Cina-Dalai Lama, prove di pace di Francesco Sisci

Cina-Dalai Lama, prove di pace Cina-Dalai Lama, prove di pace Un negoziato segreto sul futuro del Tibet Francesco Sisci PECHINO La Cina ancora ufficialmente comu�nista appare a caccia di rapporti stabili con grandi istituzioni religio�se. Cosi, dopo il fallito tentativo di ria wicinamento con il Vaticano, Pe�chino ha riaperto il dialogo con il Dalai Lama, il capo spirituale dei buddisti tibetani. Lo ha annunciato il Dalai Lama stesso, e Pechino ieri non ha smentito. Il fratello del lea�der religioso sarebbe stato nella capi�tale cinese e qui avrebbe incontrato personaggi non meglio identificati. Ancora più misteriosi i contenuti dei colloqui. Ma l'evento è importante perché i canali del dialogo si erano interrotti oramai cinque anni fa, quando il Dalai Lama, dopo una trattativa bilaterale, aveva nominato, da solo, la reincarnazione del Panchen La�ma, la seconda autorità religiosa del Tibet, mossa cui Pechino aveva rispo�sto facendo sparire il piccolo Pan�chen e nominandone un altro di suo gradimento. A questo grave inciden�te ne era seguito un altro, la fuga in India, all'inizio di quest'anno, del Karmapa Lama, la terza maggiore autorità religiosa del Tibet, scelto ed educato da Pechino. I rapporti apparivano bloccati. Il Dalai Lama aveva pubblicamente rinunciato alle richieste di indipen�denza e si era attestato su ben più moderate domande di autonomia, ma in realtà, oltre alla catena di storiche frizioni e contrasti rimane�va, e per quanto se ne sa rimane ancora, una differenza enonne tra Pechino e il Dalai Lama su cosa debba intendersi per Tibet. Per la Cina è l'attuale regione autonoma del Tibet, dove vivono circa quattro milioni di tibetani; perii Dalai Lama il Tibet è quello storico, e compren�de, oltre alla regione autonoma, an�che tutta la Provincia del Qinghai, parte del Sichuan, parte del Xinjiang e parte del Gansu. Una regione che, in altre parole, si estende per circa un terzo del territorio arnese, dove vivono sei milioni di tibetani. L'altopiano tibetano cos�definito oltre a sottrarre tanta terra alla Cina si ergerebbe, autonomo in teoria, tra i due Paesi più popolosi del globo: un miliardo di indiani e 1,3 miliardi di cinesi lo circonderebbero dai due lati. Oltre a questo c'è poi il proble�ma che nel Tibet del Dalai Lama i tibetani sono una minoranza, a cau�sa della pressione demografica degli han, i cinesi di schiatta. Un'ipotesi di compromesso che circolava negli anni scorsi a Pechino era che al Dalai Lama venisse ricono�sciuta una specie di indipendenza fomiale con un suo territorio intor�no al palazzo Potala, a Lhasa, la capitale del Tibet, un po' come quel�la che l'Italia riconosco al Vaticano. Un'altra ipotesi, che a Pechino ri�scuote più consensi, è che maggiori autonomie vengano concesse al Ti�bet cinese e il Dalai assuma un ruolo onorifico nella gerarchia ufficiale del Paese. La soluzione non è comunque vicmissima, ma certamente questi incontri dimostrano il profondo inte�resse di Pechino a stabilire una forte partnershi]) con una grande organiz�zazione religiosa. Il motivo è sempli�ce. Il partito comunista non preten�de più di dare risposte spirituali alla gente; e la gente, d'altro canto, non crede più a una fede comunista. Questo enorme'spazio di «mercato spirituale» negli anni scorsi è slato occupato da sette e culti millenaristici, fra i quali il più celebre è quello dei Falun Gong. Ma i Falun Gong hanno apertamente sfidato il parti�to, cos�i comunisti si sono messi a caccia di un'altra fede. La prima scelta è caduta sul Vaticano, ma il Papa, con la canoniz�zazione dei 120 santi il 1" ottobre, giorno della festa nazionale cinese, è come se avesse dato uno schiaffo a Pechino. Cos�oggi la Cina si rivolge al Dalai. Per tanti versi la scelta è più giusta. Il buddismo tibetano ha un grandissimo rispetto tra i cinesi, e il pubblico che prima si rivolgeva ai Falun Gong, una pratica buddisteggiante, certamente capisce molto meglio il messaggio del Dalai Lama di quello del Papa. Il problema con il Dalai Lama sono i 50 anni di ostilità. Ma anche su questo il Dalai Lama sa di non potere attendere in etemo. Se morisse ci sarebbe il rischio di avere due Dalai, uno dentro e uno fuori del Tibet, uno voluto dagli esuli, l'altro scelto da Pechino. Il Dalai Lama: dopo anni d'interruzione, il dialogo con la Cina è ripreso attraverso un suo fratello