«Ho visto tutti quei fili, ho avuto paura»

«Ho visto tutti quei fili, ho avuto paura» «Ho visto tutti quei fili, ho avuto paura» Il custode: ho capito che non era la solita borsa dimenticata testimonianza Slmmm MILANO CAPO, ho trovato una cosa strana, quassù. Venga lei a vedere. E' una borsa, però ci sono dei fili strani». Ehhh, sarà la solita borsa smarrita, la apri e dentro c'è la bottiglietta di minera�le, i fazzoletti di carta e la guida di Milano in giapponese. Ma persino il custode, uno dei tre di turno sul tetto, davanti alla borsa scura ha esitato. Aprirla? «Chiamiamo il caposervizio». E così, nell'aria frescolina che tira quassù, ottanta metri sopra le teste che passeggiano sulla piazza, i tre addetti aUa sorveglianza e l'operaio hanno pensato che era il caso di avvisare il signor Maspes. Il signor Maspes ha fatto quello «che faccio di routine; telefonare al commissariato San Sepolcro. Loro vengono, controllano e se ne vanno. Sapesse quante volte li chiamo...». Ma poi al San Sepolcro non rispondevano, e i minuti passa�vano, «e allora ho chiamato il "113"», perché da quassù i tre custodi continuavano a chiamare,, «capo, non è la solita borsa». E l'operaio batteva i denti, ma non dal freddo. «Quante volte ci abbiamo scherzato... C'è la bomba, c'è la bomba... e io che l'ho persino presa in mano». Ma chi lo sapeva che era la volta giusta. Osvaldo Maspes, caposervizio della Fabbri�ca del Duomo, ovvero responsabile della sorveglianza e dell'organizza�zione intema, si stringe nel cappot�to blu e sbuffa: «Ogni tanto mi squilla il telefono e una voce dice "abbiamo messo uria bomba in Duomo". Falso allaime, ma intan�to tu devi chiamare la polizia e aspettare che abbiano guardato dappertutto. Di solitq non c'è, tant'è che ormai queste còse le prendiamo così, à cuor leggero». Ieri idem, non fosse stato per i fili. «Di borse con i fili non ne abbiamo mai trovate. Pistole sì. Un bel revolver, mi ricordo ancora quel giorno. E un coltello, bello grosso», ricorda il signor Maspes. Non si sa se per dimenticanza, o per supremo atto di rinuncia al mestiere di rapinatore. Perché il Duomo è aperto, né più né meno che la stazione Centra�le. Ci entrano i devoti, per una candela da accendere davanti alla Madonna del Latte e via. E i turisti, guida in testa, comitive di cinquanta persone al colpo, ameri�cani e giapponesi per lo più. Barbo�ni, povera gente che almeno si ripara dall'aria gelata. E le vec�chiette che pregano il beato cardi�nale Schuster, quello che trattò con Mussolini la sua uscita da Milano. E i rapinatori di vecchiet�te, che si siedono nel banco e le convincono a vuotare il borsellino. Spacciatori, pure. Non c'è posto migliore, la penombra di una nava�ta, l'angolo del confessionale, un rapido passaggio soldi-dose e via, dopo il segno di croce che inganna i custodi. Finché l'Arciprete don Angelo Maio non decise che era ora di finirla. Il Duomo di Milano è luogo sacro, fuori i ladroni. Il sindaco concesse una ronda di polizia municipale. Ma sotto, per�ché «sopra» è roba dei custodi della Fabbrica. Sopra fa freddo, «peccato non sia una bella giornata. Se è sereno s�vedono le Alpi venete, la Grigna, il monte Rosa... Ma a Milano non è quasi mai bello», il massimo che si vede è la gente che cammina a mò di formica. Il tram che passa in fondo alla piazza. Il patinoire gela�to, gli alberi di Natale, il buco della metro che scarica persone, perso�ne, persone. L'insegna della Banca Commerciale, l'ingresso della Gal�leria. Più le facce di chi sta seduto al caffé della Rinascente, il prezzo di un cappuccino e ti godi al meglio la fantastica torta di nozze che è il Duomo. «Una cava di marmo vesti�ta da sposa», l'ha definita qualcu�no. Bianca e splendente, angeli sospesi nel vuoto, cariatidi con la faccia ingrugnata, santi seminudi con il mantello svolazzante, mo�stri ghignanti. Turisti che si fanno le foto «e per favore inquadra anche la Madonnina». Più uno che posa una borsa, e se ne va.

Persone citate: Angelo Maio, Maspes, Mussolini, Osvaldo Maspes, Schuster

Luoghi citati: Milano