Pani, Moriconi e «Il gabbiano» di Cechov

Pani, Moriconi e «Il gabbiano» di Cechov Pani, Moriconi e «Il gabbiano» di Cechov TRENTADUE anni dopo: stesso testo e stessa coppia di interpreti, ma in ruoli nuovi. E' l'avventura sperimentata da due «mostri sacri» della nostra scena, Valeria Monconi e Corrado Pani, interpreti de «Il gabbiano» di Checov per la regia di Maurizio Scaparro che sarà in scena all'Alfieri dal 19 al 24 gennaio, per la stagione dello Stabile. Dello stesso centenario capolavoro cechoviano (debuttò con scarso successo nel 1896 e fu ri¬ messo in scena trionfalmente, due anni dopo, da St.anislavski) i due attori furono protagonisti, nell'edizione diretta da Franco Enriquez, datata 1966. Ma se allora la Moriconi e Pani 'interpretavano, rispettivamente, Nina e Kostantin, le due anime giovani e tormentate del testo, ora affrontano i diversi tormenti della generazione «matura» di antieroi cechoviani. A Valeria (che, da giovanissima, aveva interpretato pure un altro personaggio femmi- nile de «Il gabbiano», la rassegnata Mascia) è oggi riservata la parte di Irina, madre di Kostia: un'attrice chiusa in un egocentrismo un po' gretto, vanitoso, avaro ma pure, a modo suo, passionale. Pani è, invece, Trigorin, scrittore di un certo successo ma privo di grande talento e amaramente conscio dei propri limiti, già amante di Irina e poi seduttore della giovane e sognatrice Nina, di cui Kostia è innamorato. Nella sobria messinscena di Sca¬ parro, che debuttò lo scorso anno ed è fondata sulla nuova traduzione di Fausto Malcovati (scene di Roberto Francia, luci di Vera Marzot), a vestire i panni di Kostia, scrittore dilettante e velleitario, che dopo avere emblematicamnte ucciso un gabbiano sulla spiaggia, si toglie la vita, è Max Malatesta. Mentre la vibrante Nina, che insegue i suoi sogni d'aite e di amore pagandoli con una precoce e definitiva cognizione del dolore, è interpretata da Laura Pasetti. Attorno a loro, un cast composto da Patrizia Romeo, Stafano Lescovelli, Alberto Di Stasio, Enzo Turrin, Aurora Cancian, Lino Spadaro e Carlos Valles, per dar vita agli altri protagonisti di questa «misteriosissima metafora» dell'autore russo: un grappolo di umanità infelice radunato nella tenuta sul lago dell'ex-consigliere di stato Sorin, fratello di Irina Arcadina. In quella casa, zeppa di ceste e valigie come una stazione - a ricordare la provvisorietà, le partenze e gli arrivi, di una tribù di artisti e «zingari» teatranti nulla accade perché lutto possa accadere. Pure lo scontro tra giovane e vecchia generazione rimane irrisolto, sospeso nell'attesa della vita che non verrà, inghiottito dal fallimento collettivo. Lo dice bene Scaparro: «"Il gabbiano" è la storia genialmente poetica del fallimento di un sogno simile a quello di Icaro, di poter volare. Tutti i protagonisti sono figure emblematiche che rappresentano la speranza di essere qualcosa (i giovani) e una malcelata consapevolezza di non esserlo più (gli anziani)». Per tutti, sarà amaro aver sognato quel sogno. Silvia Francia Pani, Moriconi e «Il gabbiano» di Cechov ( 'ormilo l'unì e I nienti Monconi nel ■' ( kihbiano» di ( W/iov Sollo. (I .sinistra. Morganti. <i (lesini i (lonzi iloti di Dorili Parsons