Il governo Ue dribbla il voto di sfiducia di Francesco Manacorda
Il governo Ue dribbla il voto di sfiducia Respinta a Strasburgo la mozione di censura (caldeggiata da Bonn) per frode e nepotismo Il governo Ue dribbla il voto di sfiducia Ma partirà un 'inchiesta sui conti dei Commissari STRASBURGO DAL NOSTRO INVIATO La Commissione europea sfugge alla censura del Parlamento ed evita le dimissioni, ma si ritrova con un esecutivo a sovranità limitata e un avversario in più: la Germania. Gli eurodeputati riuniti ieri a Strasburgo hanno respinto con 293 voti contro, 232 a favore e 27 astenuti, la censura contro la cattiva gestione finanziaria della Commissione. Esultano i socialisti, salvatori di Bruxelles assieme a 91 popolari, mentre verdi, conservatori, estrema sinistra e destra rimpiangono l'occasione perduta. Ma la vera novità è che la divisione per schieramenti politici non vale più. A Strasburgo hanno prevalso le logiche nazionali, che spaccano i gruppi dello stesso colore, e soprattutto dalla Germania è arrivato un segnale esplicito: su 40 deputati socialdemocratici tedeschi, 30 hanno respinto la linea del Pse chiedendo le dimissioni della Commissione; nello stesso modo si sono pronunciati 45 De su 47 dello stesso Paese. In tutto 87 tedeschi hanno votato per la censura, 7 contro. Schierati con la Commissione, invece, gli italiani (9 per la censura, 58 contro), gli spagnoli (uno perla censura e 51 contro); divisi i francesi (38 per, 28 contro, 6 astenuti). E' quanto basta perché il leader dei conservatori inglesi, Edward McMillan-Scott, parli di «parlamentari di sinistra e meridionali che hanno votato per coprire la corruzione a Bruxelles». A lui replica la capogruppo dei socialisti, Pauline Green: il Parlamento non ha salvato la Commissione, dice, ma anzi «gli ha dato un bel calcio nel sedere», piegandola ai voleri dell'Assemblea. Il prezzo che Santer ha pagato per salvarsi dalla censura e da una risoluzione che chiedeva le dimissioni dei Commissari Edith Cresson e Manuel Marin (anch'essa bocciata) è infatti una risoluzione di compromesso, presentata da socialisti, sinistra unitaria e radicali e approvata con 319 voti contro 157 (e 54 ben astenuti), che impone all'esecu¬ tivo un gruppo di «saggi» incaricati di controllare la correttezza della sua gestione. Si tratta, come spiega la risoluzione che Santer ha accettato, di «un comitato di esperti indipendenti incaricato di esaminare la maniera in cui la Commissione svela e tratta i casi di frode, di cattiva gestione e di nepotismo». 11 comitato, i cui membri saraimo scelti per metà dal Parlamento e per metà dalla Commissione, mentre il presidente sarà designato di comune accordo, dovrà esaminare in particolare i contratti firmati dall'esecutivo e fare un primo rapporto al Parlamento «sul collegio della Commissione» entro il 15 marzo. Spetterà ai «saggi», insomma, indagare in primo luogo sui casi Cresson e Marin. Inoltre, un «gruppo di alto livello» di rappresentanti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione dovrà esaminare la riforma dell'Uclaf, l'ufficio antifrodi di Bruxelles, in modo che diventi indipendente dall'esecutivo. «Con questo voto la Commissione è sotto tutela», dice adesso il presidente del Parlamento europeo José Maria Gii Robles. E se per metà marzo da Bruxelles non verranno risposte convincenti agli interrogativi sulla competenza e l'onestà dei suoi Commissari, l'Assemblea, «che questa volta ha fatto vedere i denti, ora è pronta a mordere - assicura Gii Robles -. Potremo votare una nuova censura in aprile o maggio». «No, non mi sento sotto tutela, né dal punto di vista giuridico né da quello politico», replica Santer, che dopo la battaglia ha riacquistato il suo aplomb al titanio. Per il Presidente «il comitato dei saggi esaminerà i problemi di gestione, ma non interferirà certo con la politica generale». Anzi, secondo Santer il peggio è passato: «Ora la Commissione può tornare al lavoro». Ma un grande ostacolo al lavoro che lo aspetta, Santer io vede sorgere dalle parti di Bonn. Il monolitico schieramento dei deputati tedesclù contro la Commissione, unito a molti altri segnali, fa riaffiorare vecclrie paure e nuove inquietudini su ima classe dirigente - incarnata da Schroeder - che sente ormai di non avere più debiti verso l'Europa, ma esige anzi i suoi crediti. «Kohl riusciva a tenerli a bada, questo Schroeder invece no», si sfogava l'altra sera Santer, a cena con il suo staff e alcuni Commissari. Il voto di ieri non lo ha smentito. Francesco Manacorda Jacques Santer si sfoga in privato «Questi tedeschi Kohl riusciva a tenerli a bada, Schroeder proprio no» Il presidente della Commissione Europea, Jacques Santer, alla conferenza stampa dopo il voto
Persone citate: Edith Cresson, Jacques Santer, Manuel Marin, Pauline Green
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