«Indagini a senso sul delitto Impastato» di Francesco La Licata

«Indagini a senso sul delitto Impastato» LE VERITÀ' DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA «Indagini a senso sul delitto Impastato» retroscena Francesco La Licata ROMA LE indagini sulla morte di Peppi�no Impastato militante di Democrazia Proletaria ucciso a Cinisi nel 1978 furono condotte a senso unico, con l'intento cioè di escludere a priori la pista mafiosa. Perquesto venne accreditata imme�diatamente l'ipotesi del suicidio o, in alternativa, quella dell' «inciden�te sul lavoro» occorso ad un terrori�sta di sinistra che si accingeva a compiere un attentato dinamitardo sulla linea ferroviaria del suo paese. E poco importa se, solo qualche mese prima, gli stessi carabinieri di Cinisi avevano escluso la «pericolosi�tà terroristica» del gruppo di Impa�stato. A questa «verità» (dopo 21 anni durante i quali i familiari e gli amici della giovane vittima non si sono mai arresi) è giunto il comitato della Commissione Antimafia incaricato di «rileggere» l'intera vicenda per approfondire il comportamento a suo tempo tenuto da investigatori e magistratura. La relazione definitiva, approva�ta dal "Comitato Impastato" (coordi�natore Russo Spena, membri Figurelli. Fiorino, Miccichè, Rizzi, Scozzari e Pettinato), sarà discussa a partire da stamattina a San Macuto e sembra destinata a suscitare qual�che polemica, visto che più di una critica viene rivolta all'apparato in�vestigativo che svolse le indagini nell'immediatezza delfatto. Agiudi�care dalle audizioni che si sono succedute, infatti, restano molte om�bre a proposito della superficialità con cui i carabinieri, ma anche la Procura della Repubblica di allora, avrebbero cercato di «liquidare» la vicenda. I parlamentari che hanno indagato, in sostanza, si sarebbero trovati di fronte a vere e proprie omissioni che hanno definito come ((Anatomia di una deviazione». L'ipotesi più accreditata è che si sia verificata una sorta di scontro all'interno della stessa Arma sull'im�pronta da dare all'inchiesta. E' possi�bile che sia prevalsa la convinzione che la mafia fosse estranea all'ucci�sione di Impastato perchè in quel periodo, per stessa ammissione dei vertici dei carabinieri, era in uso il sistema di «usare» i boss mafiosi e di dialogare con loro. In sostanza: «l'aprioristica esclusione della pista mafiosa)) avrebbe potuto ((trovare una ragione in rapporti tra la cosca di Cinisi e segmenti dèlie istituzioni con essa compromessi». L'analisi dell'Antimafia parte da lontano e passa in rassegna il lungo periodo in cui Gaetano Badalamenti (boss di Cinisi ed oggi sotto processo con l'accusa di essere stato il man�dante dell'omicidio) governò Cosa Nostra. La relazione ricorda anche come, in quel tempo, il «sistema)) fosse molto diverso da oggi e più permeabile ad equivoche simbiosi: «un sistema di relazioni teso, spesso illusoriamente, alla cattura per via "confidenziale" di alcuni capimafia, all'apporto che queste "relazioni" potevano dare ad alcuni filoni di indagine o, comunque, ad ima pacifi�ca convivenza per un tranquillo controllo della zona». Molto criticata la fase iniziale delle indagini, condotte dall'allora maggiore Antonio Subranni, coman�dante del Reparto Operativo dopo l'assassinio del colonnello Giuseppe Russo. Durante l'istruttoria dell'An�timafia, l'ufficiale oggi generale in pensione e consulente della Presi�denza del Consiglio ha continuato a sostenere l'attendibilità del suo operato di allora, indirizzato (a suo dire) anche dalle prime perizie e da un biglietto che rivelava un proposi�to suicida di Impastato. Queste tesi vengono confutate da un lungo elen�co di «omissioni» (dall'assenza di una qualunque ricerca in direzione del movente mafioso alla ostinata ((negligenza» verso gli spunti investi�gativi, come le pietre macchiate di sangue e l'esistenza di un casolare vicino al luogo dell'attentato, offerti dagli amici e dai parenti di Impasta�to) e finiscono per dar forza all'ipote�si di uno scontro intemo all'Arma. Una lettera dei vertici, infatti, defini�rà una «sconfitta» il rinvio a giudizio di Badalamenti per una vicenda che l'Arma aveva chiuso come suicidio o episodio di terrorismo. E una certa impressione estema il «Comitato Impastato» a proposito di un'altra lettera del 1984, a firma del maggio�re Honoratì. L'ufficiale risponde a richieste dei superiori sul movente mafioso dell'omicidio Impastato, e smentisce la scelta del giudice Chinnici (morto nel 1983) definendola un modo «per attirarsi le simpatie di una parte dell'opinione pubbhca conseguentemente a certe sue aspi�razioni elettorali». «I carabinieri e la procura accreditarono immediatamente l'ipotesi del suicidio del giovane di Dp» Un'immagine del firn «I Cento Passi» di Marco Tullio Giordana. La pellicola è la biografia di Peppino Impastato, il giovane di Democrazia proletaria, ucciso dalla mafia. Nella foto Luigi Lo Cascio, il protagonista del film

Luoghi citati: Cinisi, Roma