Polo e Ulivo votano insieme sull'Europa di Amedeo La Mattina

Polo e Ulivo votano insieme sull'Europa Polo e Ulivo votano insieme sull'Europa Anche la Lega appoggia Amato, resta il dissenso delPrc Amedeo La Mattina ROMA E alla fine, come è accaduto per l'Albania e per il Kosovo, Polo e Ulivo hanno votato insieme un importante passaggio d�politica estera. Questa volta non c'era in ballo una guerra vera, ma una «guerra» tutta politica combattuta dal centrosinistra per dimostrare l'inaffidabilità europea del centrodestra e mettere all'indice lo scomodo alleato leghista. Berlusconi, invece, è riuscito a non farsi mettere in un angolo e a convincere Bossi a votare una risoluzione che dà ad Amato un forte mandato per il vertice di Nizza. Rispetto alla vasta maggioranza «bipartisan» (501 voti favorevoli, 12 con�trari, 4 astenuti), fuori dal coro è rimasto solo il Prc. E di questo Amato si è detto d�essere «dispiaciuto». In ogni caso, ha aggiunto rivolto alla sua maggioranza, l'intesa con l'opposizione deve essere considerata un «successo». Un modo, forse, per consolare i suoi che avranno una freccia in meno da scagliare in campagna elettorale. Cosa che il Polo si è affrettato a sottolineare. «L'accordo dimostra ha osservato Fin�quanto pretestuosa e faziosa fosse la tesi del centrosinistra secondo il quale la Casa delle Libertà è antieuropea. AUa luce delle posizioni del Prc, l'Ulivo non solleverà più l'ai^omento Europa come arma d�polemica». Indice puntato, dunque, sulla contraddizione tra Ulivo e Rifondazione comunista, la quale si è presentata alla Camera con una risoluzione contrapposta. Il che ha consentito a Berlusconi d�intervenire a nome di tutto il suo schieramento, d�affermare che è giunta l'ora dì. mettere fine «alla irresponsabile tentazioni d�trascinare il Paese in una guerra», d�cambiare «la prassi faziosa che trasforma l'avversario in un nemico da annientare». Per poi arrivare alla stoccata finale: «La Lega non è mai stata antieuropeista. E noi siamo europeisti da sempre, non eurobigotti, come quelli che si sono convertiti aU'ultim'ora». Bossi ieri non c'era, ma il suo capogruppo Pagliarini ha profuso parole di moderatismo, parlando del documento comune come di una «prova di ragionevo�lezza di tutto il Parlamento». Tuttavia, Amato ha ricevuto il mandato forte a negoziare: «Un mandato, però, a non accontentarmi di soluzioni modeste e di basso profilo». H premier non ha smussato gli angoli sul valore della Carta dei diritti e sull'idea di un'Europa che «non accetta intolleranza razziali, la xenofobia e il razzismo». L'unico momento di tensione c'è stato quando Amato ha accennato alla modifica della procedura delle sanzioni per quei Paesi che violano i principi europei: «Io penso di includere un meccanismo di preallaime». Dai banchi della destra si sono levate voci di dissenso, e Amato ha commentato: «Non capisco perché vi risentite». Altre contestazioni quando D'Alema ha detto che questo voto non allontana dall'Italia 0 rischio dei «demoni razziali». La trattativa per arrivare ad una risoluzione comune è partita nei giorni scorsi. Era stata messa a punto una bozza, che ieri è stata integrata da una serie di richieste. La maggioranza ha chiesto che venisse inserito il riferimento alla Carta dei diritti, approvata dal Parla�mento europeo. Per trovare una soluzione si sono mesi all'opera Berlinguer, presidente della commissione Affa�ri europei, e Pollini, capogruppo del Ccd. Quest'ultimo, a sua volta, ha rilanciato: va bene inserire il riferimento alla Carta, ma bisogna prevedere anche il principio della partecipazione dei popoli e dei Parlamenti nazionali nella formazione della futura Costituzione europea. Per non rendere la mozione troppo filogovemativa, la Casa delle Libertà voleva togliere dal testo la parola «approva le dichiarazioni» di Amato. Ma almeno su questo aspetto il centrosinistra è stato irremovibile, cos�come sul riferimento al «ruolo positivo» svolto dall'Italia e non dal governo in Europa. Ma c'è stata anche una surreale trattativa sull'ordine delle firme in calce alla risoluzio�ne. D capogruppo d�Fi Pisanu non voleva mettere la sua firma dopo quelle di tre «comunisti», ovvero Berlinguer, Occhetto e Mussi. Ma secondo la prassi parlamentare toccava ai presidenti delle commissioni Affari europei ed Esteri, e al presidente del maggior gruppo aprire la lista delle firme. Pisanu ha proposto di alternare la firma di un esponente della maggioranza con quella di uno dell'opposizione. Questo è troppo, gli è stato risposto. Si è cos�evitato di portare alle lunghe la questione, e il centrodestra è passato all'incasso. Il presidente «dispiaciuto» peri pochi contrari Poi spiega «A Nizza non m'accontenterò di soluzioni di basso profilo»