LA GIUSTIZIA FA I CONTI CON SLOBO di Enzo Bettiza

LA GIUSTIZIA FA I CONTI CON SLOBO IAFINEDEIMILOSEVIC LA GIUSTIZIA FA I CONTI CON SLOBO Enzo Bettiza /^ ON questa seconda disfatta ^-t di Slobodan Milosevic non crolla soltanto l'ultimo dei gran�di tiranni europei: crolla tutta una dinastia sinistra, dalle mani sporche di sangue e di saccheggi, contro la quale il nuovo e primo potere democratico serbo dopo 55 anni di governi comunisti sta già mettendo in moto un'azione di carattere penale. Il plebiscito che ha appena conferito alla coalizione guidata dal neopresi�dente Vojislav Kostunica la mag�gioranza assoluta nelle istituzio�ni parlamentari della Serbia si è abbattuto come una valanga sui partiti miloseviciani e sulle sorti della stessa famiglia Milosevic. Il partito ex comunista di «Slobo», ribattezzato socialista, che in 13 anni ha scatenato quattro aggressioni omicide con�tro i popoli dell'ex Jugoslavia, è sceso al livello impotente del 13 per cento contro i 65 e passa del cartello democratico Dos: 37 seggi in Parlamento contro 176. Il movimento pseudomarxista Jul, capeggiato da Mirjana Markovic, moglie di Milosevic, che forniva al regime ministri e tecnocrati mafiosi, non ha rag�giunto neppure l'I per cento. La stessa Markovic ha patito negli ultimi mesi gravi disturbi nervo�si. Il figlio dei Milosevic, Marko, non può più ritornare a Belgra�do, dov'è ricercato come tradito�re dalla mafia locale e come disertore dalle autorità militari. Dallo sfondo di una nemesi storica, che mette alle corde il più potente e losco clan balcani�co degli Anni 90, si staccano le parole di Njebosa Covic, vicino a Kostunica: «Bisognerebbe arre�stare Milosevic e tanti altri pri�ma di fine anno. Non dovrem�mo entrare da maledetti nel nuovo secolo». Anche il quadro politico gene�rale sta cambiando velocemente. Il cervello politico del cartello vincente, Zoran Djindjic, si pre�para ad assumere la carica di primo ministro del governo ser�bo. Sconfitti dalle urne scompaio�no totalmente dalla scena il «Movimento di rinnovamento serbo» e il suo camaleontesco leader Vuk Draskovic, che per qualche tempo avevano dato una mano al gruppo miloseviciano in difficoltà. Entreranno in Parlamento i movimenti dell'ultranazionalista Vojislav Seselj e del defunto capobanda Arkan, organizzatore e responsabile de�gli eccidi di Vukovar e di Bosnia, poi misteriosamente assassinato a Belgrado durante un regola�mento di conti politico-mafiosi: scorie del passato che la logica democratica parlamentare con�tribuirà forse a depurare o a spegnere. Intanto, mentre il Fon�do Monetario riammette la Jugo�slavia fra i suoi associati, cadono le teste del capo della polizia segreta Rade Markovic e degli ufficiali di stanza in Montene�gro, dove avrebbero dovuto gui�dare la truppa filoserba in un eventuale scontro con le milizie di Djukanovic. Unico neo in questa radicale ridistribuzione dei poteri resta il presidente della Serbia, Milan Milutinovic, ex fedele di Milose�vic. Ma del montenegrino Milu�tinovic, affiliato all'influentissima lobby montenegrina che a Belgrado segue sempre la corren�te, si dice che è «l'unico presiden�te al mondo che non s'immischia nei propri affari». Meno che mai cercherà d'immischiarvisi negli ultimi 12 mesi del suo mandato.

Luoghi citati: Belgrado, Bosnia, Jugoslavia, Serbia