Monconi e Pani tornano a Cechov di Osvaldo Guerrieri

Monconi e Pani tornano a Cechov LA RECENSIONE Non volo il Gabbiano diretto da Scapano VALERIA Moriconi e Corrado Pani avevano interpretato trent'anni fa «Il gabbiano» di Cechov. Logicamente, e per ragioni di pura anagrafe, incarnavano Nina e Kostja, i due giovani che, mescolati ad un'umanità annoiata e senza prospettive, scontano duramente le loro vulnerabilità e passionalità. Oggi, chiamati dall'Eliseo di Roma, Pani e la Moriconi tornano a quel capolavoro fatto di personaggi-specchio, di trame sovrapposte, di attese che scavano gallerie d'angoscia nello scoppiettio della chiacchiera vuota. Interpretano, lui, lo scrittore Trigorin, che è il doppio velleitario e vanesio del febbrile Kostja; lei, l'attrice Irina, che è il riflesso maturo e arido della troppo impulsiva Nina. Sono stati lungamente applauditi all'Alfieri, dove lo spettacolo è in scena fino a domenica, invitato dal Teatro Stabile. Difficile dire perché questo «Gabbiano» non riesca a sedurre fino in fondo lo spettatore. Non per l'impianto scenico del pur bravo Roberto Francia, così essenziale da risultare spoglio, quando non si riduce, grazie a Sergio Rossi, a un elegante acquarello lurninoso. E neppure per l'interpretazione della compagnia, costituita da ottimi elementi, ciascuno dei quali si mette al servizio del proprio personaggio con totale abnegazione: Stefano Lescovelli caratterizza con tocchi ruvidi e con slittamenti buffoneschi il fratello di Irina; Alberto Di Stasio è un eccellente dottor Dora; Patrizia Romeo è l'infelice Mascia che, rifiutata da Konstantin, sposa il maestro Medvedenko di Lino Spadaro; Aurora Cancian è l'insoddisfatta ma ancora vitale Polina, moglie del rozzo amministratore di casa Sorin, Enzo Turrin. Il senso di insoddisfazione non può che provenire, allora, dalla regia di Maurizio Scaparro. Definirla corretta, non è farle un complimento, ma non sapremmo quali altri termini adoperare. Scaparro, che è un intelligente uomo di teatro, ha colto il nocciolo agro del «Gabbiano»: un rallentamento del tempo, nel quale si sgranano e s'ingolfano tutti i contrattempi e i vuoti di una vicenda fatta di niente, o quasi. Qui tutti aspettano qualcosa, tutti recriminano, tutti sono insoddisfatti: lo scrittore si chiede come potrà mai diventare Tolstoj, gli innamorati vanno a cercare l'amore dove non possono trovarlo. E' una specie di vaneggiamento collettivo, la cui irrealtà soffoca, oltre agli slanci vitali, anche il colpo finale di pistola con cui Kostja brucia la tensione romantica della sua vita. Ma l'impressione è che qui il rallentamento sia quasi una soluzione meccanica, un espediente narrativo, un manierismo che ci dà il silenzio ma non lascia anivare l'eco, quando l'eco dovrebbe prevalere sul silenzio. E allora ci resta il gioco scenico dei protagonisti, delcontrollatissimo Corrado Pani, della esuberante eppure infelice Valeria Moriconi e dei due giovani: Max Malatesta è un Kostja che svaria dalla passione'alla depressione alle venature edipiche, Laura Pasetti è la misteriosa Nina che sacrifica tutto all'illusione. In sala, comunque, grande soddisfazione. Osvaldo Guerrieri Monconi e Pani tornano a Cechov Corrado Pani e Valeria Moriconi in una scena del «Gabbiano» fino a domenica all'Alfieri di Torino

Luoghi citati: Roma, Torino