Somalia, torna il tempo delle stragi di Domenico Quirico

Somalia, torna il tempo delle stragi I miliziani sparano a un posto di blocco su donne e bambini, mancava un lasciapassare Somalia, torna il tempo delle stragi Bazooka contro un autobus: dilaniate 28persone MOGADISCIO. La colpa era non avere chiesto l'autorizzazione per attraversare una fascia di territorio controllato dai rivali, forse non aver pagato la tangente per il lasciapassare. E' un reato grave perché incrina il codice feroce dei clan e delle tribù. Così a Baidoa, città strategica della zona centrale della Somalia a trecento chilometri da Mogadiscio, a un posto di blocco i miliziani hanno sparato con un bazooka contro l'autobus «pirata». Era carico di gente, vecchi donne bambini, che volevano raggiungere la capitale. Nessuno ci ha badato. Bilancio: una strage. Ventotto morti e un pugno di feriti tutti gravissimi. Proprio a Baidoa i signori della guerra che da otto anni sbranano il cadavere di questo ex Stato del Corno d'Africa avrebbero dovuto riunirsi per recitare uno scenografico abbraccio nazionale e porre termine a questa sanguinosa, infinita gazzarra. Lo avevano deciso, con robuste strette di mano, non più di 15 giorni fa al Cairo. In realtà non ci credeva nessuno: in questi otto anni gli accordi, naturalmente definitivi, sono almeno una ventina. Per qualcuno si è impegnata faticosamente anche la diplomazia italiana. Nessuno è mai stato applicato. Servono per fare bella figura presso il proprio clan, dimostrando che si è nel gruppetto di quelli che contano, e per poter rovesciare, dopo, sugli avversari, tonnellate di contumelie accusandoli di spergiuro. Intanto la guerra scintilla e scoppietta, torna a proporzioni antiche e a forme primitive. E la vita normale agonizza. Niente fotografa meglio la realtà della Somalia di quell'autobus ridotto in cenere, sbocconcellato dalla granata come le persone che trasportava. A Baidoa non si discute né si discuterà mai di pace: si combatte ferocemente tra la milizia di Aidid Junior, signore di un pezzo del Paese, e un'altra milizia, l'esercito di resistenza Rhanwein, che cerca di allargare il suo pezzetto. Il vaso di Pandora è ormai aperto: chi è in grado di richiuderlo? La Somalia non esiste più ma nessuno ha l'onestà di dirlo. Nessun cartografo ha il coraggio di infilare il bisturi nella mappa e cominciare a amputare, dividere i micro stati che hanno preso il posto dei vecchi confini. Ognuno dei clan si è disegnato una piccola nazione, come ai tempi delle orde che hanno preceduto quell'esotica invenzione, lo Stato unitario, portato dai colonizzatori ita¬ liani. Ogni clan protegge e nutre i suoi uomini e cerca di annientare i clan rivali. Attorno a questa topografia d'inferno (perfino la capitale continua a essere divisa in due), fioriscono piaghe che l'Egitto non si sarebbe mai so¬ gnato: economie criminali, traffici, speculazioni. Perché anche la miseria in Africa è un business. Ognuno si inventa unaa polizia, servizi telefonici (i cellulari sono più forti della guerra), una giustiza che spesso coincide con quella brutale dei tribunali islamici. Ma l'ipocrisia dei cartografi è poca cosa di fronte a quella della diplomazia. Anche le cancellerie fanno finta di non vedere che la cartina della Somalia è finta. Il problema della pacificazione del Paese è insolubile, oneroso, ad alto rischio? Bene: si agisce come se non esistesse. Nessuno muore più di fame come otto anni fa: allora tutto va bene. Un aiuto arriva dalle organizzazioni umanitarie: il rivoletto degli aiuti impedisce che l'indigenza diventi carestia, i capiclan possono continuare i loro traffici in pace. Il diritto alla rimozione è evidentemente più forte del diritto all'ingerenza. Domenico Quirico Miliziani appartenenti ad alcune fazioni somale

Persone citate: Aidid Junior

Luoghi citati: Egitto, Mogadiscio, Somalia