L'800 inventò il Medioevo

L'800 inventò il Medioevo L'800 inventò il Medioevo Dair«Ettore Fieramosca» del D'Azeglio air«Adelchi» manzoniano: gli anni «bui» in salsa risorgimentale CI E' gente che pur di tuffar�si in un passato irrimedia�bilmente perduto e farlo proprio finisce con l'inven�tarsene uno. Questo può accadere anche nella vita dei popoli e fini�sce col produrre periodi ^he s'inna�morano perdutamente di determi�nati, precedenti periodi: l�preten�dono di rispecchiarsi mentre, in realtà, stanno solo attingendovi. Recuperando, più o meno capric�ciosamente, tratti funzionali ad attualissime ed interessate rico�struzioni di identità. Marc Blocb coglie questo procedere nella sua «Apologia della storia» quando scrive che «i periodi più legati ai passato furono anche quelli che Si presero maggiori libertà con il preciso retaggio di esso. Quasi che... a forza di venerare il passate fossero naturalmente portati d inventarlo». Un caso esemplare denso di implicazioni per le nostre vicende non solo politiche ma anche cultu�rali è l'invenzione del Medioevo nei primi decenni deirottocemo. Fenomeno che dilaga in quasi tutti i paesi europei e che nella nostra Penisola finisce con l'avere ripercussioni strettamente intrec�ciate alle vicende dell'unificazione nazionale. Soprattutto nella fase in cui questa scommessa, pur non ancora concretamente in corso d'opera, si intravede sempre più distintamente all'orizzonte. Tra il 1830 e il 1840 ripescando attorno ad un Medioevo ampiamente rima�neggiato e riplasmato in funzione della contrapposizione alla domi�nazione straniera escono a raffi�ca romanzi storici e composizioni poetiche, libretti d'opera e raffigu�razioni pittoriche. Compongono un cibo culturale di cui come ricostruisce con accurata intelli�genza Alberto M. Banti nel suo «La nazione del Risorgimento» si nutrono voracemente gli adole�scenti e i giovani di buona fami�glia protagonisti dei primi passi del processo di uaità nazionale. L'elenco di queste pietanze medievaleggianti rimaneggiate in sal�sa risorgimentale sarebbe lungo: i lettori di qualche età certamente rammenteranno perché erano tra le letture canoniche imposte a scuola tra i romanzi r«Ettore Fieramosca» e «Niccolò de' Lapi» del d'Azeglio, «L'assedio di Firen�ze» del Guerrazzi. Tra le tragedie il «Giovanni da Precida» e r«Arnaldo da Brescia» del Niccolini, la «Francesca da Rimmi» di Pellico, il «Conte di Carmagnola» e 1'«Adel�chi» di Manzoni. Senza scordare ovviamente la «Battaglia di Legna�no» dove il buon Salvatore Cammarano porge a Verdi le parole per l'opera che dopo poche battute s'apre col coro «Le bandiere in campo spiega/ 0 Lombarda invitta Lega/ E discorra un gel per l'ossa/ al feroce Barbarossa». Parole che ovviamente, nella prima rappresentazione, avvenu�ta a Roma, al teatro Argentina il 27 gennaio 1849, avevano un signi�ficato ben diverso da quello che qualche frastornato nostro contemporeaneo potrebbe presume�re. Ma nel Medioevo reinventato e paracadutato dentro l'Ottocento non scorrazzano solo scrittori e pittori, librettisti e musicisti: ci si imbatte anche in monarchi che qualche ruolo avranno nelle vicen�de della nostra storia patria. Come dimostra l'incantevole libro di Re�nato Bordone, «Lo specchio di Shalott. L'invenzione del Medioe�vo nella cultura dell'Ottocento» nell'ampia parte del volume dedi�cata a ricostruire il «sogno medie�vale nel Piemonte sabaudo». In queste pagine seguiamo i primi passi di un Carlo Alberto che diciassettenne produce quella doz�zina di paginette sulla storia di Casa Savoia in cui, soffermandosi sul matrimonio tra Oddone e Ade�laide di Susa, vi rinviene il destino «italiano», già incastonato dentro i secoli medievali, della dinastia: in contrapposizione all'esaltazione delle radici sassoni a cui» hanno fatto sino allora riferimento i cugi�ni regnanti. Altra scheggia dei secoli trascorsi paracadutata nel Piemonte sabaudo da Carlo Alber�to è il riordino del parco di Racconigi affidato nel 1820 all'architet�to Xavier Kurten secondo una visione di totale medievahzzazione. Una trasformazione sintonica a quella che sta avvenendo in quei primi decenni del secolo in molte magioni d'Europa e che Virginia Woolf, in «Orlando», descrive con pochi, magici tratti: «Case che finora erano state di nuda pietra apparvero soffocate sotto la verzura. Non c'era giardino, per quanto severo fosse il suo primitivo dise�gno, il quale non avesse il suo folto d'alberi, la sua foresta vergine in miniatura, il suo labirinto. La luce che filtrava nelle camere dove i bimbi aprivano gli occhi alla vita non poteva essere che di un verde discreto, e la luce che penetrava nelle stanze dove vivevano gli adulti giungeva attraverso cortine di felpa violacea o marrone...». Ma è con ulteriori invenzioni che la saldatura tra passato e presente si fa pressante: dalla riproposizione di tornei e balli ispirati a temi medievali all'esaltazione del perso�naggio storico del Conte Verde (vale a dire Amedeo VI) come principe cavalleresco «nemico d'ogni viltà, fiero contro ogni in�ganno» al quale Carlo Alberto, alla ricerca di un palese parallelismo di vite, dedica un vero e proprio culto. Quello istituzionalizzato con la creazione degli ordini del Cigno Nero e del Collare dell'An�nunziata. Un'identificazione tra Carlo Alberto e il Conte Verde che porterà il re sabaudo a riutiliz�zare il motto del suo avo, in francese antico, «J'atans mon anstre», come proprio. Come spiegano Renato Bordo�ne e Elena Dellapiana in un saggio del 1997 apparso sul «Bollettino storio-bibliografico subalpino» tappa fondamentale in quest'ope�ra di riappropriazione del passato medievale in funzione politica è l'interesse che il re sabaudo dispie�ga verso l'abbazia di San Michele della Chiusa (la Sacra di San Mi�chele) in contrapposizione all'ab�bazia di Hautecombe in Savoia che ha fatto sino allora da sacrario alla dinastia. Il recupero e la ristrutturazio�ne della Sacra di San Michele, il trasferimento di rehgiosi rosminiani dell'Istituto della Carità, il progetto di traslarvi le salme dei reali che riposavano nel Duomo: questi i punti fondamentali di un disegno scopertamente politico per cui San Michele in perfetta speculare contapposizione con Hautecombe «sarebbe diventato il simbolo dei Carignano, dinastia italiana, rivolta verso l'altro ver�sante delle Alpi». Sigillo medieva�le, e dinastico, apposto sul cuore dell'unificazione ormai prossima a farsi. DA LEGGERE Renato Bordone Lo specchio di Shalott Liguorì, Napoli 1993 Alberto M. Banti La nazione del Risorgimento Einaudi, Torino 2000 Massimo d'Azeglio, autore di «Ettore Fieramosca»