L'AMERICA DEI 4 PARTITI

L'AMERICA DEI 4 PARTITI BUSH-GORE, INOPI VENGONO AL PETTINE L'AMERICA DEI 4 PARTITI Claudio Gòrller UNA trentina di anni or sono ero ospite a Harvard di David Riesman, uno dei maggiori sociologi americani del secolo, autore del classico La folla solitaria, un titolo divenuto proverbiale. Riesman, discutendo con me della politica negli Stati Uniti, previde che, entro la fine del secolo, si sarebbe arrivati precisamente ai punto di non ritorno cui stiamo ora assistendo con il caso, non si sa se più drammatico o grottesco, Bush-Gore. Raccontai del mio incontro, sul Corriere della Sera, e so bene che le previsioni di Riesman sembrarono le inconsistenti fantasie di un guru radicale, o per lo meno liberale. Riesman non attribuiva i motivi di una futura, anche se ancora remota, crisi al sistema elettorale, ma fondamentalmente alla crisi di entrambi i partiti, a suo parere ormai mummificati e privi della capacità di rinnovarsi, specie di fronte al peso crescente dei gruppi di pressione (neri, donne, immigrati, omosessuali). II disamore per la politica, studiato di recente e discusso anche sulla stampa americana, che coinvolge soprattutto le giovani generazioni, il peso degli interessi economici con relativi finanziamenti (persino alcuni settori repubblicani hanno sollecitato una sorta di/wr condicio) si riconducevano, dunque, a quella crisi. Aggiungiamo un altro dato di fatto, ormai accettato dalla maggior parte dei politologi americani: i paniti sono almeno quattro. I democratici del Sud e quelli del Nord, dell'Est, dell'Ovest, e specularmente i repubblicani, sono profondamente diversi, spesso antagonistici. Molti candidati democratici del Sud hanno esplicitamente dichiarato che non avrebbero sostenuto Gore, il quale ha perso addirittura il suo Tennessee. Alle primarie, la candidatura del democratico Bradley, il quale aveva a suo tempo vanamente tentato di dar vita a un terzo partito, è naufragata in larga misura per l'opposizione dei democratici conservatori. In pieno New Deal, il presidente Roosevelt non mosse un dito per abolire la segregazione razziale, perché gli serviva l'appoggio dei democratici del Sud, segregazionisti convinti. All'oppo�sto, il senatore repubblicano Joseph McCarthy, inquisitore quasi ossessivo della minaccia comunista, fo letteralmente distrutto da un voto di censura delSenato, che vide in prima fila i rappresentanti del Sud, i quali consideravano lui, uomo del Wisconsin, ossia del Middle West, troppo liberale, o almeno indifferente, sul problema razziale. Ora i nodi sono venuti al pettine, e il nuovo Presidente degli Stati Uniti dovrà fare i conti con le grandi macchine partitiche, prive della compattezza dei loro corrispettivi europei. Non solo lui, ma tutti i politici americani. Saranno capaci di venirne a capo? Ecco una domanda da cinquantamila dollari.

Persone citate: Bush, David Riesman, Joseph Mccarthy, Riesman, Roosevelt

Luoghi citati: America, Stati Uniti, Tennessee, Wisconsin