L'anno che sconvolse il Continente Nero

L'anno che sconvolse il Continente Nero La caduta dello Zaire di Mobutu ha innescato conflitti dall'Atlantico all'Oceano Indiano L'anno che sconvolse il Continente Nero Decine di migliaia di morti per ridisegnare i confini Mosca, ascoltato le litanie del Terzomondismo. Ma ha scoperto che quel bla bla aveva solo indebolito l'Africa. Il modello non è la rivoluzione stracciona di Samora Machel e di Lumumba. I maestri sono nelle sale confortevoli al Fondo monetario, gente che conosce le giu¬ ste ricette per diventare ricchi e soprattutto non chiede elezioni e democrazia. Il modello sono le piccole tigri dell'Asia. Corea e Taiwan: non hanno nulla ma sono diventati dei giganti economici. L'Africa è immensamente ricca eppure è un pa¬ ria. Perché non provare a costruire una grande potenza nel cuore del continente capace di trattare alla pari con gli ex colonizzatori? Perché svendere le ricchezze naturali quando si può trasformale in rendita per diventare potenti? Museveni aveva bisogno di un braccio: lo ha trovato nei tutsi del Ruanda, i prussiani d'Africa, che cercavano la vendetta per il genocidio compiuto dagli hutu e nuove terre su cui sciamare. Il forziere del nuovo impero africano era lì, a due passi: il Congo immenso e addormentato, la società per azioni del senescente, corrotto Mobutu. Si poteva darlo in appalto (temporaneo) a un vecchio rivoluzionario in disarmo, Laurent Kabila, obbediente perché ormai senza chance. Il piano è stato presentato a Washington, a cui spettava dare il via libera. Gli americani sono stufi di fare affari con capi tribù pittoreschi ma inaffidabih e perennemente avidi. Meglio questi efficienti rivoluzionari-manager, che hanno il vantaggio, per di più, di parlare inglese. E così i soldati ruandesi in marcia verso Kinshasa avevano in tasca le foto scattate dai satelliti americani: è stata una guerra comoda sapendo in anticipo la dislocazione delle truppe di Mobutu. La caduta del Congo di Mobutu ha sconvolto come un sasso gettato nello stagno l'intero continente. Immense onde d'urto si sono sviluppate forse al di là dei piani dei registi di questa nuova tendenza africana al cesarismo. Kabila ha scoperto che fare il proconsole è umiliante quando si dispone di ricchezze così grandi e ha deciso di lavorare in proprio. Nel maelstrom della lotta tra ex alleati sono scivolati inesorabilmente altri attori e comprimari, primi tra tutti i vecchi compagni di Kabila, i marxisti, orfani del comunismo, che amministrano i dispotismi di Angola e dello Zimbabwe. I nuovi giovani dittatori sfidano i vecchi despoti degli Anni Sessanta, distruggono l'ordine antico. Cambia, nel sangue, una genera- zione di uomini di potere. E' il turno di leader che vogliono costruire anche in Africa «Stati di ferro» al posto delle vecchie molli satrapie. Il dittatore tribale, corrotto, feroce ma autarchico, diventa un manager efficiente e altrettanto spietato. Già uomini nuovi come l'etiope Zenawi e l'eritreo Afeworki si sfidano (usando gli antichi pretesti del coloniahsmo!) perché il Corno d'Africa è troppo piccolo per i loro progetti di grandezza. Nessuno parla di democrazia, elezioni, partiti. Gli oppositori e i tiepidi vengono scannati. Le idee camminano troppo adagio e penetrano molto meno profondamente delle palle di fucile. Per la prima volta, dall'indipendenza, in Africa crolla il tabù dell'intangibihtà delle frontiere, ci si iinmischia negh affari interni dei vicini, si formano gigantesche coalizioni guerresche. Per Kabila che riceve finanziamenti perfino da Gheddafi, combattono «mercenari» del Ciad, dello Zimbabwe, angolani, e soldati della Repubblica Centroafricana. La Nigeria traveste i suoi da caschi blu africani e cerca di prendere il controllo di Liberia e Sierra Leone. Invano si cerca in questo continentale macello l'ombra tranquillizzante di un'ideologia. Sulle bandiere ci sono simboli dei diamanti, del petrolio, del rame nascosto sotto le foreste del Kivu e del Katanga che servono, a loro volta, per comperare armi, pagare mercenari (neri), finanziare alleati. Il vecchio rivoluzionario Kabila firma contratti con le compagnie americane e h dà in appalto a una predatoria burocrazia di fedehssimi katanghesi. In Sierra Leone la guerriglia è diretta da un mistico fanatico, Fodey Sankoh, che si circondava di una guardia del corpo di vergini guerriere. Ma la sua base militare è, con giudiziosa concretezza, la regione dell'Est che rigurgita di diamanti. In Sudan, dietro le crociate del Nord islamico contro il Sud animista e cristiano, c'è un limaccioso mare di petrolio. La versione africana del diritto di ingerenza ha preso in ostaggio migliaia di profughi che vagano attraverso frontiere etniche ormai in dissoluzione, braccati come animali da macello o gettati come virus nel campo nemico per scompaginarlo. Dietro le fazioni compare il ghigno di un apartheid ancor più nefasto: quello tra i neri. In Liberia e in Sierra Leone le popolazioni della costa sfruttano i fratelli dell'interno, considerati «selvaggi». I «nobih» tutsi disprezzano gh umih bantu congolesi. Solo il cancro del tribalismo spiega l'ampiezza dei massacri. In Sierra Leone i ribelli fanno giocare alle loro vittime quella che chiamano «la lotteria della vita». E' una tombola macabra in cui uomini, vecchi, donne, bambini estraggono, prima dell'esecuzione, un rotolino di carta su cui è scritto «mano destra», «piede», «orecchie», «occhi». A seconda del bigliettino estratto si procede alla mutilazione. Scalpati, accecati, senza arti migliaia di esseri umani vengono abbandonati all'orrore delle retrovie. «Ti restano i piedi, vai a Freetown a chiedere al governo che ti dia due mani di ricambio», hanno detto i miliziani a un vecchio, dopo averlo mutilato. Nell'ex Zaire, dove le organizzazioni internazionali sono bandite per evitare testimoni ingombranti (ma le verità filtrano attraverso il coraggio dei missionari), si è persa la contabilità dei reciproci massacri. In Sudan i villaggi dei «sudisti» vengono razziati dalle forze governative e i bambini vanno a alimentare un florido, orribile mercato degh schiavi. Cento anni fa Gordon Pascià e Romolo Gessi si erano illusi di aver spento la mostruosa tratta! Per tutta l'Africa, da Freetown a Goma, ormai si aggirano armate di lanzichenecchi-bambini: orfani gettati nella fornace del la guerra, usati come kamikaze per il primo assalto; imbottiti di dro ghe perché dimentichino la loro età e la paura. Nasce un'imbarazzante domanda: 0 silenzio cimiteriale dell'Orni è forse un omaggio aU'indipendenza africana? Domenico Quirico Il sogno imperiale del leader ugandese Museveni (con l'avallo degli Stati Uniti) dietro il grande carnaio. Una catena sconvolgente di . orrori quotidiani dal Congo al Sudan alla Sierra Leone :... "'*il°°r' ' Soldati in Sierra Leone Qui in una macabra lotteria i ribelli fanno estrarre alle vittime un biglietto con scritto l'arto che verrà loro amputato la PRI GUERRA D'AFRICA MA/__f lik 7 MAI MAURITANIA SENE( GAMBI Al GUINEA BISSAU i NIGER SUDAN I regime islamista di Karthoum è impegnato in una lunga guerra di annientamento contro i movimenti ribelli del Sud animista e cristiano. / Una guerra spietata che ha come bottino anche il controllo di ingenti risorse petrolifere t ns—& Freetowìj SIERRA LEONE» -g—u—&—\ GUINEA BISSAU Dilaga la guerra tra una parte dell'esercito che si è ammutinato e le truppe fedeli al presidente Joào Vieira. Gli accordi di pace del novembre scorso sono saltati e le truppe di interposizione che dovevano garantire la tregua non sono mai riuscite a schierarsi. ETIOPIA-ERITREA Nel giugno scorso l'inizio della stagione delle piogge bloccò un aspro conflitto per il controllo delle regioni di confine, un contenzioso legato a problemi economici e a vecchi, incerti confini coloniali. Ora la guerra potrebbe riesplodere / SIERRA LEONE I ribelli di un ex caporale mistico e rivoluzionario, Fodey Sankoh, sono in guerra contro il presidente Tejana Kabbah, appoggiato da i una forza di interposizione africana composta / soprattutto da nigeriani. Una guerra che ha $ fatto già ventimila morti ti ANGOLA La fragile pace tra il governo marxista di Luanda e i ribelli della Unita è franata. Si combatte per assicurarsi il controllo delle zone diamantifere e petrolifere dove opera , anche l'italiana Agip / CONGO ZAIRE La parte orientale del Paese è controllata da una eterogenea coalizione che si è ribellata al presidente Kabila. In realtà il potere è nelle mani del Ruanda e delle popolazioni tutsi del Kivu. A fianco dei soldati di Kabila combattono contingenti dello Zimbabwe, Angola, Repubblica Centroafricana e Ciad, finanziati da Gheddafi RUANDA E BURUNDI Le milizie hutu nei due Paesi continuano la guerra di attrito contro P potere dei tutsi, una lotta spietata punteggiata da reciproci massacri delle popolazioni e dei profughi usati come scudi umani / ■ L bollettino di guerra di ieri è I lungo. Quanto un continente. B «A Bissau sono ripresi all'alba i durissimi combattimenti tra l'esercito regolare e le forze della giunta militare. Decine di migliaia di persone sono in fuga cercando di superare i posti di blocco dei regolari mentre il fragore delle esplosioni si ode fino alla distanza di dieci chilometri dalla capitale. La città è un inferno», ha raccontato un missionario italiano. «A Freetown capitale della Sierra Leone si sta completando il conto delle vittime della battaglia tra le forze di interposizione africana e i ribelli che per alcuni giorni hanno trasformato la città in una mattatoio. Il bilancio è già di tremila vittime. Imprecisato il numero dei feriti. In una sola clinica ne sono stati accolti ottomila e la maggior parte presenta orribili mutilazioni». «Da ieri non è possibile visitare Axum, culla dell'antico regno etiopico. Il governo di Addis Abeba ha chiuso al turismo le regioni del Tigre e degli Afar a causa dei rischi di una ripresa del conflitto con l'Eritrea. I due Paesi ammassano truppe ai confini e i tentativi di mediazione, tra cui quello italiano, appaiono senza sbocco». «Le forze fedeh all'ex presidente del Congo Brazzaville, Pascal Lissouba, hanno sequestrato sette stranieri e intendono usarh per costringere il governo di Parigi a sospendere l'appoggio all'attuale presidente Denis Sassou Nguesso». «Nel Congo ex Zaire i ribelli che controllano la parte orientale del Paese hanno cacciato le truppe del presidente Kabila dalla città di Lubao nel Nord Katanga». Un giorno «normale» di quella che gli americani definiscono «Africa War I», la prima guerra africana. Il continente è in fiamme, dalle spelacchiate savane subsahariane della Sierra Leone e della Guinea fino alle selve impenetrabili dell'Africa centrale, dal lago immenso e iimaccioso che il Nilo forma nell'Alto Sudan prima di gettarsi verso le sabbie :... "'*il°°r' del deserto egiziano alle ambe ferrigne dell'Etiopia. Sono cadute le maschere della guerra fredda: nessuno alza più le bandiere «marxiste» e filoccidentali. Ora il conflitto è un viluppo caotico di sigle e tribù, ma una cosa è sicura: la guerra, il potè- ' re e il denaro sono indissolubilmente legati. Si diviene ricchi combattendo, assicurandosi l'oro, il petrolio, i diamanti, l'uranio di questo «povero» continente. I generali e i guerriglieri sono anche businessmen e gli uomini di affari seguono la mobile geografia dei fronti seduti sui carri dell'intendenza, portando nelle valigette i contratti già pronti per assicurarsi concessioni e miniere. Tutto è cominciato tre anni fa quando due uomini ambiziosi e spietati decisero di ridisegnare la carta del continente. I grandi padrini, Usa e Urss, non c'erano più, estinti o indifferenti: era il momento di diventare attori in proprio, costruire nuovi imperi. Uno di questi uornini si chiama Yoweri Museveni. Il suo Paese, l'Uganda ex giardino fiorito dell'impero britannico calpestato da troppe guerre civili, è piccolo e privo di risorse naturali. Eppure è uno Stato chiave per gli equilibri del continente, dispone di una rendita geopohtica che vale più di tanti barili di petrolio. Basta spiegare una carta: c'è, come avevano scoperto i vecchi, sapienti colonialisti inglesi, una vena che corre dal Capo di Buona Speranza a Suez, attraversa le regioni dove nascono i grandi fiumi che garantiscono la vita di milioni di persone, taglia quella silenziosa frontiera che separa le genti dell'Islam dal mondo dei neri. L'Uganda è il catenaccio, la serratura di quella vena. Museveni è un ex rivoluzionario degli Anni Sessanta, ha studiato a )W