«D' improvviso un boato pazzesco» di Rossana Rossanda

«D' improvviso un boato pazzesco» «D' improvviso un boato pazzesco» Una giornalista racconta cos'è successo Abbiamo chiesto alla giornalista del «manifesto» Daria Lucca, che era presente nella redazione del quotidiano romano quando la bomba è esplosa, di ricostruire i momenti dello scoppio e i soccorsi subito dopo l'attentato. Ecco la sua testimonianza. Daria Lucca Il RA mezzogiorno passato da poco. In redai zione c'erano una decina di persone. Ma^ riuccia Ciotta e Roberto Silvestri stavano chiudendo Alias, U, supplemento settimanale di cultura, costume e spettacoli. Siccome questo numero si occupa di agricoltura, nelle stanze in fondo al corridoio il cui muro confina con il pianerottolo c'era anche Giuseppina Ciuffreda. Con lei, due scrivanie più in là, Benedetto Vecchi. Mezzogiorno e un pezzetto, dunque. Un'ora border Ime, nel senso che sta per essere chiamata la riunione di redazione e dunque un'ora di arrivi affannati, dopo una mattinata in cerca di notizie. Chi va e chi viene. Silvestri, ad esempio, era già salito un paio di volte al quinto piano per parlare con i grafici. E ogni volta ridisceso, passando per la porta d'ingresso. Stefano Grippa, è entrato mezzo minuto prima dello scoppio, forse è stato l'ultimo a varcare l'ingresso. Ero arrivata da un quarto d'ora, il tempo di un paio di telefonate, un fax scarabocchiato e spedito al volo. C'era Roberto Landucci, redatto�re di economia. La nostra stanza è ima delle ultime sul lato opposto all'ingresso. Improvvisamente, un boato pazzesco, un rumore sordo, fortissimo. I muri e il pavimento hanno tremato. Un attimo, e già Tommaso De Francesco stava urlando: "Una bomba, una bomba". Per natura ed esperienza, tendo a minimizzare. Ma il botto c'era stato, eccome. Il corridoio si stava riempiendo di fumo. «E' stata una bomba al 'manifesto', non è mai successo in 30 anni», continuava a urlare Tommaso. Una volta raggiunto l'ingresso, qualsiasi dubbio era fugato. La porta era divelta, i calcinacci volati fino al divanetto solitamente usato per l'attesa dei visitatori. Il primo pensiero è stato: ci siamo ancora tutti? Mi sono guardata intomo e ho visto Giuseppina, poi Mariuccia. E Riccardo Barenghi. Come tutti noi, il direttore era scosso. Anche perché dal fumo, più forte sul pianerotto�lo, si è alzata subito una voce. «Aiuto, aiutate�mi», un lamento angosciante, soprattutto per l'ansia che fosse qualcuno del giornale, un amico, un collega. Mezza dozzina di telefonini hanno cominciato la trafila per i soccorsi, chiamando prima le ambulanze e poi la polizia. Dal quarto piano, dove ha sede l'ufficio pubblicità, stava scendendo Maurizio Ferrini. Dall'interno, con un apprezzabile gesto di solida�rietà verso un ferito, è uscito Benedetto. A terra, davanti ai due ascensori (imo è dà mesi fuori uso) c'era un uomo sanguinante, un uomo con una gran massa di capelli ingrigiti dalla polvere. Aveva le gambe squarciate, il sangue sgorgava a fiotti. Benedetto, Maurizio e il caporedattore Roberto Zanini che è stato sorpreso dal botto mentre scendeva le scale, hanno cercato di soccorrerlo, Maurizio gli ha persino legato una cinghia intomo alla coscia, per bloccare l'emorra�gia. All'interno, i danni erano evidenti. Nella stanza di Giuseppina, che confina con il pianerot�tolo, un armadio di ferro pencolava pericolosa�mente sui loro tavoli. Le finestre dei bagni erano in mille pezzi, le intelaiature strappate dall'onda d'urto. Il salone dell'archivio era quello forse più malridotto. Sventrata, l'ex porta ora diventata un tramezzo, dirimpettaia dell'area dove è avvenuta la deflagrazione, è crollata a terra. Fortunatamente, le ragazze erano dal capo opposto della stanza. Poi, sono arrivati gli artificieri e ci hanno obbligato a lasciare il giornale. Valentlno Parlato e Rossana Rossanda