Quanto vale il rischio

Quanto vale il rischio Obiettivo del metodo Apt, usato per stilare queste graduatorie, è dipartire dalle quotazioni passate per risalire all'effettiva rischiosità che ha corso il gestore neWottenere i suoi risultati Quanto vale il rischio DNVESTIRE bene significa anzitutto sapere dove «non investire». La storia, qui, non è granché d'aiuto poiché, più che fornir lumi all'investitore, tende a ingannarlo. Infatti, descrivendo il rendimento passato, sembra suggerire quale sarà quello futuro. Ma c'è nesso tra i due? Dopo più di trent'anni di studi delle performance dei gestori, neanche gli statistici riescono ad affermarlo con certezza. Una buona gestione deve dunque ignorare la storia e affidarsi al caso? Una simile conclusione è semplicistica. In realtà, gli statistici non hanno lavorato invano. Hanno fatto emergere numerosi fenomeni, magari non troppo evidenti, ma fondamentali: da un lato, il primato della performance relativa' su quella assoluta; dall'altro lato, le fluttuazioni della performance relativa. In effetti, il rendimento passato di un gestore, relativo a un riferimento esterno obiettivo (ad esempio il Mib 30), non dà una buona previsione circa la performance futura; al contrario, è il rischio corso ad avere valore di previsione. La chiave dell'enigma è qui: la considerazione del rischio corso permette di «leggere tra le righe», quasi «anticipando» una storia che avrebbe potuto verificarsi. PARAGONE Per «qualsiasi» tipo di fondo d'investimento, la scelta corretta non si fa paragonando le performance relative ai fondi di una stessa categoria al netto dei costi di gestione. Bisogna piuttosto paragonare le performance relative nette a rischi paragonabili. Al di fuori di questa logica, la scelta diventa una lotteria di cui si ignora la posta. Ma come si fa a conoscere il rischio? E' sufficiente osservare a posteriori le fluttuazioni delle performance realizzate negli anni? Ma se la performance ottenuta è ingannevole, altrettanto lo sarà il rischio realizzato. Due identiche volatilità storiche nascondono sovente rischi a priori molto differenti. Facciamo il caso di Axa France Actions, un Fondo azionario francese che ha manifestato una volatilità del 14% annuo negli ultimi quattro anni. Abbiamo il diritto di concludere che qualsiasi altro fondo con una volatilità del 14% è pienamente paragonabile a questo? Nello stesso periodo Quantamerica (fondo azionario americano) ha avuto la medesima volatilità annua del 14%. Ma i rischi corsi erano, in tutta evidenza, assai diversi: le performance delle economie americana e francese sono state assai diverse. I rischi corsi a priori lo erano altrettanto. Lo stesso numero nasconde realtà opposte. SOTTO-CATEGORIE Tempi diversi, rischi diversi: sarebbe sufficiente calcolare le volatilità di questi due fondi in un altro periodo per concludere che essi non sono affatto paragonabili. Allora, come procedere? Bisogna ricercare al di là di questi numeri. Se, in determinati periodi, due fondi diversi manifestano la stessa volatilità, dovranno pur esistere dei componenti elementari, per così dire delle «sotto volatilità», che differenzino i due fondi. La volatilità storica sarebbe così il prodotto di un codice genetico, una specie di Dna del rischio di ogni strumento. Per capire il rischio, bisognerà andare molto oltre l'analisi molecolare: bisognerà decifrare il «tessuto genetico», stabilire la mappa del rischio. La scoperta fondamentale, che si chiama «Teoria del prezzo d'arbitrato» ma è più conosciuta con l'acronimo inglese APT («Arbitrage Pricing Theory» di Steve Ross), risale a vent'anni fa. ATTIVI FINANZIARI Il modello APT stabilisce la logica interna dell'andamento degli attivi finanziari gli uni rispetto agli altri. Senza entrare in dettagli tecnici, il teorema dell'APT conclude che la performance sperata di ogni attivo finanziario può essere scomposta in un certo numero di coefficienti di sensibilità al rischio che sono comuni a tutti gli attivi, siccome questi coefficienti sono ponderati dai premi di rischio (i «prezzi dei rischi») che i mercati finanziari valutano nel corso del tempo. Questi prezzi di rischio agiscono come denominatori comuni, consentendo il giudizio sui valori relativi di attivi molto diversi come azioni svizzere, obbligazioni internazionali, contratti su materie prime, etc. Così, si parla di «profilo del rischio» di ogni attivo. Tali coefficienti sono il risultato del comportamento collettivo degli investitori alla ricerca del «loro» portafoglio. SUPPORTI Come in genetica si decifra il «genoma», noi possiamo decifrare il codice-rischio di ogni attivo su ogni mercato. Muniti di questi codici, possiamo valutare il rischio a priori di ogni attivo. E di qui possiamo infine valutare il rischio a priori dei supporti di investimento «prèt-à-porter»: i fondi di investimento (Sicav, fondi comuni, gestioni mandatane, mutuai funds, unit trust etc). Il modello APT agisce un po' come un prisma, che scompone la luce nei colori primari: scompone l'andamento degli attivi in profili di rischio primari. Per ogni tipo di fondo nasce un autentico album di famiglia, che dice la verità. La sua implacabile franchezza permette di scoprire assai rapidamente gli autentici legami di parentela, confessi o no. I profili che ne risultano vanno ben al di là del calcolo del rischio. Suggeriscono un raggruppamento oggettivo e preciso dei prodotti proposti agli investitori. OBIETTIVITÀ' La precisione di questi raggruppamenti è ancor più notevole per la sua obiettività. Dopo aver trattato gli andamenti, noi effettuiamo un raggruppamento obiettivo in «famiglie» omogenee sulle basi statistiche APT. Il modello APT è una prova di verità che non si può aggirare. Il gestore non può più limitarsi a «dire ciò che fa»; il modello si assicura che egli (diaccia ciò che dice». Al termine dell' analisi occorre poter riportare la discussione su una base comune: paragonare la performance a pari rischio (a priori). Chi dice «pari rischio a priori» dice «lo stesso profilo di rischio APT». Immaginiamo di aver seguito il percorso di analisi classico sulla coppia «rendimento - rischio» realizzati. Ma cosa se ne può ricavare? PUBBLICAZIONE Questo metodo consente una classificazione «a pari rischio» dei diversi supporti di investimento. Questa classifica è pubblicata con regolarità. E' fondamentalmente diversa da quella suggerita dal principio di Sharpe, che considera il rischio a posteriori. Quale insegnamento se ne può trarre? Paragoniamo le performance «prima» e «dopo» la riclassificazione a pari rischio. Disponendo di questi calcoli, l'investitore e il gestore potranno davvero trattare ad armi pari. Essendo ormai in grado di valutare i differenti prodotti che gli vengono offerti, l'investitore potrà decidere lui il livello di rischio che è disposto ad assumersi. Il gestore deciderà su quali rischi costruire la sua performance. L'investitore accorto non pagherà il gestore per la scelta del livello di rischio del suo portafoglio; lo compenserà, invece, per la performance realizzata a rischio pari. John Blin (presidente APT) 0,89 ■ 0,88 j0, ,^^9 ■■■■ 0,82 0,73 si m ?» ti I§ III? % 0,66 AZIONI BELGIO AZIONI m AZIONI LUSSEMBURGO M G. BRETAGNA AZIONI ITALIA AZIONI SPAGNA

Persone citate: John Blin, Sharpe, Steve Ross

Luoghi citati: Belgio, Italia, Lussemburgo, Spagna