Europa legata dai giochi di Bonn

Europa legata dai giochi di Bonn Europa legata dai giochi di Bonn Schroeder duro con VUe? Difende il governo LA NUOVA GERMANIA AL BIVIO FRANCOFORTE ■ segnali contraddittori di Bonn B sulla politica europea non devono essere scambiati per disinteresse, né soltanto come sintomi di un ritrovato orgoglio per gli interessi nazionali tedeschi. Il cancelliere Gerhard Schroeder ha sì ridimensionato nei giorni scorsi l'euroentusiasmo per il varo della moneta unica e il ministro delle Finanze, Oskar Lafontaine, ha addirittura preferito le vacanze con la famiglia alla celebrazione del varo dell'euro, ma nei mesi a venire il governo di Bonn non sarà affatto un giocatore distratto sul lavolo europeo. L'Europa è per Bonn una parte essenziale del gioco politico interno. Schroeder e Lafontaine sono entrambi abili nella tattica politica interna e sanno che dalla compatibilità della pohtica europea con i loro obiettivi politici nazionali dipende la sopravvivenza del loro governo. Un'insolita segretezza circonda alla cancelleria la questione della candidatura alla guida della Commissione europea. Si sa da mesi che un nome tedesco verrà avanzato, si tende ad ammettere che non sarà Lafontaine, ma si nasconde la carta decisiva. I consiglieri di Schroeder spiegano di essere rimasti scottati dal ministro francese per gli Affari europei, Pierre Moscovici, che appena conosciuta l'aspirazione di Bonn alla guida di Bruxelles ha bruciato il nome di Lafontaine rivelando tutto alla stampa. Il desiderio di guidare il massimo organo esecutivo europeo è dovuto a una serie di considerazioni: controllare l'integrazione economico e sociale europea è indispensabile per proteggere il modello tedesco caro all'Spd ed esposto alla competizione dall'estero; una guida socialdemocratica potrebbe compensare presso l'opinione pubblica il ricordo del «Grande europeo» Helmut Kohl; la sinistra tedesca teme che la riscossa della destra parta non tanto dall'euroscetticismo quanto dalla riscoperta dei principi localistici e di sussidiarietà; il candidato dell'opposizione più accreditato e temuto è il premier bavarese Edmund Stoiber che da sempre guida la campagna contro il centralismo e i poteri dell'Unione europea. Ma il punto più sottile e decisivo è che ogni riforma strutturale in Germania (fisco, pensioni, mercato del lavoro) deve al tempo stesso essere coordinata coi partner europei, per evitare pressioni competitive sul modello tedesco, e ottenere il consenso del Bundesrat, la Camera dei rappresentanti dei Laender. Storicamente i governi tedeschi hanno potuto contare sul consenso politico del Bundesrat (costituzionalmente indispensabile per approvare le riforme più importanti) solo un anno ogni sette e per un periodo in media di circa 1,5 anni. Schroeder si trova oggi in questa favorevole circostanza, ma non può scommettere su quanto durerà. Nei prossimi 14 mesi si terranno ben nove elezioni regionali, in otto delle quali 0 partito del cancelliere (Spd) è al governo. Se le elezioni andassero male per l'Spd, Schroeder perderebbe la maggioranza del Bundesrat nel canonico anno e mezzo. Proprio il mancato appoggio del Bundesrat a maggioranza Spd è stato causa della paralisi del vecchio governo che ha condotto alla vittoria di Schroeder su Helmut Kohl. Scommettere sull'appoggio incondizionato dei Laender al governo di Bonn è un errore che Schroeder ha già rischiato di pagare caro. A novembre Wolfgang Clement, premier del Nordreno-Vestfalia, il Land più popoloso del Paese, ha apertamente criticato la politica fiscale poco coraggiosa di Schroeder. Clement, indispettito anche da uno sgarbo personale, ha avviato un'azione politica per maggiori tagli delle tasse proprio insieme al peggior nemico del cancelliere, il bava- d rese conservatore Stoiber. Ancora a metà dicembre, Stoiber e Clement hanno cavalcato le richieste localiste dei Laender: «Perché devo aver meno voce in Europa di Vienna chiede Stoiber - se rappresento una popolazione del 50% più numerosa?». Clement vuole per le regioni l'accesso diretto alla Corte dei Conti europea e una redifinizione della sussidiarietà regionale. Al desiderio di Lafontaine di armonizzare tutto in Europa, Clement contrappone invece una schietta competizione tra regioni e Paesi. I nodi più sensibili riguardano però come al solito le compensazioni finanziarie tra Laender, per le quali i due maggiori Laender a guida Cdu (Baviera e Baden-Wuerttenberg) si sono rivolti alla Corte costituzionale, e i connessi rapporti finanziari con Bonn. Lafontaine, come a suo tempo Waigel, vorrebbe coinvolgere i Laender negli oneri di disciplina fiscale di Maastricht, senza toccare i rapporti tra un Land e l'altro, e beneficiando Bonn. Stoiber propone invece di dividere le competenze fiscali tra Bund e Laender: al primo le entrate delle imposte dirette, ai secondi quelle delle imposte indirette. Ma Lafontaine al tempo stesso deve spingere per un'armonizzazione proprio delle imposte indirette a livello europeo. Per Bonn è diventato r^iindi indispensabile recuperare risorse finanziarie per allentare le tensioni dei Laender e ha deciso di farlo a scapito del bilancio di Bruxelles. Nella tenaglia tra i Laender e Bruxelles, entrambi interlocutori indispensabili per il successo politico del Governo e per la sopravvivenza dell'attuale maggioranza al Bundesrat, Schroeder e Lafontaine hanno rapidamente capito di poter resistere soltanto controllando l'organo di Bruxelles che più spesso ha creato problemi di rigetto da parte delle regioni tedesche, appunto la Commissione europea. Carlo Bastasi)!

Persone citate: Carlo Bastasi, Edmund Stoiber, Gerhard Schroeder, Helmut Kohl, Oskar Lafontaine, Pierre Moscovici, Wolfgang Clement

Luoghi citati: Bruxelles, Germania, Vienna