Lo schiaffo di Cesare ai congiurati in platea di Gabriele Romagnoli

Lo schiaffo di Cesare ai congiurati in platea Lo schiaffo di Cesare ai congiurati in platea ANALISI UN POLITICO DI MNEW YORK OLTO più delle tesi presentate dai suoi avvocati al Senato, il discorso sullo stato dell'Unione è stato la miglior difesa di Bill Clinton. Come sempre, l'uomo si esalta nelle difficoltà; è un «presidente Lavazza»: più lo buttano giù, più si tira su. Entrare nell'aula dove è stato incriminato, davanti a quelli che hanno votato per farlo, anziché innervosirlo, lo motiva. Sorridere al nemico, provare a conquistarlo, è la sua passione. Con un tocco ulteriore di malignità potrebbe diventare Riccardo III, capace di sedurre la moglie dell' avversario da lui stesso ucciso, corteggiandola mentre è in lacrime davanti alla bara. Se già ha questa dote, la nasconde dietro l'apparenza pacifica e pacificante. Clinton non parla all'America, la incarna. Metà, almeno: quella che vota. L'altra metà, quella astiosa, nascosta nelle foreste del Montana o nei bar del Texas, quella che «i politici sono tutti uguali e la vita è una fregatura», non prova neppure a rispecchiarla, perché non gli interessa. Lui guarda all'America che si preoccupa del presente e ne riproduce gli istinti, le passioni e i pensieri. Nella galleria degli eroi schiera, infatti, il giocatore che ha battuto il record di fuoricampo (sono due, in realtà, ma ha scelto quello di colore, prendendo due piccioni con una fava), un pilota della mezza guerra del Golfo, la mamma di una vittima delle sparatorie a scuola: Baseball, Patria e Famiglia. All'America che vota parla di quello che le sta accanto al cuore: il portafoglio. La conforta con le cifre di un bilancio in pareggio, occupazione in aumento, economia al galoppo. Annuncia, addirittura, che, proprio come un cittadino medio, il governo investirà in Borsa, il che rafforza la fiducia dei risparmiatori, finiti sulla stessa barca delle istituzioni. Guardando negli occhi i congiurati che discutono giorno e notte dei suoi giochi con Monica Lewinsky afferma che «dovrebbero» (ripetuto una dozzina di volte) occuparsi di scuola, ricerca medica e altri temi cruciali, anziché, suggerisce implicitamente, perdere tempo in pettegolezzi. Annuncia, a nome di tutti gli americani infastiditi dal fumo, la madre di tutte le battaglie legali: il ricorso contro i produttori di sigarette. Vince la personale sfida con Tom DeLay, l'eminenza grigiastra repubblicana, che aveva spalmato colla sulie poltrone dei suoi compagni di partito per impedire che si alzassero ad applaudire. Quando un presidente democratico ricorda di aver dimezzato i finanziamenti per il Welfare e allargato i cordoni della borsa per le spese militari, anche i congiurati repubblicani non possono che manifestare entusiasmo per il loro Cesare democratico. Questa, davvero, è la tanto invocata «politica sopra le parti», è la strategia della parte opposta fatta propria da chi dovrebbe avversarla, è l'amo a cui non si può che abboccare, poi maledicendosi per averlo fatto e dibattendosi scompostamente per mettere in difficoltà chi l'ha lanciato. Troppo tardi, si è già presi. Quando Clinton trova il varco è un pugile che avanza a suon di battute. Venuti per guardarlo in cagnesco, i repubblicani si trovano a sorridere per l'evocata prospettiva di un prossimo Presidente donna. Anche quelli, come Trent Lott, rimasti polemicamente seduti al momento del suo ingresso in aula, non riescono a mantenere a lungo la maschera di im- passibilità. E se Clinton fa questo effetto nella gabbia dei leoni, immaginarsi fuori. Discutibile finché si vuole, coinè animale politico ha un istinto e un liuto straordinari. La sua capacità di sintonizzarsi con la mente degli elettoli ò unica. 11 suo elento di priorità scmbia copiato dalla lavagna appesa nella cucina di una famiglia del Delaware; il modo di spiegarle, quello di un commesso viaggiatore che bussa alla porta in una scia di cielo sereno c annuncia che basta comprare i ricambi e il bel tempo continuerà ancora a lungo, perché questa è «la nuova alba americana». Per Clinton gli Stati Uniti sono un unico immenso («focus group» dal quale escono i suoi pensieri e le sue decisioni. A volte è così lapido nell'intuire dove andrà a pai are da riusciic a precederlo e far apparire come se lo stesso guidando. In realtà ò seduto al volante di un'auto a motore spento, dietro c'è Al Gore che annuisce come cci ti cani di pezza con la testa snodabile, fuori c'è un Paese che spinge, una congiuntura che aiuta: e l'America va. Stavolta Clinton non mente, inentro recita orgoglioso i dati positivi sull'economia e sull'ordine pubblico. Questa è la sua replica alle accuse che hanno portato all'incriminazione. Non c'è spergiuro, ve lo garantisco: l'occupazione sta salendo. Non c'è ostacolo alla giustizia, credetemi: i criminali sono consegnati alle gale¬ re e i reati sono, dappertutto, in diminuzione. Il discorso sullo stato dell'Unione è stato la sua migliore occasione per difendersi da solo, è salito come un oratore nel parco sulla cassetta delle saponette e ha cominciato a parlare, senza intermediazioni. La gente lo ha ascoltato e, immediatamente, l'approvazione del suo operato è cresciuta, perché è difficile conservare freddezza, cinismo e memorie storica davanti allo show di Clinton. Un anno fa, a scandalo appena esploso, fu abile. Quest'anno, dopo essere stato incriminato, è stato travolgente. Conoscendo il personaggio, nel 20U0, sopravvissuto e invitto, sarebbe noioso. Gabriele Romagnoli Quando parla di Welfare e di spese militari persino i repubblicani sono costretti a manifestare entusiasmo E' un amo cui non si può non abboccare

Persone citate: Bill Clinton, Monica Lewinsky, Trent Lott

Luoghi citati: Stati Uniti