Da ottobre a marzo, a cancelli chiusi, i 32 dipendenti lavorano senza sosta per preparare una scenografìa naturale unica al mondo di Gianfranco Quaglia

Da ottobre a marzo, a cancelli chiusi, i 32 dipendenti lavorano senza sosta per preparare una scenografìa naturale unica al mondo Da ottobre a marzo, a cancelli chiusi, i 32 dipendenti lavorano senza sosta per preparare una scenografìa naturale unica al mondo Sotto la neve mille tesori verdi Villa Taranto, cantiere botanico che non si ferma mai REPORTAGE I DEI GIARDINI D'INVERNO LVERBANIA A «Sequoia gigantea» si erge maestosa e folta a forma di cuspide contro il cielo grigio. Sotto, il prato lavato dalla pioggia e dal gelo sembra rabbrividire. Ma non l'albero, che appare forte, certamente più solido di quando, nel settembre 1965, Giulio Andreotti lo mise a dimora. Una sequoia, appunto, che sfida il peso degli anni e gli inverni. E, accanto alla sequoia andreottiana, il rododendro di Aldo Moro (1966). E i fusti, ormai adulti, tenuti a battesimo da Adenauer, Rognoni, Thatcher. Poi decine di altre piante, etichettati con i nomi di ambasciatori, capi di stato, regnanti. La «Davidia involucrata» fu messa a dimora da Don Jaime (Infante di Spagna) nel '38: è l'«albero dei fazzoletti» di spettacolare composizione durante la fioritura. I giardinieri, tutt'attorno, rastrellano il fogliame, qualcuno pota rami rinsecchiti. Più lontano i segni di un temporale estivo, con il fulmine che ha scavato un lungo solco nella corteccia del pino: sarà abbattuto, perchè così hanno deciso gli esperti dopo un carotaggio. Un frammento di storia che se ne va. Villa Taranto, uno dei giardini botanici più famosi d'Europa, in inverno è un cantiere silenzioso. Chiuso ai visitatori, • riaprirà a fine marzo-aprile. Ora sono i giorni del letargo, ma oltre i cancelli che s'affacciano sul Lago Maggiore c'è un'operosità intensa e febbrile. Sul campo e nelle serre. Perchè come dice il direttore Roberto Ferrari - la primavera arriva sempre presto e da tutto il mondo giungeranno i primi turisti, le scolaresche, per la visita guidata a questo paradiso terrestre sbocciato da un'invenzione del capitano scozzese Watson McEacharn, arciere della Regina d'Inghilterra, che nel 1931 acquistò la proprietà a seguito di un'inserzione apparsa sul «Times». E ogni anno la sfida di profumi e colori, lanciata dall'amministrazione dei Giardini Villa Taranto (presidente l'ingegner Sergio Baratti) si ripete e si rinnova, puntuale. Ma il segreto è custodito nell'autunno-inverno, sotto la pioggia o la neve, se arriva a corroborare il terreno. Quando si parla di giardini Villa Taranto occorre considerare un'area collinare di circa 15 ettari, con un patrimonio costituito da mille piante mai coltivate in Italia (complessivamente 20 mila varietà e specie). Per preservare tanta ricchezza botanica occorre una cura costante. Da ottobre a marzo, a cancelli chiusi, i 32 dipendenti (impiegati compresi) preparano come fossero sul set una scenografia naturale che poi dovrà essere rappresentata a 175 mila spettatori, a tanto ammonta il pubblico ogni anno. Il direttore, con il dottor Franco Caretti, assistente botanico, ci accompagna nell'itinerario invernale lungo i sentieri, fra conifere, aceri, piante tropicali: «Quella appena conclusa è stata un'annata difficile, con piogge di tipo monsonico che hanno eroso il terreno in alcuni punti. In altri ha provocato disastri. Non solo: siamo andati incontro a una stagione inver¬ nale molto rigida». La prima operazione da eseguire, in autunno, è sempre la verifica dello stato di salute delle piante, con l'ewentuale sostituzione là dove è necessario: «Negb. ultimi anni abbiamo notato una moria maggiore, e non escludiamo che abbiano influito le piogge acide». Poi il ricovero degli esemplari più sensibili: come le felci arboree australiane, estratte dal terreno, travasate in serra per essere riportate nei luoghi d'origine. E sotto le strutture riscaldate ha trovato riparo anche la «Coffea arabica» (la pianta del caffè), che espone già i frutti. C'è poi la Victoria Amazonica, una ninfea perenne che nei nostri climi ha però uno sviluppo annuale: da un seme a foghe di quattro metri di diametro, forti da sorreggere il peso di un bimbo. Scoperta nella Guyana inglese, arrivò per la prima volta a Villa Taranto nel 1956. Da allora ogni anno si ripete la coltivazione, partendo dal seme, la cui germinazione s'inizia in febbraio. Sembrano sonnecchiare alcuni esemplari, come l'Alocasia (Orecchie d'elefante) e il banano, in attesa di pavoneggiarsi ai tepori dei prossimi mesi. Sotto le vetrate che trattengono calore interno e irradiano quello di un sole avaro, i giardinieri rinvasano, riproducono dalie, ibiscus, controllano lo stato di salute e vegetativo. Per arricchire il terreno utilizzano concimi organici (guano) e di sintesi (composti). Accanto agli interventi degli esperti in botanica, è sempre indispensabile la manualità: come nella rotazione delle aiuole, vangate per 25 giorni. E', questo, uno dei momenti a cui si attribuisce particolare importanza. A fine aprile, infatti, l'immenso giardino dovrà essere pronto con una scenografia trionfale: 80 mila bulbose fiorite (tulipani, narcisi, crocus). Profumi e colori per una settimana, durante la quale saranno regalate ai visitatori cinquemila fucsie. Ma in questi giorni ci sono già presagi di primavera: sbocciate alcune delle 8 mila viole, in fiore la «camelia sasanqua» che resiste all'aperto e sfida l'inverno. Nella palazzina accanto alla villa principale (oggi sede della prefettura) tremila volumi scritti in inglese sulle varietà botaniche: in primavera e in estate arrivano studiosi e ricercatori da tutto il mondo per consultarli. Gianfranco Quaglia Sotto e a fianco alcune immagini di Villa Taranto durante l'apparente letargo invernale Sono mediamente 175 mila all'anno i visitatori del giardino botanico che s'affaccia sul Lago Maggiore

Persone citate: Aldo Moro, Franco Caretti, Giulio Andreotti, Roberto Ferrari, Sergio Baratti

Luoghi citati: Italia, Spagna, Taranto