IL NEOFASCISMO SI ABBEVERA A SALO'

IL NEOFASCISMO SI ABBEVERA A SALO' IL NEOFASCISMO SI ABBEVERA A SALO' In fuga dal Ventennio e dal dopoguerra NA storiografia di destra aspetta ancora di essere scritta e ciò costituisce un nostro titolo di inferiorità rispetto alle ideologie e all'azione di agitazione delle sinistre»: a pronunciare questo verdetto sull'arretratezza degli storici del suo stesso credo ideologico e politico era, negli Anni 70, uno dei maggiori maitre-à-penser di destra, Julius Evola, all'occasione fustigatore senza remore dei suoi stessi amici e compagni di strada. Sono passati vent'anni da quando il filosofo aveva denunciato l'assenza di studiosi che si occupassero di analizzare seriamente le componenti ideologiche e culturali del neofascismo. Da allora, la composita galassia dei nostalgici del regime non si è arricchita di molti contributi analitici: la storiografia dei seguaci del Msi e in generale della destra non è mai stata nemmeno lontanamente in grado di contrastare la ricostruzione storica degli avversari di sinistra. Come mai questa assenza di studi che avrebbero potuto approfondire il rapporto tra vinti e vincitori dal punto di vista dei primi? La spiegazione in un complicato e fino ad oggi irrisolto intrigo che viene sciolto dall'appassionante saggio dello studioso Francesco Germinario, L'altra memoria. L'estrema destra. Salò e la Resistenza. La cultura politica degli iscritti e simpatizzanti del partito della Fiamma è riuscita a produrre saggi più di taglio apologetico che revisionista e, dunque, «incapaci di guardare con occhio obiettivo i fatti della storia» (come sottolineava Renzo De Felice in Rosso e nero, intervista a Pasquale Chessa). Divisa e combattuta tra il proclamarsi erede politica dell'ideologia in camicia nera e fare un'analisi rigorosa e obiettiva del Ventennio, la destra italiana ha preferito chiudere gli occhi e mantenersi attaccata al cordone ombelicale del passato. Le origini di questa solo apparente trascuratezza si possono addebitare al desiderio di crearsi un'identità politica, di alimentare l'area dei (evinti» con una precisa linfa ideologica. Gli ex fascisti, i seguaci della Fiamma nel dopoguerra hanno scelto la strada di tratteggiare la propria rinnovata fisionomia ponendosi fuori dagli schemi politici e culturali dell'Italia repubblicana. Gli storici più conservatori, da Giorgio Pisano ai memorialisti come Filippo Anfuso o Rodolfo Graziarli, hanno sviluppato l'elegia del passato cercando di costruire «un'altra memoria», parallela e alternativa a quella della nazione uscita dalla guerra. In questo forte legame con la propria tradizione in fez e gagliardetto, come punto alto della storia nazionale, il neofascismo italiano ha scelto non a caso il crepuscolo del regime, la Repubblica Sociale Italiana. Se gli antifascisti consideravano la Rsi come uno Stato fantoccio, la storia scritta dai missini e dai conservatori alla Evola opponeva un'immagine assolutamente unica, sublime ed estetizzata della Repubblica di Salò, destinata ad infiammare l'animo dei più giovani. Quali le caratteristiche di Salò nella rievocazione postbellica della destra? Prima fra tutte le cosiddetta «impo¬ liticità» degli aderenti alla Rsi. Per alcuni neofascisti (di sinistra) la memoria di Salò rappresentava quella di uno Stato in cui si sarebbero potute realizzare le aspirazioni di riformismo sociale, frustrate dal regime in doppiopetto che aveva abbandonato le proprie originarie rivendicazioni. Ma nella rilettura di altri neofascisti (di destra) la Repubblica del Nord era invece una struttura al di sopra delle parti e in cui avrebbero potuto convivere fascisti e antifascisti, tutti decisi a riscattarsi dall'infamia dell'8 settembre. Era, quel pezzetto di terra, la vera Italia, la nazione dei giovani volontari accorsi per difendere l'onore, per mantenere la parola data all'alleato. La Repubblica dei ragazzi virili e guerrieri si contrapponeva al badogliano e traditore Regno del Sud, servile verso gli invasori. Qui, secondo queste interpretazioni, rispuntavano gli aspetti peggiori del carattere nazionale e aveva ripreso vigore una classe dirigente ladra, pantofolaia e pavida fatta fuori dal regime delle aquile imperiali. Al malcostume dei governanti, all'opportunismo dei piccoli borghesi, alla spietatezza dei partigiani e dei comunisti (addestrati all'odio e alla violenza direttamente da Mosca) il neofascismo opponeva lo stile allo Junio Valerio Borghese, esaltato assertore di Salò, «dove affluiva un'umanità interessantissima... e bellissima, tutti quei volontari che si spogliavano di ogni interesse terreno». In apparenza, la perbene e moderata destra in Lebole di Gianfranco Fini è molto lontana da tutto questo. Ma in realtà, spiega Germinario, anche se il leader di Alleanza Nazionale nega il risentimento per il passato e rifiuta l'amore assoluto per il Ventennio, continua ad essere vivo il mito di Salò ovvero della propria intrinseca diversità e paradossalmente della propria «apoliticità». Lo coltivano personaggi di spicco come Malgeri, direttore de II Secolo d'Italia, Mirco Tremaglia con il suo reducismo, Teodoro Buontempo detto «er Pecora», reincarnazione degli aspetti più populisti della nuova destra, Marcello Veneziani nei tratti fondamentali della sua rivista Lo Stato. «L'estraneità alla storia della nazione e della democrazia partitocratica è un leitmotiv che unisce Prezzoline Evola, Malaparte, Gentile, Del Noce», commenta Genninario. «E lo stesso tema si ritrova anche dopo Tangentopoli: Fini, per esempio, alleato di Berlusconi, si presenta come fuori dal gioco sporco della politica all'epoca della Prima RepubMica e offre la cultura della destra come qualcosa di diverso rispetto alla crisi repubblicana». Mirella Serri / missini di ieri e i seguaci di Fihi accomunati: la Rsi come fonte di diversità rispetto alla Prima Repubblica, Leitmotiv: l'estraneità alla storia della nazione e della democrazia partitocratica Sotto: Gianfranco Fini, presidente di Alleanza Nazionale. A destra: un'immagine della Repubblica di Salò L'ALTRA MEMORIA. L'ESTREMA DESTRA SALO' E LA RESISTENZA Francesco Germinario In uscita da Bollati Boringhieri pp. IS5 L. 25.000

Luoghi citati: Italia, Mosca, Salò