a non voler chiarire. Gli attivisti di An usano tuttora, infatti, affiggere (abusivamente e in modo massiccio) sui muri della nostra città manifesti inneggianti a vendette, venti di tempesta e future conquiste. Recentemente mi è capitato di coglierli sul fatto, mi sono avvicinato per dialogare con loro: sono stato brutalmente respinto e minacciato, Alessio Brandolini, Roma