«Vostro figlio è solo un malato immaginario» di Vincenzo Tessandori

«Vostro figlio è solo un malato immaginario» «Vostro figlio è solo un malato immaginario» Igenitori di due soldati morti: cos�ci risposero i medici Vincenzo Tessandori inviato a NUXIS (Cagliari) Quando si comincia a fare i conti è già troppo tardi. Uno, due, quattro morti di leucemia; altrettanti malati e l'ultimo caso è stato raccontato ieri pomeriggio, qui a Cagliari, da un ragazzo di 23 anni che abita in un paese dei dintorni. Fra maggio e giugno '99, ha detto, era primo caporalmaggiore in Macedonia, accompagnato dai sogni e dalla soddisfazione di fare qualcosa di importante. Poi, a dicembre, dopo setti�mane d'inferno e di pau�ra, quella che ha il gusto amaro di una condanna: la diagnosi parla di «mor�bo di Hodgkin», un femo�re straziato, un ciclo di cobalto. E il domani fo�sco. Militari, tutti, anzi il fior fiore dei soldati, giova�notti dal fisico atletico e con una voglia disperata di vivere. Ma poi vedi la foto di un volto scavato, le occhiaie profonde, la disperazione negli occhi. La stessa che c'è, ora, in quelli di suo padre, il maresciallo dei carabinieri Vacca Giuseppe, per 15 anni comandante della stazione di Nuxis, silenzioso paese del Sulcis, ordinato, dove i cartelli stradali indicano il cimitero, la banca, il centro.. Lui, il maresciallo, aveva giurato di essere «fedele nei secoli» : ma ora dà l'impressione di non sapere più che cosa pensare. Salvato�re, suo figlio, è stato portato via dalla malattia, il 9 settembre '99. Aveva sempre preso la vita di petto, col sorriso sulle labbra. «Lo trovi da sé», mi dice sua madre. La sorella: eravamo cstressati. M«Vuole lei noi parenti onsiderati i chiesero: l camice?» Peppina Secci, indicando ima foto di grup�po: sono 36, ordinati come le grandi squa�dre di calcio, su un prato, ed è in Albania: il solo che sorrida è lui, un metro e 78 centimetri, 74 chili, la passione per il calcio, un diploma da geometra e la certez�za di aver trovato nell'esercito quello che ti promettono quando metti la firma: un futuro certo fira gente perbene. Era stato fta i migliori, nel corso, per diventare effettivo. Ma i colori sono cambiati, all'im�provviso, non più il rosa della speranza e neppure il grigioverde, ma il grigio tene�bra. Con pudore, fra mille imbarazzi, ti raccontano la storia di questo loro ragazzo che ha lasciato un vuoto che vedi con i tuoi occhi. C'è la camera, ancora come quando c'era lui, linda, ordinata, le foto alle pareti, i due letti affiancati e in uno, quasi nascosta con la trapunta di scozzese azzurro, dorme Giuba, che ha un anno e mezzo ed è la sua nipotina. La casa è grande, moderna: dove�va essere per tutti, e ora sembra vuota, senza quel giovanotto. Ti parlano di un calvario durato mesi, di quel giorno che lui, ormai febbricitante, sarebbe dovuto tornare in Bosnia, ma quando arrivò alla caserma Monfenera di Cagliari gh dissero che l'aereo era già partito e così, con altri sei commilitoni, rimase tutto il giorno in attesa di ordini. Ma, forse, l'ordine era quello di non farlo tornare in «zona di guerra». Perché ormai si erano resi conto della malattia, dice sua madre, e lo dice la sorella, che ha 26 anni. E lo dice anche suo padre, che non crede più a certe cose. «Ci raccontavano che era un malato immaginario», sospira Claudia. Co�sì, per mesi, con la convinzione di curare un simulatore. «Noi, i parenti, eravamo considerati "stressati". Un giorno mi hanno detto: "Signorina, vuole lei il camice?". E noi eravamo disperati». Poi, il 7 luglio, quel ragazzone ormai scheletrito è crollato a terra, il 18 agosto è stata decisa finalmente un'analisi del sangue. «E si sono accorti che i globuli bianchi erano diventati un oceano», sospira la ma�dre. «Un giorno gh aveva�no domandato se si fosse esposto a radiazioni e lui non lo sapeva, cos�ne ha parlato con il medico. Che mi ha detto: "Oggi suo figlio mi ha sparato un'al�tra cazzata". Lo sa che ci voghono trent'anni per�ché si sviluppi la leucemia?». Ma ormai non c'era più tempo, lui era diventato quasi invisibile, quand'è morto. «E ora dicono di essere stati vicini al ragazzo, alla famiglia: ma non è vero», dice il marescial�lo Vacca. E sul tavolo appoggia due attesta�ti che il suo ragazzo si era guadagnato, come si dice, sul campo: un apprezzamen�to per la partecipazione all'operazione , «Constant Jorge», e l'altro, con medagha, per «il servizio reso nella ex Jugoslavia». E ora, che cosa rimane? Una causa legale e l'ostilità di quello che si potrebbe chiamare «sistema», indivisa, stavolta. Anche Giuseppe Pintus era un atleta e l'avevano messo nei bersaglieri, militare di «Era sempe chiese iLo mandain fase te re debole congedo ono a casa rminale» leva, racconta il fratello Gianni: «Quando scoppiò la guerra del Golfo fu mandato a Capo Teulada perché, dissero, si temeva un colpo di mano degli iracheni. Lui aveva in dotazione la tuta Nbc (Nucleare, batteriolo�gico, chimico), quella con la maschera. E lui, quella maschera, l'aveva sempre addos�so. Si ammalò, quando finalmente fecero la diagnosi avevano appena scoperto che i globuli bianchi erano in un numero stermi�nato. Era diventato verdastro, nessuno venne a trovarlo. Lui era convinto che i proiettili a carica cava, che pure il suo reparto aveva in dotazio�ne, contenessero l'uranio impoverito. Era diventata la sua ossessione, quella. Quando cap�che non sa�rebbe guarito, inoltrò ima domanda nella quale spie�gava di aver contratto la leucemia per cause di ser�vizio. Venne respinta. Avrebbe dovuto essere congedato nell'otto�bre del '91, lo fu nel settembre '93, quando la malattia era in fase terminale». Anche questa storia si è fermata all'uni�co approdo che pare possibile: una causa davanti al Tar. «I militari smentiscono aggiunge Gianni Pintus la presenza del�l'uranio. Il fatto è che mio fratello nel maggio '91 donò il sangue ed era tutto nella norma, in agosto crollò in mensa, la diagno�si che arrivò dall'ospedale oncologico fu di "leucemia acuta linfoblastica". Possibile che in tre mesi sia successo tutto quello che è successo? Abbiamo chiesto i suoi vestiti per farli analizzare: non ce li hanno dati. Ma con chi dobbiamo combattere?». La sorella: noi parenti eravamo considerati stressati. Mi chiesero: «Vuole lei il camice?» «Era sempre debole e chiese il congedo Lo mandarono a casa in fase terminale» Una base Nato In Italia: vi sarebbero custodite armi all'uranio impoverito

Persone citate: Constant Jorge, Gianni Pintus, Giuseppe Pintus, Hodgkin, Peppina Secci, Sulcis, Vacca Giuseppe