Gore, l' uomo che non si arrende mai

Gore, l' uomo che non si arrende mai Gore, l' uomo che non si arrende mai Da Washington guida gli avvocati all'assalto delle Corti Andrea d�Robilant corrispondente a WASHINGTON Non erano ancora arrivati gli ulti�mi dati sul conleggio manuale nel�la contea di Palm Beach ieri sera che Al Gore stava già meticolosa�mente preparando la prossima mos�sa tattica in questa lunga guerra di attrito per la conquista della Casa Bianca. L'uomo è fatto così. Chi è andato a trovarlo in questi giorni nella sala comando del suo quartier generale all'Osservatorio navale residenza ufficiale del vice presidente lo ha trovato sempre concentratissimo, assolutamente in controllo della situazione, deciso ad andare avan�ti. E convinto della vittoria finale. «L'ho trovato alla lavagna», ci ha detto un senatore democratico che è andato a rapporto durante la vacanza del Thanksgiving. «Mi ha illustrato le sue prossime mosse con una serie di formule matemati�che che tenevano conto dei voti, dei ricorsi, dei tempi e del peso dell'opi�nione pubblica. Non ho capito nul�la, ma mi è sembrato convinto». Al contrario di George W. Bush, che ama delegare il più possibile. Gore vuole avere tutte le leve a portata di mano. E' lui che dà gli ordini, per telefono o per e mail, ai suoi luogotenenti in Florida. E' lui che dice agli avvocati fino a che punto si devono spingere nelle cor�ti. E' lui che fa le telefonate ai leader del partito per tenere unite le truppe democratiche. E' lui che pianifica la scenografia per le im�magini televisive. Tutto intomo c'è sempre un via vai di gente: le figlie che vengono a dargli conforto, i suoi collaboratori �più fidati che aspettano nuovi ordi�ni, i leader di partito che vengono a consultarsi. Ma l'atmosfera è inti�ma, familiare, nient'affatto tesa. In un angolo c'è la proverbiale batte�ria di Tipper Gore, che ogni tanto si alza e scarica i nervi con un vibran�te assolo ai tamburi. Si scherza, si fanno battute. Spesso alle spese di Katherine Harris, la funzionarla repubblicana che vuole certificare la vittoria di George W. Bush in Florida. I Gore e i Lieberman la chiamano Crudelia Demon. Certo, ogni tanto il vice presiden�te si chiede ad alta voce come mai tanti commentatori ce l'abbiano con lui, come mai la gente prolesti per le strade. Fuori della sua resi�denza, centinaia di manifestanti con striscioni e cartelli gridano «No more Gore» e lo accusano di voler «rubare» la vittoria a George W. Bush. Ma queste pressioni non sembrano toccarlo ieri, per evita�re i fischi, è uscito con un gran sorriso da un cancello di servizio ed e andato a mangiarsi un gelalo con Tipper a Georgelown. «In altre crisi tendeva a eccitarsi se le notizie erano buone e diventa�va ansioso se le notizie erano brut�te, ma questa volta appare mollo ec[uilibralo, tranquillo e sicuro del fatto suo», ha detto uno dei collabo�ratori di Gore al New York Times. Come si spiega tutta questa sere�nità nel pieno della più grande bufera politica che si ricordi? Tutti quelli che lo hanno visto nei giorni scorsi ripetono la stessa cosa: il vice presidente è tranquillo e risolu�to perché è profondamente convin�to di aver vinto in Florida. E non per una manciata di voti come i laboriosissimi conteggi manuali sembrano indicare. E' convinto di aver vinto con un ampio margine venti, trenta, quarantamila voti. Onesta certezza, dicono i suoi collaboratori, è alla base non solo della sua serenità ma anche della sua strategia. Continuerà a lottare nelle corti della Florida fino a quan�do riuscirà ad ottenere un conteg�gio pieno in alcune contee dove migliaia di elettori democratici di�cono di essere stati «scippati» da macchine difettose e schede confu�se. E quando ci si mette, Gore procede con la forza inesorabile di uno schiacciasassi. Uno dei rari momenti in cui non è riuscito a trattenere la sua stizza in questi giorni è stato quando la commissione elettorale della con�tea di Miami-Dade, dove Gore spe�rava di trovare un grosso bottino elettorale durante la conta a mano delle schede, ha gettato la spugna spiegando che rinunciava a conta�re perché i tempi fissati dalla Corte suprema della Florida erano trop�po stretti e non ce l'avrebbe mai fatta. Ma dopo il disappunto e l'iiritazione iniziali, Gore si è rimboccato le maniche e ha ordinato ai suoi avvocati di prepararsi a contestare i risultati ufficiali già luned�matti�na. In pratica chiederà alla Corte suprema di costringere la contea di Miami-Dade a contare a mano le oltre seicentomila schede già scruti�nate elettronicamente. Nel frattempo già ragiona da presidente. Sta mettendo insieme la sua squadra ministeriale. E ha riunito i suoi collaboratori per vede�re quali iniziative legislative mode�rate promuovere non appena sarà insediato alla Casa Bianca per ritro�vare un dialogo con i repubblicani e ridare unità al Paese. «Come tutti, il vice presidente segue le notizie in continuazione», spiega Roy Neel, l'amico e collaboratore di Gore che sta mettendo insieme la squadra per la transizione di potere. «Ma. non possiamo stare t\ma il giorno incollati alla Cnn». Ha spiegato a un senatore attonito l'ineluttabilità della sua vittoria con formule matematiche Circondato dai familiari è sereno Non si cura dei dimostranti filo-Bush che urlano sotto casa Al Gore, con la moglie Tipper e la figlia Kristin, saluta poco prima di entrare nella chiesa battista di Mt. Vernon per il servizio domenicale

Luoghi citati: Florida, Miami, Washington