IL REDDITO CRIMINALE di Giulietto Chiesa
IL REDDITO CRIMINALE ONU IMPOTENTE. IL CASO DELLA RUSSIA IL REDDITO CRIMINALE Giulietto Chiesa LA convenzione dell'Onu contro il crimine organizzato transnaziona�le è un atto importante, un passo avanti, forse una svolta nella consapevolezza internazionale delle trasformazioni e potenza del crimine globale. Eppure non si sfugge all'impressione del piccolissimo passo di una tartaruga di fronte alla tremenda velocità di AchilleSpectre. Qui il paradosso di Zenone non funziona. Solo un piccolo gruppo di una quarantina di Stati può, già oggi, contrapporsi (non vincere) al crimine organizzato sovranazionale. È il grido di dolore emerso dalla gran parte degli interventi ascoltati a Palermo. Ma anche i potenti appaiono impotenti. Dei mille miliardi di dollari che si muovono ogni giorno lungo le autostrade telematiche, tra il sei e il dieci per cento (secondo diverse, autorevoli, stime) è fuori controllo, cioè molto probabilmente di origine criminale. Un crimine transnazio�nale cos�potente può non solo trasformare un intero Paese in propria agenzia cÙ rappresentanza, ma può pagare con campagne elettorali in qualunque Paese, può intimidire, corrompere dovunque, organizzare assassinii cos�come campagne di calunnie per demolire personalità, imprese, banche, istituzioni pubbliche e private. La Convenzione di Palermo fissa nuovi principi, ma lascia fuori non a caso e non per colpa dell'Onu i nodi principali. I cavalli di Troia sono più numerosi dei troiani anche delle cittadelle dello Stato di diritto. Come scriveva Jonathan Winer (vice-assistente del segretario di Stato Usa per la lotta contro la droga) «le élite dirigenti diventano sempre più legate a, parte di, in mano di, condizionate da, redditi criminali». Nel caso della Russia, divenuta in questo decennio il più colossale luogo di produzione, passaggio, interazione, riciclaggio del crimine organizzato, la corruzione è cresciuta al punto che diventa sempre più problematico distinguere fra criminali, business-men e funzionari pubblici che dovrebbero combatterli. Eppure, tutto ciò non è avvenuto nel vuoto pneumatico. Tra il 1992 e il 1998 (e probabilmente continua tuttora), ogni anno da 10 a 15 miliardi di dollari partivano dalle banche newyorkesi verso la Russia. Cera qualcuno, nel governo Usa, che avesse un'idea precisa di dove andava quell'enorme quantità di denaro, a chi, per quali scopi? E perché è finita nel nulla l'indagine sul riciclaggio (nelle banche Usa) di 15 miliardi di dollari, di cui 5 del Fondo monetario internazionale, provenienti dalla Russia? E, più in generale, quanto tempo occorrerà alle capitali dello Stato di diritto per regolare i rapporti delle loro istituzioni finanziarie (e di quelle sovranazionali che da loro dipendono) con i paradisi off-shore e con i 500 miliardi di dollari circa esportati dalle oligarchie criminali russe (cui si aggiungono le migliaia degli altri regimi criminali)? Oppure dobbiamo concludere che nemmeno le grandi democrazie possono più stabilire regole? Cioè, come si sospettava, che Achille ha già attuto la tartaruga.
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