IL MITO DELLE VETTE IN CELLULOIDE di Enrico Camanni
IL MITO DELLE VETTE IN CELLULOIDE IL MITO DELLE VETTE IN CELLULOIDE Omaggio all'attorce regista Luis Trenker Dal 15 dicembre mostra alMuseomontagna Si apre al pubblico venerd�15 dicembre al Museo Nazionale del�la Montagna, via G. Giardino 39, la mostra «Il mito della montagna in celluloide: Luis Trenker» che rac�coglie manifesti, documenti e vi�deo dedicati al grande regista-atto�re. La rassegna durerà sino al 16 aprile 2001 e sarà visitabile tutti i giomi (ore 9-19), compresi i festi�vi. Ingresso: IO mila, .ridotto 7 mila, soci Cai 5 mila. CHI ha fatto grande il cinema di montagna? Luis Trenker. Chi è stato l'ultimo regista della montagna a soggetto? Sem�pre Luis Trenker, al secolo Alois Franz Trenker, nato a Ortisei nel 1892 e morto nel 1990, dopo cent'anni di vita straordinaria e appassionata, tutta divisa tra il cinema e l'alpinismo, politica�mente offuscata da ideologie for�ti ma artisticamente chiara nel progetto e nello stile. In realtà Trenker non ha «in�ventato» il cinema di montagna, ma ha portato a pieno compimen�to quel filone molto tedesco, il «Bergfilm», cresciuto nel primo dopoguerra sotto la guida del maestro Arnold Fanck, sviluppa�tosi con il talento di Leni Riefenstahl, affermatosi sotto l'ombra del regime nazista e dispersosi in mille rivoli, tra nazionalismo e retorica; prima che sópraggiungesse una nuova guerra mondiale a cancellare le migliori intuizio�ni. Attore, regista e produttore, Trenker ha sviluppato per mezzo secolo l'idea della montagna eroi�ca e liberatrice, lasciando capola�vori come «Montagne in fiamme» (1931), fedele rappresentazione della folle guerra combattuta (lui stesso fu un protagonista) sulle Dolomiti di Cortina, «Il figlici prodigo» (1934), affascinante pa�rabola sul significato di patria («beimat»), o «La grande conqui�sta» (1937), ricostruzione roman�zata della famosa lotta tra Whymper e Carrel per la scalata del Cervino. Certe scene in parete non sono state ancora eguagliate, nonostante i sofisticati mezzi del�la moderna cinematografia. Figlio di una terra passata all'Italia dopo la Grande Guerra, ma da sempre rivolta più al mondo tedesco che a quello italia�no, Trenker si è mosso con gran�de disinvoltura tra due realtà e due culture, adeguandosi ai cam�biamenti politici, viaggiando tra Roma e Berlino durante il Venten�nio, lavorando a New York e a Tirrenia (la città del cinema volu�ta dal fascismo), orbitando tra Tirolo e Germania, senza mai tuttavia sacrificare i profondi legami che lo stringevano alla Val Gardena. Le Dolomiti sono rima�ste al centro del suo universo simbolico e la montagna ha vinto anche quando, come nella famo�sa scena del «Figliol prodigo» in cui le Torri di Sella si trasforma�no nei grattacieli di New York, sembra che la metropoli emergen�te debba sommergere i valori e le tradizioni del passato. È il para�digma di tutto il suo pensiero. A dieci anni dalla sua morte, là mostra del Museo-nazionale della Montagna si propone di riunire i due grandi ambiti culturali del regista, quello tedesco e quello italiano, grazie alla collaborazio�ne con Stefan Kònig, il più autore�vole depositario dell'opera di Lu�is Trenker. La mostra del Monte dei Cappuccini esamina la com�plessa figura del regista e dell'at�tore attraverso una vasta scelta di materiali espositivi, in parte inediti ò sconosciuti: manifesti, fotografie, documenti, interviste, testimonianze, vecchi promo del�le pellicole, assaggi cinematogra�fici. Nella prossima primavera è prevista un'ampia retrospettiva del cinema di Trenker e si potran�no gustare per intero i suoi bian�chi e neri. Enrico Camanni II manifesto per il film «Il prigioniero della montagna» del 1955 «I cavalieri della montagna», affìche in francese firmato da Boris Bilinski per il film di Mario Bonnard del 1930
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