«Così prevede il codice» di Paolo Colonnello
«Così prevede il codice» «Così prevede il codice» D'Ambrosio: la polemica non ha senso MAGISTRATI DIVISI MILANO ON so, non riesco proprio a capire perché Caselli faccia questa polemica: o sono io che non conosco più il diritto penale oppure...». Oppure, dottor D'Ambrosio? «Oppure diamo una lettura del codice diversa. Sia chiaro, non voglio assolutamente entrare in polemica con Caselli. Ma davvero: non riesco a capire il motivo per il quale sia andato a lamentarsi con il ministro di mia sentenza della Cassazione, per giunta a sezioni riunite, che a me sembra sacrosanta: se il codice prevede che la prova si formi in dibattimento, l'immutabilità dei giudici è un principio che non può non essere rispettato». La decisione della Suprema Corte che stabilisce la necessità di risentire i testimoni (solo i più importanti) nel caso subentri un nuovo giudice nel collegio giudicante di un processo, ha provocato ieri divisioni nella magistratura. Così se a Palermo la sentenza viene vissuta come una decisione «devastante» in grado di mettere a rischio diversi maxi-processi, a Milano, viceversa, il procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio mostra di accogliere il verdetto senza drammi, anzi come una necessaria sottolineatura giuridica. Forse, dottor D'Ambrosio, a Palermo sono meno tranquilli perché hanno a che fare con i processi di mafia. «Signori, i principi vanno rispettati per tutti. Se iniziamo a suddividere gli imputati per categoria finisce che non siamo più in uno Stato democratico». Insomma, trova che Caselli abbia sbagliato a sollevare questa polemica? «Forse avrà avuto le sue buone ragioni. Io non conosco a fondo questa sentenza, ma se il giudice cambia, il principio è indiscutibile: il processo va rifatto. E poi mi sembra che per Caselli non sia tanto ingiusta la decisione della Cassazione quanto l'impossibilità di ottenere una pro¬ roga dei termini per alcuni imputati». Secondo il procuratore di Palermo, con questa sentenza diventano a rischio tutti i processi, non solo quelli di mafia. «Mi sembra strano. Anzi, direi che proprio i processi di mafia dovrebbero essere quelli con meno problemi. Non vengono celebrati in assise? E allora dovrebbe esserci sempre un giudice supplente. Non conosco la situazione palermitana, ma posso dire che a Milano su questo fronte siamo tranquilli: casi del genere non mi risultano. Abbiamo anche noi collegi dove alcuni membri hanno avuto degli impedimenti. Vedi il processo per il rogo del Galeazzi: in casi come questo si è scelto d'interrompere le udienze». E' vero però che da un po' di tempo a questa parte sembra che si faccia di tutto per rallentare i processi. «Sarà. Ma è anche vero che si stanno fissando dei paletti molte volte necessari. In questo caso bisognerebbe forse fare delle distinzioni tra testimonianze scritte e testimonianze videoregistrate. Nel primo caso, non ci piove: per il convincimento di un giudice non basta la lettura sommaria, e nemmeno approfondita, dei verbali. Potrebbe essere diverso se la testimonianza fosse videoregistrata. Ma, anche in questo caso, non è semplice pensare di far rivedere ore e ore di deposizioni a un giudice che subentra a mi collega. Insomma, si tratta di situazioni cui si può porre rimedio senza derogare ai principi, ad esempio prevedendo sempre dei giudici di riserva». E se proprio bisogna rifare il processo? «Si rifa, senza drammi, questa è la legge. Il problema vero è quello di riuscire a celebrare i processi senza soluzioni di continuità per non farli durare all'infinito». Paolo Colonnello
Persone citate: Caselli, D'ambrosio, Galeazzi, Gerardo D'ambrosio, Magistrati
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