MORTO FRANTINILO SPRINTER DELLA SATIRA
MORTO FRANTINILO SPRINTER DELLA SATIRA DAUARNISTAALLA TV MORTO FRANTINILO SPRINTER DELLA SATIRA Gaio Fratini SATIRA è un piangere antico...». E' morto ieri, all'ospedale di Terni, Gaio Fratini: il più straordinario ed elegante epigrammista dei caffè letterari, del cinema degli anni d'oro, dei festival in sospensione, della tv sgangherata e dei palazzi politici come li si immaginava, impietosamente, nella Prima e Seconda Repubblica. «Satira - diceva anche Fratini, che aveva una voce profonda, una bella faccia con basettone bianche e sguardo d'incredulità non ancora rovinato dalla malattia - satira è credere alla letteratura come esplosione, rovesciamento, irrisione». Pochi autori sono rimasti fedeli come lui a un programma così rigoroso. Nessuno è stato più equanime nella distribuzione di scudisciate a un mondo politico che, del resto, cominciava a ritenere le vignette un sintomo di popolarità, a volte chiedendo gli originali. Non così gli epigrammi di Fratini. Troppo crudele, troppo aristocratico, troppo giocoliere, e tuttavia proprio per questo adorato da un selezionatissimo club di stralunati collezionisti (I poeti muoiono, Il re di Sardegna, la signora Freud, l/i luna in Parlamento, Un derby in maschera, Italici pian genti, Il caffè delle furie). Era nato a Città della Pieve nel 1921. Famiglia di magistrati, studi a Penigia («terra di albori naufragati»), allievo di Aldo Capitini, il Gandhi umbro. Per qualche anno aveva esercitato la professione di avvocato, a Roma, con la specializzazione delle curatele fallimentari -, donde l'incipit di alcuni versi dedicatigli da Ennio Flaiano: «Cura, o Gaio Fratini,/ il mio onesto fallimento letterario...». Ma non resistette: «Ira s'avvinghiò alla mia toga trascinandomi via dal pestifero Palazzaccio». E' stato animatore di riviste (Il Caffè, Il cavallo di Troia), curatore di almanacchi, sceneggiatore, regista, commediografo, giornalista sportivo, oltre che profondo conoscitore della cultura classica. Ma soprattutto poeta satirico, a 360 gradi, dalla Repubblica al Giornale. Fino all'altro giorno è andato a caccia di spunti come un bracconiere furiosamente soddisfatto dall'abbondanza di scemenze e vanità che riusciva a reperire sui giornali o in tv. Una volta identificato il bersaglio, n calibrata la tonalità, era come se cadesse in trance. «Satira è un saper correre i cento metri sotto i nove secondi». La poesia usciva fuori da sola, Fratini identificava questo sistema - che poi era solo il suo - con la parola automatique. Quando si rileggeva andava regolannente incontro a botte di malinconico entusiasmo: «L'epigramma non sogna che sconfitte/ muore ogni volta all'alba/ insieme alle sue vittime». Poeta vero, personaggio quindi tutt'altro che facile, amico e nemico di tutti, da Totò (che aveva anche difeso in tribunale) a Sgarbi (descritto come una specie di Padre Pio mondano). Ora che Fratini non c'è più - non stava bene da tempo, si faceva recitare i giornali dall'adorata moglie Arianna - è irresistibile rileggere l'epigramma intitolato «Ai miei poster». Sono quattro versi così suoi: «Giocai così male che ottenni/ ingaggi ed encomi solenni ./ Giocai così bene che persi/ amici, terreni, sesterzi». Filippo Cec carelli Gaio Fratini
Luoghi citati: Città Della Pieve, Penigia, Roma, Sardegna
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