MAO nella Città Proibita

MAO nella Città Proibita Pechino, cinquantanni fa le truppe comuniste entravano nell'antica città ancora circondata dalle mura MAO nella Città Proibita "7T1UAND0 50 anni fa le I ! truppe comuniste entraI I rono strascicando i piedi 1 I per le strade di Pechino y I l'antica città aveva anco\. ra le mura. Quattro milioni di abitanti avevano oltre 10 mila ristoranti e sale da tè, e le strade erano piene di neve. Oggi la capitale è tre volte più grande, i soldati marciano al passo dell'oca e hanno cambiato le scarpe di stoffa nere con stivaloni marroni. Le mura sono state abbattute e al posto delle vecchie case a un piano ci sono grattacieli di oltre cento metri. Ma quello che i festeggiamenti spesso dimenticano in questi giorni è che, allora, Mao Zedong non entrò in città per mesi. Alle colline profumate, alla periferia occidentale di Pechino, una targa davanti una casa'polverosa e sbarrata racconta che il quartiere generale del partito comunista cinese alloggiò lì per qualche mese. Secondo la storia ufficiale Mao temeva attentati alla sua vita e non si trasferì a Pechino fin quando non fosse stata resa completamente sicura. Secondo le leggende orali, che oggi tendono ad essere sempre più credute, Mao temeva per il suo destino. Prima di lui molti erano entrati a Pechino per esserne ricacciati poco dopo. La capitale non offriva molti buoni auspici al nuovo «imperatore» del Paese. Si narra che indovini consultati da Mao gli avessero sconsigliato di entrare nella città prima di officiare alcuni riti speciali. Certo che appena entrato in città Mao cominciò a cambiare radicalmente la città proprio come faceva in passato il primo imperatore di una dinastia. La prima cosa che fu notata dai cittadini e dai compagni del partito fu il cambio di atteggiamento. Mentre nella vecchia base rossa di Yanan, Mao passeggiava tranquillamente tra la gente, a Pechino prese per sé e i suoi massimi dirigenti una parte della vecchia città proibita, adinita a parco pubblico nei 30 anni precedenti. Zhongnanhai divenne così una nuova città proibita e il resto della capitale avrebbe dovuto essere raso al suolo per far spazio alla nuova Pechino. Caddero le mura, inutili, secondo Mao, perché quelle antiche servivano a tenere i contadini fuori dalla città: adesso che i contadini avevano conquistato la città, non servivano più. E cadde la città di governo per far spazio all'immensa piazza Tiananmen. L'architetto Liang Sicheng proponeva lo sviluppo urbani¬ stico della nuova città ad Est lasciando intatta la vecchia struttura, ma Mao gli rispose senza nemmeno guardarlo in faccia: «I nazionalisti non sono riusciti a tenerci fuori da Pechino, ora sono gli intellettuali che tentano di scacciarci». Era la logica di quel contadino di Cechov che non voleva ammettere di essere responsabile del deragliamento del treno perché lui aveva rubato i bulloni dai binari. «Se non fate i treni solidi che colpa ne ho io?» diceva quel contadino. Allo stesso modo ragionava Mao, secondo molti intellettuali cinesi di adesso. Parte di quella logica traspare ancora però nel sacco edilizio di Pechino operato dal vecchio sindaco Chen Xitong. E non è finita ancora oggi se il nuovo sindaco Jia Qinglin ritiene inevitabile che la vecchia Pechino finisca di morire seppellita da una miriade di grattacieli. Certo l'opera di distruzione e ricostruzione della città ha prodotto alcuni tra i grandi dirigenti del Paese. Wan Li, arriva¬ to a essere presidente del Parlamento si mise in luce proprio per la celerità nella creazione di piazza Tiananmen. Il suo successore, Li Ruihuan, attualmente numero 4 della gerarchia del Paese, nasce come muratore e fu notato per una sua non meglio specificata invenzione nell'opera di ricostruzione della piazza. Oggi i prezzi stratosferici degli appartamenti di Pechino, tra i più cari del inondo, nonostante il basso reddito procapite della popolazione, pare siano stali decisi a tavolino dall'ex sindaco Chen Xitong, per raccogliere soldi per investimenti e mazzette per sé. Tutto cominciò in quel giorno lontano di mezzo secolo fa, poco prima del capodanno lunare e dopo una battaglia non cruentissima dove i nazionalisti si ritirarono presto. Gli uomini che allora erano ragazzi guardano oggi stupefatti e perplessi i pochi vicoh di vecchie case-cortile sopravvissute, chissà ancora per quanto, allo scempio. «Che diritto hanno gli uomini di oggi di distruggere quello che i loro antenati hanno fatto in secoli? Cosa diranno ai loro nipoti che gli chiederanno della vecchia Pechino, gli faranno vedere qualche fotografia sbiadita?» racconta una vecchia con una voce acuta e fina fina. Altri denunciano che fu una decisione di Mao, avvallata da altri, ma sua e solo sua. La sua Pechino doveva cambiare faccia, somigliare ai vialoni modernistici di Mosca, avere l'imponenza di una moderna capitale imperiale. Doveva smettere quella facciata di modestia che traspariva da quei vicoli l'uno contro l'altro, dove la ricchezza e la potenza si mostrava solo a chi varcava la soglia di casa. Oggi Pechino non somiglia certo a Mosca ma a uno strano misto di Los Angeles, New York e Hong Kong, con autostrade che serpeggiano intorno e in mezzo alla città. Da qui non passeranno più soldati intabbarrati in uno spesso pastrano verde. Né ci saranno più le parate in stile sovietico di missili e carri armati. Ma per quanto possa sembrare distante la Pechino di oggi dove le vecchie auto «bandiera rossa» sono state sostituite da moderne Mercedes, la città di oggi è ancora figlia di quella presa del potere. Diverso è lo stile, ma uguale è lo spirito, nel bene o nel male, di voler cambiare la città... e la Cina. Gli indovinigli avevano sconsigliato di entrare Abbattuti gli edifici del governo sorse l'immensa Tiananmen La capitale aveva 4 milioni di abitanti, 10 mila ristoranti e sale da tè. Oggi è tre volte più grande Mao Zedong negli anni in cui l'Armata Rossa entrò a Pechino. Nella foto in alto il processo pubblico a un ex proprietario terriero colpevole di avere «affamato il popolo». In basso Chang Kai-shek LA LUNGA MARCIA 1911 la dinastia Qing viene rovesciata e nasce la repubblica cinese ad opera di Sun Yat-sen 1921 londato a Shanghai il partito comunista cinese 1927 nasce il governo nazionalista di Chang Kai-shek che combatte comunisti e giapponesi 1934-35 lo Lunga Marcia dell'armata rossa per sfuggire all'accerchiamento 31 gennaio 1949 l'Armata Rossa entra a Pechino. 1° ottobre 1949 Mao proclama la repubblica popolare 1958-1961 il Grande balzo in avanti causa una terrificante carestia 1966-69 la rivoluzione culturale 9 settembre 1976 muore Mao