SOGNO ma il mio golpe era liberale

SOGNO ma il mio golpe era liberale Nella confessione dell'ex ambasciatore tutti i nomi dei politici e dei militari che nell'estate del 74 erano pronti al putsch SOGNO ma il mio golpe era liberale E^ SCE il 5 dicembre da Mondadori Balla Resistema al | golpe bianco. Testamento di un anti-comunista, libro Jài colloqui tra Edgardo Sogno e Aldo Cazzullo. L'ex-ambasciatore già partigiano delle Brigate Mauri fii incriminato nel '74, insieme con Randolib Pacciardi, Luigi Cavallo ed altri, dall'allora giudice Luciano Violante con l'accusa di aver progettato un colpo di stato. Per quell'accusa Sogno rimase in carcere alcuni mesi. Le conversazioni sono avvenute lungo l'arco di un anno e mezzo, dalla primavera del '99 fino alla morte di Sogno, avvenuta il 5 agosto scorso. La parte sul Golpe bianco fu messa per iscritto dallo stesso Sogno. Anticipiamo alcuni brani dal quarto capitolo. Aldo Cazzullo NEL '76 lei pubblicò un pamphlet. Il golpe bianco, nel quale da una parte denunciava ima persecuzione giudiziaria nei suoi confronti, dall'altra teorizzava la necessi�tà di «soluzioni che non rientra�no nel calcolo e nel dosaggio polìtico ordinario». Credo che ima delle ragioni di questo libro sia chiarire se questo intento sia rimasto a livello di enuncia�zione verbale, o sia stato invece accompagnato da preparativi concreti. ((Anch'io credo sia arrivato il mo�mento di non tacere più nulla. Quando, come ha previsto Giorgio Galli, la storia d'Italia del secolo appena concluso sarà riscritta al di fuori della contingenza politica, mi sarà riconosciuto il merito di aver contribuito alla lotta per sot�trarre lo Stato alla morsa mortale del clerico-mandsmo. Un obietti�vo per il quale ritenevo fosse necessario uno strappo da operare non nella coscienza degli italiani, che in maggioranza 1 avrebbero approvato, ma contro la coahzione moderata, gli intellettuali, le maggiori forze economico-finan�ziarie e la Chiesa di sinistra». Cosa intende per «strappo»? «Occorreva in sostanza un fatto compiuto al vertice che riportasse il Paese alla visione risorgimenta�le, in una triplice alleanza di laici occidentah, come Pacciardi, di cattohci liberali, come Cossiga, e di socialisti antimarxisti, come Craxi. (...) Occorreva in sostanza otte�nere dal presidente Leone lo strap�po che De Gaulle era riuscito a ottenere da Coty. (...) Randolfo Pacciardi, che era su questa linea da tempo, e che nel tentativo di realizzarla aveva già preso contat�to con gruppi politici assai più a destra di me, come gli agrari di RuspoU e i nazionalisti di Borghe�se, mi propose di unire al suo progetto di rottura le iniziative parallele che svolgevo in quel mo�mento». (...) Guai è il momento in cui lei passa dai convegni agli incon�tri riservati? ((All'apparire sulla scena delle Bri�gate rosse, ebbi la sensazione di un precipitare degli eventi. Nella primavera del '74 le Br catturano il giudice Sossi e fanno irruzione nel mio ufficio di Milano, con lo scopo di catturare anche me (...) Iniziando l'organizzazione milita�re per lo strappo al vertice sul modello gollista, io non avevo dubbi, come non ne aveva Pacciar�di, di compiere un atto dovuto, nella difesa della libertà democra�tica».!...) Sta dicendo di aver intrapre�so un'azione con l'appoggio dei militari? «Certamente, ma non solo. Si trat�tava di un'operazione politica e militare, largamente rappresenta�tiva sul piano politico, e della massima efficienza sul piano mili�tare. Nell'esecutivo, che avrebbe dovuto essere guidato da Pacciar�di, erano autorevolmente rappre| sentate tutte le forze pohtiche, ad eccezione dai comunisti, con per�sonalità liberah, repubbhcane, cat�toliche, socialista, ex fasciste ed ex comuniste. Tra loro c'erano cinque medaghe d'oro al valor militare: due della guerra 1940-43, Luigi de la Penne e Giube Cesare Graziani, e tre della guerra di Liberazione: Alberto Li Gobbi, Aldo Cucchi e io». Lei parla di organizzazione militare. Su quali forze riteneva di contare? «Le dirò i principali reparti pronti a operare, con i loro comandanti, che avevo tutti contattati perso�nalmente. La Regione Militare Sud, il comandante; la Regione Militare centrale, il vicecoman�dante e il capo di Stato maggiore; l'Arma dei carabinieri, il viceco�mandante; la Divisione carabinie�ri Pastrengo, il comandante; la Legione carabinieri di Roma, il comandante; la Brigata paracadu�tisti a Livorno, il comandante; la Divisione Folgore, il comandante; la Marina, il capo di Stato maggio�re generale; l'Aeronautica, il capo di Stato maggiore generale; la guardia di Finanza, il generale comandante; la Scuola di Guerra, il generale comandante.» (...). Ci sarà pure stato qualche alto ufficiale che si sarebbe decisamente opposto. Sape�vate anche di questi? «Sì, ma non erano molti. Sapeva�mo ad esempio che il comandante e il capo di Stato maggiore dell'Ar�ma dei carabinieri dovevano esse�re neutralizzati. Ma sapevamo anche che il più alto magi�strato della Repubblica era con noi». A chi si riferisce? «Intendo sempheemente dire che Giovanni Colli, per noi Nino, mio amico personale fin dalla gio�ventù, che ricopriva ne�gli Anni Settanta la mas�sima carica della magi�stratura italiana era il procuratore generale presso la Cor�te di Cassazione era totalmente d'accordo con me sulla necessità di rovesciare il regime cattocomunista con qualsiasi mezzo.!...) Fu nello studio romano di Pacciardi, nell'ufficio che usava personal�mente, in fondo al corridoio a sinistra, che stendemmo insieme la lista del governo. (...) "E per te cosa vuoi?", mi chiese a un certo punto. Non ebbi esitazioni e rispo�si: "Il ministero della difesa". Ri�cordavo le parole di Colli: "Ma le forze? Le forze?". E le forze erano lì». Chi le disse sì, chi no, chi né s�né no. «Cominciamo con Eugenio Reale, che avrebbe dovuto essere il mini�stro degli Interni (...)lo avvicinai io, e mi disse che avrebbe acconsenti�to a prendere parte a qualsiasi azione per ab�battere il regime. Trovai in lui il comunista libero dalle finte remore demo�cratiche, quando la politi�ca lo esige. Accettò di essere ine uso nel proget�tato governo Pacciardi, purché non ci fossero tra di noi dei tiepidi e degli indecisi (...) Pensai che fosse impor�tante la sua presenza, come quella di Aldo Cucchi, per il suo passato e forse per il suo presente comuni�sta, che, mi auguravo, la democra�zia raggiunta avrebbe contribuito a temperare. (...) Con lui ero in contatto nel Gruppo Medaghe d'oro, e in sintonia politica da tempo. Il discorso sulla sua adesio�ne era scontato. Quanto a Manlio Brosio, che sarebbe andato agh Esteri... In sostanza Brosio mi lasciò intendere che, pur non vo�lendo esporsi nell'azione, a cose fatte avrebbe aderito. Ricordo una sua frase: "I colpi di Stato si fanno, non se ne parla". Brosio ebbe un suo scambio di idee anche con Pacciardi, organizzato da me. Non ho però notizie sui contenuti». (...) E i militari? «Tra le alte cariche c'era in primo luogo il generale liuzzi, già capo di Stato maggiore generale quan�do Pacciardi era ministro della Difesa. Pacciardi mi incoraggiò ad andarlo a trovare nella sua casa di Milano. Lo trovai disponibile (...) Un altro generale che collaborò con me ai preparativi è Alberto li Gobbi, medagha d'oro della Resi�stenza, al mio fianco nella Fran�chi, un uomo straordinario. Attra�verso di lui ottenemmo l'adesione ai piani del colonnello Gambarotta, che comandava il reparto para�cadutisti di Livorno. (...) Tra gli ufficiali di Marina era già stata avviata un'organizzazione: quella degli ammiragli Rosselli Lorenzini e Pighini, entrambi miei amici personali, visto che eravamo stati insieme all'ambasciata a Parigi. Un settore in cui avevo trovato degli amici pronti a collaborare era l'ambiente degli ufficiah di cavalleria. Il più alto ufficiale che avvicinai in questo settore è il mio amico Giorgio Barbasetti, allora a Roma allo Stato maggiore genera�le. Il maggior tessitore del piano militare, però, era il generale Ric�ci, che era al comando della Regio�ne mihtare Sud a Caserta, e aveva una rete sua di alti ufficiah consen�zienti. Lo incontrai più volte a Roma e al casello di Caserta del�l'autostrada. Ma era Pacciardi a tenere il rapporto con lui, e non entrai mai nel dettaglio del piano preparato e organizzato da Ricci. Dopo aver assunto opportune in�formazioni, feci anche qualche reclutamento isolato. Vidi U gene�rale Santovito, che comandava la divisione Ariete in Veneto, e l'in�contro fu totalmente positivo. Un altro incontro importante, per sug�gerimento del vice capo deh'Arma dei carabinieri, generale Picchiot�ti, lo ebbi a Milano con il coman�dante della divisione Pastrengo, generale Palumbo. Questi andò al di là del segno, chiedendomi di ottenere dalla Marina il lancio di missili contro il carcere di Alessan�dria dove, a suo dire, erano detenu�ti molti comunisti pericolosi». Un moderato... «Palumbo assicurava il concorso di tutti i carabinieri dell'Italia settentrionale, ma, quando le cose volsero in senso a noi contrario, si buttò dall'altra parte, e, invece di tacere, per proteggere se stesso se ne usc�rinnegandomi e insultan�domi. Contattai anche qualche al�to ufficiale su cui avevo informa�zioni positive, come Borsi di Par�ma, generale della guardia di fi�nanza, tramite Augusto De Angelis, il finanziere che aveva accom�pagnato Cadorna nel lancio con il paracadute. La sua risposta fu sostanzialmente positiva. Contat�tai inoltre il capo di Stato maggio�re dell'Aeronautica, generale di squadra aerea Giulio Cesare Gra�ziani, medaglia d'oro, che ader�entusiasticamente. È interessante notare che nell'inchiesta di Violan�te non è affiorato neppure uno di questi contatti, tanto che si può dire che l'apparato mihtare abbia tenuto un comportamento irre�prensibile». Qualcuno le avrà pur risposto di no. «Nessuno tra gli uomini che con�tattai mi disse di no, anche perché ero molto cauto nel selezionare gli interlocutori. C'è piuttosto un'al�tra categoria di cui occorre parla�re: coloro di cui tutto mi faceva ritenere che, di fronte al fatto compiuto, non avrebbero avuto esitazioni, ma che sarebbe stato difficile inserire nell'operazione fin dagli inizi. Rientrano in questa categoria i democristiani gollisti del gruppo di Ciccardini e Zamberletti, che avevano elaborato pro�getti analoghi e che non dubitavo avrebbero aderito a cose fatte. Una posizione particolare era quel�la del mio amico Sergio Ricossa, che ci accompagnò in tutta la fase preparatoria dei Comitati, chie�dendomi talvolta lumi sulla stra�da da prendere, ma che negli ultimi tempi aveva dichiarato di voler rimanere fuori da ogni tra�ma. Ricossa presentava sempre, nell'indipendenza della sua geniahtà, una buona dose di imprevedi�bilità (...) Il cerchio dei preparativi si chiuse con il mio contatto con il generale Liuzzi a Milano e con il generale Ricci nei pressi di Caser�ta. Il 2 maggio ci fu l'irruzione dehe Br in via Guicciardini. Come ultimo atto, il 2 agosto tenemmo al Grand Hotel di Roma ima riunio�ne politica dei maggiori esponenti non militari». E i suoi amici americani, non ìi avvertì? «Nel lugho del '74 chiesi all'amba�sciata americana un colloquio ri�servato per importanti comunica�zioni. Un funzionario dell'amba�sciata venne con un autista al Grand Hotel e mi accompagnò in una palazzina, all'interno di una vasta proprietà recintata apparte�nente a una comunità religiosa, sulla via Aurelia, quasi di fronte all'hotel Holiday Inn. Era la resi�denza del capo dei servizi america�ni per l'Italia, mister Brown. Mi introdusse nel suo studio e dopo qualche preliminare alzò al massi�mo il volume della radio: a queii tempi era una precauzione contro i microfoni spia. Gh esposi nel dettagho le nostre intenzioni e il nostro piano d'azione. Precisai che facevo questa comunicazione esclusivamente come alleato nella lotta per la libertà dell'Occidente, e chiesi quale sarebbe stato l'atteg�giamento del governo americano. Mi rispose quel che già sapevo: gli Stati Uniti avrebbero appoggiato qualsiasi iniziativa tendente a te�nere lontani o ad allontanare i comunisti dal governo. E aggiunse che se, come sembrava, la situazio�ne italiana avesse preso nei mesi successivi una piega cilena accen�nò ai cortei di protesta delle donne di Santiago, che l'anno prima bat�tevano le pentole per strada per protestare contro Allende il suo governo avrebbe approvato l'at�tuazione del nostro progetto». Nell'estate del '74 a Washin�gton avevano anche altre pre�occupazioni: si consumava�no gli ultimi atti della trage�dia vietnamita e del Watergate. «Nixon cadde nell'agosto, proprio nel momento critico. Lo scenario politico cambiò radicalmente. E il 27 agosto 1974 Violante apr�le ostilità pubbliche contro di me, ordinando una perquisizione in casa mia, a Torino»!... ) Di un potenziale oppositore lei prima ha detto che anda�va «neutralizzato». Che cosa intendeva? «Noi volevamo fare una cosa puli�ta, senza versare sangue, se si riferisce a questo. Da cui doveva nascere una Repubblica presiden�ziale, non un sistema totalita�rio».!...) «Ho sempre amato l'espressione "golpe liberale". Suo�na come un ossimoro, a cui attribu�isco una valenza paradossale, pro�vocatoria, utopistica. Il golpe de�mocratico, accettato anche da chi resta tagliato fuori, fu un miracolo che riusc�solo a De Gaulle. Ma il quadro intemazionale degli Anni '70 offre altri esempi di un colpo di forza da cui un Paese usc�più equilibrato: penso alla caduta di Gaetano in Portogallo, o, in un primo tempo, a quella dei peronisti in Argentina».!...) Lei mi ha detto chiaramente di aver preparato un colpo di Stato, al quale non mancava che il segnale finale. E di fatto dà ragione a Luciano Violante che la incriminò e si adoperò per farla condanna�re. La magistratura invece l'ha prosciolta ((perché il fat�to non sussiste». Come lo spiega? «Se guardiamo soltanto all'aspetto giuridico-formale, è vero che il colpo di Stato non sussiste, perché non è mai avvenuto. Certo, il codice contempla e punisce anche la preparazione di iniziative ever�sive, ma il magistrato che la vuole reprimere deve provarla: non ba�sta raccogliere indizi o maturare una convinzione, smentita dal mio proscioglimento. Violante fal�l�totalmente nel provare giudizia�riamente la nostra organizzazio�ne, anche se la sua azione di demolizione della mia figura e della mia posizione fu senza dub�bio un successo per i comunisti, e mi escluse senza riserve dalla vita politica. Per me le conseguenze negative non furono soltanto poh�tiche, ma anche economiche, di carriera, di relazioni sociali, con perdite di occasioni di lavoro giornalistico e culturale, con umilia�zioni ed esclusioni, con danno irreparabile alla carriera diploma�tica e a ogni forma di relazione ufficiale con lo Stato Lei teme che queste pagine vengano liquidate come parole vane. Neppure io me me stupirei. Vede, tra noi, da una parte, e Violante, il suo partito e i suoi alleati dall'altra, c'è tuttora uno scontro da guerra civile. E la guerra civile è una prova non soggetta ad altra legge che non sia quella della forza. Noi occidentah abbiamo perso un round, ma la partita si sta ancora giocando». «Volevo sottrarre lo Stato all'abbraccio mortale delclerico-marxismo. Con noi carabinieri, paracadutisti, la Marina l'Aeronautica. Gli Usa erano informati. Poi arrivò Violante...» Edgardo Sogno Rata del Vallino, medaglia d'oro della Resistenza, è deceduto nell'agosto scorso a 85 anni