Il pretore: non ha mai detto che esercitava l'attività forense

Il pretore: non ha mai detto che esercitava l'attività forense Il pretore: non ha mai detto che esercitava l'attività forense Falsa avvocatessa assolta Accusata di usurpazione di titolo RIVAROLO. Il caso, quando scoppiò, fece scalpore nel mondo forense. L'accusa per Vincenza Benenati, una cinquantenne di Rivarolo, era quella d'aver esercitato la professione di avvocato senza averne i titoli e senza nemmeno avere conseguito la laurea. E ancora più scalpore rischia di fare la sentenza pronunciata ieri in Pretura a Rivarolo: la donna, infatti, è stata assolta perchè il fatto non sussiste. «Sono stata ingiustamente diffamata - dice ora Vincenza Benenati - pur non essendoci mai stato nulla contro di me». L'inchiesta era scattata nel novembre del '96 quando due giovani si presentarono negli uffici dei carabinieri di Rivarolo per presentare una querela. Massimiliano Grezza, 27 anni, di Favria e Danilo Trqja, 29 anni, di Rivarolo, si erano rivolti a Vincenza Benenati perchè li patrocinasse nella causa relativa a un incidente stradale. «Avevamo chiesto a degli amici se conoscevano un valido legale avevano detto ai carabinieri - e ci fu consigliata Enza Benenati». Tutto filò liscio fino a quando il liquidatore dell'assicurazione non chiese ai due giovani il nome del loro avvocato. Loro, sicuri, risposero che si trattava di Vincenza Benenati, con studio a Rivarolo in piazza Chioratti al numero 4. A quel punto, dopo aver scoperto che la persona a cui si erano rivolti non aveva i titoli per esercitare l'attività forense, i due chiesero spiegazioni: «Lei ci disse di non preoccuparci, perchè aveva un socio, l'avvocato Treselli di Torino, e che sarebbe stato lui a patrocinare la causa». Nel dibattimento poi sono emersi fatti che hanno scagionato la donna: «Erano i due che l'hanno querelata - spiega il legale di Vincenza Benenati, Tommaso Servetto - ad essere sempre stati convinti che Vincenza Benenati facesse l'avvocato. Lei non l'ha mai detto e nemmeno ha mai esibito un biglietto da visita o una targa con su scritto che praticava l'attività forense». Così il pretore Denaro ha dato ragione alle tesi della difesa. In base alle quali, oltre al fatto che la donna non avesse mai detto di essere avvocato, lei non era imputabile nemmeno del fatto d'aver fatto firmare una procura «in bianco» ai due ragazzi. Perchè questa poi veniva inoltrata all'avvocato Terselli. Le tesi dell'accusa, invece, poggiavano sul fatto che la donna sfruttasse l'equivoco sapendo di trarne profitto. Tesi alla fine ribaltate in Pretura, a tre anni di distanza dall'inizio di un'inchiesta. Giampiero Maggio I jiTiliiTiBÀlE PER TOTJQ t L'imputata sbrigava pratiche appoggiandosi a uno studio legale di Torino E il pretore ha dato ragione alla difesa: i due clienti che l'avevano querelata si erano convinti che la donna avesse i titoli nonostante lei non si fosse mai qualificata come legale

Luoghi citati: Favria, Torino