«La prova è quel giaccone sporco di sangue» di Renato Ambiel

«La prova è quel giaccone sporco di sangue»Novara, in assise il caso della pensionata di Gareggio uccisa in auto davanti al cimitero di Borgomanero «La prova è quel giaccone sporco di sangue» Vimputato si difende: ho cercato solo di soccorrere quella donna NOVARA. I capelli neri, lunghi sul collo quasi a voler compensare un'incipiente calvizie, gli occhi grossi, scuri, sporgenti; quegli occhi rimasti impressi nelle donnette che frequentano il cimitero di Borgomanero e vedevano sempre lì quel giovanotto strano. Giubbotto nero su jeans chiari e maglione rosso e nero. Marco Bottini, 30 anni, (ma ne dimostra di più) se ne sta come assente, dentro la gabbia della corte d'assise che, da ieri, lo sta processando per omicidio. Per l'uccisione di Maria Luigia Poletti pensionata di Cureggio massacrata il pomeriggio del 29 dicembre '97 sulla sua auto nel piazzale del cimitero. Colpita con un corpo contundente, forse una chiave inglese, morì poco prima della mezzanotte all'ospedale di Novara. Il giorno dopo i carabinieri andarono a prendere Bottini. Non fu difficile individuarlo. Fu sufficente parlare con qualche testimone che riferì di un giovane strano col giaccone giallo. I carabinieri andarono a colpo sicuro. Bottini operaio in una saldatura viveva da solo do- po il ricovero in ospedale delle madre. Non aveva un alibi per l'ora del delitto. Ma c'era di più: indossava jeans sopra un pantalone scuro macchiato di sangue e in casa, nella vasca da bagno, il giaccone giallo a mollo «per togliere macchie di grasso» disse hn. In realtà gli specialisti trovarono tracce ematiche: sangue compatibile con quello della vittima. E allora Bottini, che è furbo, a spiegare che in realtà lui quella donna l'aveva toccata. Ha cercato di soccorrerla, quella sera, dopo averla trovata ranto¬ lante dentro l'auto. Si è sporcato di sangue ed è scappato via spaventato perchè sa di non è uno stinco di santo. L'han condannato anche per il furto di un portafogli a casa della sorella. Ma lui nega, nega con forza: «non son stato io e basta». Ma non aiuta (o forse non può) il suo avvocato Sergio lavelli a tirarlo fuori da questa brutta storia. Chissà, magari durante il processo cambierà strategia. Finora non ha dato molte carte alla sua difesa. E deve fare i conti con un'accusa bene attrezzata, con indagini svolte a regola d'arte da gente capace, bene indirizzate dalla procura Novarese. Già s'intrawede lo sforzo di elaborazione informatica, appena accennato dal Pm Vittore Ferrara. Dovrebbe portare a risultati importanti nella ricostruzione dell'accaduto. A quel punto, Marco Bottini non potrà limitarsi a negare o cercare di glissare con versioni sempre diverse. Il suo difensore dichiarandosi convinto dell'innocenza di Bottini (mancano le prove, non esiste un movente e neppure l'arma del delitto) ha chiesto per lui una perizia psichiatrica. La corte si è riservata di decidere a conclusione dell'istruttoria dibattimentale. Ma che Bottini non è matto l'ha già detto un consulente del pm. Vittore Ferrara ha riassunto ieri le diverse fasi delle indagini fino all'ultima ricostruzione del 29 dicembre scorso, un anno esatto dall'omicidio, presente l'imputato. Tante prove, tanti indizi univoci di colpevolezza ma nessuno parla del movente. «Tanto emergerà nel corso del dibattimento» almeno si dice. Bottini avrebbe infierito sulla donna che aveva respinto le sue avances. Il marito dalla vittima Franco Beccaria, carrozziere, i figli Ruggero e Laura il fratello Antonio e la sorella Anna Maria si sono costituiti parte civile con l'avvocato Rino Casarotti. Comunque vada a finire non potranno ottenere alcun risarcimento da Bottini che è nulla tenente. Si torna in aula il 28 gennaio. Renato Ambiel Marco Bottini ieri all'arrivo in corte d'assise dov'è processato per omicidio

Persone citate: Anna Maria, Franco Beccaria, Marco Bottini, Rino Casarotti, Vittore Ferrara

Luoghi citati: Borgomanero, Cureggio, Novara