Gabriella Lo Moro, del tribunale civile, s'è sparata 2 colpi alla testa. Sul tavolo le lettere ai familiari

Gabriella Lo Moro, del tribunale civile, s'è sparata 2 colpi alla testa. Sul tavolo le lettere ai familiari Gabriella Lo Moro, del tribunale civile, s'è sparata 2 colpi alla testa. Sul tavolo le lettere ai familiari Giudice si uccide in ufficio «Troppo lavoro, non ce la faccio più» «Sommersa dalla valanga di fascicoli, sentiva di non riuscire a farvi fronte. Nelle lettere che ha lasciato per il marito, le due fighe, le sorelle, tutte molto commoventi, ciò che più colpisce è il senso di impotenza del giudice onesto. Non credo di rivelare particolari della vita privata della collega nel dire che quest'anno aveva sacrificato ogni giorno al lavoro. Anche le domeniche. A ferragosto scriveva sentenze». Marcello Maddalena ricorda con emozione e rabbia Gabriella Lo Moro, giudice del tribunale civile, che ieri, pochi minuti dopo le sedici, si è sparata due colpi in testa nel suo ufficio al terzo piano del palazzo di via delle Orfane 20, sede di gran parte delle sezioni civili. Lei, 56 anni, in magistratura dal 1972, due figlie,-moglie del procuratore capo di Novara, faceva parte della seconda. Si occupava di cause immobiliari e di esecuzioni civili. Anche ieri, come ogni pomeriggio, il giudice Gabriella Lo Moro è restata nella sua stanza in tribunale. Ha completato alcune sentenze. Ha ordinato sulla scrivania le lettere per i familiari e poi ha compiuto il grande passo. Da casa si era portata una pistola del marito, Alberto Oggè, 61 anni, uno dei più noti ma¬ gistrati piemontesi. Improvvisamente, dagli uffici vicini i colleghi presenti hanno udito i colpi sordi di due detonazioni. E' stata chiamata inutilmente un'ambulanza. La sirena ha richiamato alle finestre di altri uffici giudiziari più di una persona. In via delle Orfane sono accorsi il preocuratore capo Francesco Marzachì, il collega Marcello Maddalena e il presidente aggiunto dei gip Francesco Saluzzo. Alle 16,30 li ha raggiunti Mario Garavelh, il presidente del Tribunale, sul viso una smorfia segnata dalla sorpresa. Il marito delle dottoressa si trovava nel suo ufficio a Novara: ha appreso per telefono del suicidio della moglie. A lui e alle fighe è stato risparmiato il dolore di vederla accanto alla pistola, con gli uomini della polizia scientifica chiamati comunque a fare il loro lavoro nella stanza del giudice. Soltanto alle 19.35 la salma è stata portata a medicina legale. Gabriella Lo Moro ha scelto di togliersi la vita nella sua stanza di lavoro, in tribunale, non per dare clamore al proprio gesto. L'ha fatto per preservare la famiglia, in particolare le fighe ancora giovani, dalle immagini delle vita devastata dai proiettili e dal sangue. Piccolina, magra - Oretta era il diminutivo che si portava appresso sin da ragazza - e un velo di malinconia negli occhi che la forte comunicatività riusciva a mascherare, Gabriella Lo Moro era da sempre considerata mi giudice stakanovista. Come il marito, per lunghi anni magistrato di punta all'ufficio istruzione, considerato il giudice dei casi d'omicidio quasi irrisolvibili (uno per tutti quello della quattordicenne trovata con le mani legate in una roggia di periferia) cui si è applicato introducendo nelle indagini notevoli elementi di scientificità. Dopo essere diventato consigliere aggiunto di queU'ufficio, dal 1994 Oggè è procuratore capo di Novara dove ha inquisito il ver¬ tice locale della Gdf, amministratori della sanità privata. Sta per trasferirsi a Torino, come presidente di sezione di corte d'appello. A febbraio la moghe l'avrebbe seguito. «Una lavoratrice impeccabile, una donna dolce». Così la ricordano Garavelh, Marzachì, Maddalena. «Un giudice che faceva onoro alla magistratura», aggiunge il collega Corsi. «Quando una causa veniva assegnata a lei noi civilisti commentavamo "per fortuna"», dice l'avvocato Domenico Sorrentino, già presidente dell'Ordine forense. E una donna che si è preoccupata, nel suo momento più difficile, di scrivere ai familiari di non crearsi complessi per lei. Uccisa dallo stress. [al. ga.] Il procuratore Maddalena: a Ferragosto scriveva sentenze, aveva sacrificato ogni giorno al dovere A sinistra, Alberto Oggè uno dei più noti magistrati piemontesi marito della Lo Moro A destra, il presidente aggiunto dei gip Francesco Saluzzo e dietro, il procuratore generale Antonio Palaja escono dal palazzo di via delle Orfane dove lavorava il giudice suicida

Persone citate: Alberto Oggè, Antonio Palaja, Domenico Sorrentino, Francesco Marzachì, Francesco Saluzzo, Marcello Maddalena, Mario Garavelh

Luoghi citati: Novara, Torino