Con il prodigio che ha incenerito il Parma il fantasista apre la caccia al secondo scudetto personale

Con il prodigio che ha incenerito il Parma il fantasista apre la caccia al secondo scudetto personale Con il prodigio che ha incenerito il Parma il fantasista apre la caccia al secondo scudetto personale Mancini, il domatore di palloni «Sono colpi che nessun allenatore ti insegna» PER essere Roberto Mancini, e fabbricare prodigi come il tacco che ha incenerito il Parma («Un colpo del genere lo avevo già indovinato in allenamento, a Formello»), bisogna avere sempre a portata di mano qualcosa o qualcuno per cui spendersi e contro cui sfracellarsi, senza materassi che possano attutire l'enormità del talento, la grandiosità della sfida. Il 27 novembre compirà 35 anni. Con 154 reti, è il cannoniere più prolifico in attività, alla faccia di tutti i saputelli che hanno venduto l'anima al diavolo pur di infliggergli un'etichetta (punta, mezza punta?), ignari che il diavolo lo avevano di fronte, era lui. Cominciamo dalla fine, dalla magìa di Panna: «E' il gol più bello che abbia mai realizzato. Ringrazio gli dei per aver scortato la traiettoria. Di mio, ci ho messo l'idea. Sono colpi che nessun allenatore può insegnarti: o li hai o non li hai. In assoluto, il gol dei gol resta, almeno per me, quello che Van Basten segnò agli Europei '88, all'Urss. Una volée trasversale e parabolica, da destra a sinistra: rimasi di sasso. Ce ne sono altri: una rete di Del Piero alla Lazio, imo slalom di Ronaldo nel Barcellona e, fuori concorso, i numeri di Maradona. Sono in buona compagnia». Il Mancio che da Jesi arrivò bambino a Bologna, e che da Bologna si trasferì a Genova per crescere e far crescere la Sampdoria, si è sempre cibato di eccessi. Turgide passioni (Paolo Mantovani, Gianluca Vialli), violenti rancori (Enrico Mantovani), spossanti battaglie (contro gli arbitri, i giornalisti, le tv, il Palazzo), modiche tregue. Troppo coccolato, troppo avversato, in bilico compiaciuto fra il poeta maudit e l'artista incompreso. E, almeno in Nazionale, incompiuto. Dopo averlo fatto esordire, Enzo Bearzot non gli perdonò una scappatella a Manhattan, durante una fuggevole tournée. Azeglio Vicini lo innalzò a simbolo, salvo derubricarlo a riserva di Roberto Baggio. E con Arrigo Sacchi, Mancini scivolò addirittura al terzo posto, scavalcato anche da Zola. L'orgoglio gli impose mi alibi: il complotto. Baggio, nel frattempo, collezionava Oscar (della Fifa) e Palloni d'oro. Possibile che il mondo intero, e non solo la mafia metropolitana, fosse così smaccatamente partigiano? Con Vialli ha scritto la storia della Sampdoria e vinto uno scudetto nel 1991: non a caso, all'indomani di un Mondiale sciupato. Secondo Gianluca, «sono ormai quindici anni che Mancini allena e nessuno se ne accorge». Per questo, Roberto legava molto con Vujadin Boksov che, da saggio capo-tribù, fingeva di dare ordini anche quando li prendeva. Sempre per questo, ha sponsorizzato, da laziale, l'ingaggio di Sven Goran Eriksson, suo precettore alla Samp, un'altra pasta di mister, signorile ed elastico quanto basta per timbrarne le circolari e ammorbidirne le arrabbiature. Cragnotti si era invaghito di Capello e Lippi, Mancini gli ha suggerito una dolce frenata, «Eriksson ha in pugno il gruppo, ha gestito bene la squadra ed è stato ripagato». Sarà. La scalata della Lazio, sei vittorie di fila, nasce la notte di mi derby buttato via, da 3-1 a 3-3, fra i fumi e gli spruzzi di docce incandescenti, con il Mancio che, furente, svergogna il povero Fàvalli, responsabile del terzo gol. Soltanto Mihajlovic, che pure fu lui a raccomandare al nuovo padrone, si permette, ogni tanto, di rivoltarlo. E' successo domenica sera, in occasione del pareggio di Crespo. Mancini pascolava distrat¬ to. Non sia mai. Quando si cambia indirizzo, dal centrocampo in giù anche il più banale dei «pisoli» può diventare fatale. Moratti se ne era innamorato follemente. La vampata, spenta a fatica, contribuì a dischiudere stimolanti scenari. Roberto ha sempre sofferto la distanza che separava il suo giardino doriano dagli orchi di Milano e Torino. Prova ne siano le turbolenze arbitrali: la sceneggiata anti-Nicchi, nel corso di Samp-Inter del novembre '95; le picconate contro Braschi, Bergamo '87 («Gli ultra la finiscano di picchiarsi fra di loro: aprite i cancelli dello stadio, e lasciate che picchino l'arbitro»); le minacce a Cinciripini, che a Udine lo aveva cacciato: «Ora vado in sala stampa e ti massacro». Ha sempre pagato, comunque non esistono due Mancini. Il Mancini che sbraita e si sbraccia, nutre il Mancini che dipinge, crea, comanda, segna e fa segnare. I miliardi gli scorrono, lievi, alla periferia del cuore. Per Sergio Cragnotti, «è il carattere che mancava alla Lazio». Il Mancio ha deciso di regalarsi un altro scudetto: «Non mi sono mai pentito di aver scelto Roma. L'anno scorso ci furono problemi con i tifosi. Erano delusi, volarono parole grosse. Acqua passata. Comincio ad amare questa maglia, a sentirla mia». Quando deciderà di ritirarsi, continuerà a fare quello che ha sempre fatto in barba alle ipocrisie: l'allenatore e il dirigente. Per ora, «piedi caldi e testa fredda». Lo diceva Boskov, il suo maestro, il suo vice. Roberto Beccantini «Gli dei hanno scortato la traiettoria di quella palla: io ci ho messo l'idea. Ma il gol dei gol lo segnò Van Basten nell'Europeo dell'88» Mieli. LAZIALE UNA MAGIA PI TACCO COME BETTEGA MANCIO: LE MIE CINQUE PERLE 17 GENNAIO 1999: Parma-Lazio 1 -3. L' 1 -2: una «fucilato» di tacco destro, spalle alla porta, su angolo di Mihajlovic. 29 NOVEMBRE 1998: Lazio-Roma 3-3. L'1-ì: sinistro incrociato al volo, su chilometrico lancio di Mihajlovic. I NOVEMBRE 1997: Roma-Lazio 1-3. Lo 0-1 : destro violento dal vertice dell'area, dopo aver scartato due avversari. 7 FEBBRAIO 1993: Sampdoria-Ancona 3-1. II 3-1 : in tuffo, di testa, che non è mai siala la sua specialità. 18 NOVEMBRE 1990: Napoli-Sampdoria 1-4. L'I -2: sforbiciata di destro, al volo, con palla filante, palo e rete. LE SUE CIFRE Nato a Jesi (An) il 27-11 -1964. Sposato con Federica, due figli. SQUADRE: Bologna, Sampdoria, Lazio. Esordio in serie A, non ancora diciassettenne, ili 3 settembre 1981 : Bologna-Cagliari 1 -1. RETI IN SERIE A: 1 54 (9 nel Bologna, 134 nella Sampdoria, 11 nella Lazio) su 504 partite. NAZIONALE: 36 presenze, 4 gol. UNDER 21: 26 presenze, 9 gol TROFEI: 1 scudetto (Samp 1991); 5 Coppe Italia (Samp 1985, 88, 89, 94, Lazio 1 998); 2 Supercoppe di Lego (Samp 1991, Lazio 1998); 1 Coppa delle Coppe (Samp 1990). A destra, il gol di Mancini al Parma Bettega (a sinistra) ne segnò uno simile al Milan nel 1971-72 Roberto Mancini, 34 anni, con 154 gol è il miglior bomber in attività