«Anche lei vittima dell'ingiustizia» di Claudio Giacchino
«Anche lei vittima dell'ingiustizia» «Anche lei vittima dell'ingiustizia» La psicologa: depressione e stress da lavoro «Questa morte è il grido disperato di dolore di chi dall'ingiustizia è stato schiacciato». Così la psicoterapeuta milanese Maria Rita Parsi dice a proposito del suicidio di Gabriella Lo Moro. Dottoressa Parsi, chiarisca il suo pensiero. «E' chiaro che la tragedia del magistrato di Torino è legata alla depressione: una depressione così forte da far sprofondare a poco a poco in un'angoscia senza fine dalla quale se ne esce solo nella maniera peggiore, irrimediabile. Sulla depressione s'è innestato lo stress da lavoro al servizio di una giustizia che è tale solo di nome. Infatti, quale giustizia è mai quella che impiega anni per pronunciare una sentenza? E' ormai una giustizia per pochi, dunque un'ingiustizia. E tale doveva sentirla pure il giudice Lo Moro. Oberato di cause in attesa di un verdetto, schiacciata da carichi lavorativi, e da responsabilità, che aumentavano con il tempo, anziché decrescere, è mesorabilmente giunto al pun¬ to di rottura». Beh, fortunatamente non è che tutti i magistrati reagiscano così. Anzi, ce ne sono, e non pochi, che non si fanno affatto sangue cattivo per la mole di fascicoli arretrati. «Logico che nessuno, a meno che sia malato, arriva a togliersi la vita. Logico anche che ci siano gli scansafatiche: però, la stragrande maggioranza conduce una vita infernale, di enorme sacrificio. E, volente o nolente, la impone alla famiglia: sapesse quante mogli di giudici, quanti figli ho in cura, quali stress debbo fronteggiare. Essere giudice è difficile, comporta il peso di scelte sempre tremende, significa avere eterni problemi di coscienza. Oltre che, nei casi di chi s'occupa di crimi- nalità, problemi di sicurezza. E tutto ciò non può non riverberarsi dolorosamente su chi vive accanto generando ansia, paure: in una parola, stress. Pensiamo solo quali problemi comporta, e quali innesca, vivere con la scorta». La povera dottoressa Lo Moro s'occupava di fallimenti. E' possibile ipotizzare un'interazione con il suicidio? «Altroché. Tale quotidiana frequentazione con storie di sfasci, di attività finite a rotoli, ha avuto la sua influenza su una psiche già aggredita dalla depressione più cupa: quella che non lascia energie per reagire, per uscire dal buco nero di una visione del mondo tutta negativa». Il giudice ha lasciato lettere per il marito, le due figlie, le quattro sorelle, una l'ha scritta ai colleghi. Possibile che a tutti avesse nascosto le sue angosce? «Non è possibile, è certo. Quando sei nelle condizioni terribili in cui era quel magistrato non hai la forza di comunicare. Anzi, per dire che stai male, che non ce la fai più a tirare avanti, ti ammazzi. Ecco, il suicidio è l'unica mezzo che ti resta per comunicare e le lettere sono messaggi di chi è già morto. Schiacciato, in questo caso, da una giustizia ogni giorno più ingiusta». Claudio Giacchino La rubrica Saper Spendere è rinviata per mancanza di spazio «Che equità c'è in sentenze attese per anni? Anche questo ha pesato su quella donna» MariaRita Parsi
Persone citate: Maria Rita
Luoghi citati: Torino
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