29

29 Graziella Lo Moro, tribunale civile, s'è sparata alla testa. Accanto le lettere dei parenti Giudice si uccide in ufficio «Troppo lavoro, non ce la faccio più» «Sommersa dalla valanga di fascicoli, sentiva di non riuscire a farvi fronte. Nelle lettere che ha lasciato per il marito, le due fighe, le sorelle, tutte molto commoventi, ciò che più colpisce è il senso di impotenza del giudice onesto. Non credo di rivelare particolari della vita privata della collega nel dire che quest'anno aveva sacrificato ogni giorno al lavoro. Anche le domeniche. A ferragosto scriveva sentenze». Marcello Maddalena ricorda con emozione e rabbia Graziella Lo Moro, giudice del tribunale civile, che ieri, pochi minuti dopo le sedici, si è sparata due colpi in testa nel suo ufficio al terzo piano del palazzo di via delle Orfane 20, sede di gran parte delle sezioni civili. Lei, 56 anni, in magistratura dal 1972, due fighe, moghe del procuratore capo di Novara, faceva parte della seconda. Si occupava di cause immobiliari e di esecuzioni civili. Anche ieri, come ogni pomeriggio, il giudice Graziella Lo Moro è restata nella sua stanza in tribunale. Ha completato alcune sentenze. Ha ordinato sulla scrivania le lettere per i familiari e poi ha compiuto il grande passo. Da casa si era portata una pistola del marito, Alberto Oggè, 61 anni, uno dei più noti magistrati piemontesi. Improvvisamente, dagli uffici vicini i colleghi presenti hanno udito i colpi sordi di due detonazioni. E' stata chiamata inutilmente un'ambulanza. La sirena ha richiamato alle finestre di altri uffici giudiziari più di una persona. In via delle Orfane sono accorsi il preocuratore capo Francesco Marzachì, il collega Marcello Maddalena e il presidente aggiunto dei gip Francesco Saluzzo. Alle 16,30 h ha raggiunti Mario Garavelli, il presidente del Tribunale, sul viso una smorfia segnata dalla sorpresa. Il marito delle dottoressa si trovava nel suo ufficio a Novara: ha appreso per telefono del suicidio della moghe. A lui e agh altri familiari è stato risparmiato il dolore di vederla accanto alla pistola, con gh uomini della polizia scientifica chiamati comunque a fare il loro lavoro nella stanza del giudice. Soltanto alle 19.35 la salma è stata portata via, destinazione medicina legale. Graziella Lo Moro ha scelto di togliersi la vita nella sua stanza di lavoro, in tribunale, non per dare clamore al proprio gesto. L'ha fatto per preservare la famiglia, in particolare le fighe ancora giovani, dalle immagini delle vita devastata dai proiettili e dal sangue. Piccolina, magra - Oretta era il diminutivo che si portava appresso sin da ragazza - e un velo di malinconia negh occhi che la forte comunicatività riusciva a mascherare, Graziella Lo Moro era da sempre considerata un giudice stakanovista. Come il marito, per lunghi anni magistrato di punta all'ufficio istruzione, considerato il giudice dei casi d'omicidio quasi irrisolvibili (uno per tutti quello della quattordi¬ cenne trovata con le mani legate in una roggia di periferia) cui si è applicato introducendo nelle indagini notevoh elementi di scientificità. Dopo essere diventato consighere aggiunto di queU'ufficio, dal 1994 Oggè è procuratore capo di Novara. Sta per trasferirsi a Torino, come presidente di sezione di corte d'appello. A febbraio la moghe l'avrebbe seguito. «Una lavoratrice impeccabile, una donna dolce». Così la ricordano Garavelli, Marzachì, Maddalena. «Un giudice che faceva onore alla magistratura», aggiunge il collega Corsi. «Quando una causa veniva assegnata a lei noi civilisti commentavamo "per fortuna"», dice l'avvocato Domenico Sorrentino, già presidente dell'Ordine forense. E una donna che si è preoccupata, nel suo momento più duro, di scrivere ai familiari di non crearsi complessi per lei. Uccisa dallo stress. [al. ga.] In alto il marito Alberto Oggè. Sopra, il presidente dei gip Saluzzo e il procuratore generale Palaja

Persone citate: Alberto Oggè, Domenico Sorrentino, Francesco Marzachì, Francesco Saluzzo, Marcello Maddalena, Mario Garavelli

Luoghi citati: Novara, Torino