I piccoli erano allenati in casa

I piccoli erano allenati in casa I piccoli erano allenati in casa Dovevano riconoscere al tatto i bussolotti lisci CINISELLO BALSAMO DAL NOSTRO INVIATO A volte un giocattolo, più spesso un po' di monetine. Bastava poco a comperare il silenzio dei quattro ragazzini, ma potrebbero essere di più, istruiti per aiutare la fortuna, per imbroccare i numeri giusti, per garantire la vittoria certa al lotto, ruota di Milano, quella col trucco. «I bambini erano stati informati (ed anzi allenati): dovevano estrarre le palline più chiare», fanno mettere a verbale Giuseppe A. e Loreta T., i coniugi all'origine della truffa, denunciati a piede libero dopo aver raccontato ogni dettaglio, ogni vincita, ogni puntata. Al resto, ci pensava zia Maddalena. Era lei, l'inappuntabile funzionaria della Direzione regionale delle imposte, a tenere le fila. Era lei, Maddalena Vilella, adesso in carcere, a sistemare la benda sugli occhi del piccolo Matteo che adesso fa la seconda elementare, su quelli di Giorgio, dell'altro bambi- Una bambina bendata riuscì per due volte a fare una quaterna In premio ricevevano i giocattoli visti in tv no e delle due ragazzine, una oggi ha 13 anni, in modo che vedessero bene qual era il bussolotto «liscio» da estrarre. «Truffa del secolo», la chiamavano i grandi. Appena un gioco per questi bambini, tutti al di sotto dei 14 anni e quindi non punibili per legge. Perché inconsapevoli, perché erano solo l'ingranaggio di un meccanismo. «Perché i bambini sono prima di tutto innocenti», assicura il commissario Giovanni Pepe, che ha il nome come il protagonista di un film interpretato da Ugo Tognazzi e che in pochi mesi ha mandato a gambe all'aria tutta la truffa. «I bambini venivano allenati a saper riconoscere le palline, io avevo modo di portare le palline a casa e di farle vedere ai minori incaricati dell'estrazione», non nasconde più nulla Giuseppe A. Mentre rivela di quelle tombole famigliari, con i bussolotti più lisci e i pezzi di stoffa dentro, ognuno un numero diverso che tanto era lo stesso, erano sempre quelli, i numeri da imbroccare. Quelli giusti, quelli coperti dalla puntata, quelli che avrebbero fatto guadagnare milioni, centinaia di milioni. Zia Maddalena faceva tutto. Sistemava le bende senza coprire gli occhi, guidava le loro mani nell'urna girevole, li incitava ad allenarsi e poi portava ì premi. Piccole cose, qualche giocattolo tra i più visti alla tv, poche migliaia di lire. Un niente che dava di buon cuore, magari dopo un sorriso e un buf¬ fetto sul viso, una carezza e un gelato. Perché quei bambini sfruttati erano parte del capitale, erano la strada per il tesoro. Una delle due bambine, quella di 13 anni e biondina, m due occasio¬ ni diverse era riuscita ad imbroccare una quaterna. Uno dopo l'altra, senza esitazioni, aveva estratto i quattro bussolotti lisci, premiato i quattro numeri prescelti, gonfiato i conti in banca di tutta la «gang che vedeva coinvolti famigliari dei famigliari, amici degli amici», come scrive il giudice per le mdagini prelùninari Giuseppe Airò di Monza, quello che ha firmato l'ultima tranche degli ordini di custodia. E fa niente se nella gang erano entrati quelli della mala dei pugliesi, se erano arrivate le minacce, se anche i bambini erano diventati oggetto di pressioni da parte degli adulti. Come quella volta che nel negozio di idraulica di uno dei coinvolti nella vicenda, che al gruppo aveva messo a disposizione anche i suoi due figli minori per le estrazioni col trucco, erano arrivati due colpi di pistola nella vetrina. O se le minacce di morte, contro chi voleva tirarsi indietro, oramai si sprecavano. Adesso che nessuno poteva più fermare il gioco la corsa dei bussolotti nella ruòta della fortuna e le mani dei bambini bendati e allenati sul tavolo della cucina. [f.poLj

Persone citate: Giovanni Pepe, Giuseppe Airò, Maddalena Vilella

Luoghi citati: Cinisello Balsamo, Milano, Monza