Confessione, caduta, confessione: il gioco sterile del prete gay di Gianni Vattimo

Confessione, caduta, confessione: il gioco sterile del prete gay Confessione, caduta, confessione: il gioco sterile del prete gay RECENSIONE Gianni Vattimo NON è un instant hook, anzi è il risultato di un lungo lavo^ ro di scavo interiore dell'io narrante, un prete gay che racconta la sua storia attraverso la penna di Marco Politi, il vaticanista di Repubblica; ma sembra fatto a pennello per concludere un anno, il 2000, segnato dalle polemiche sul gay pride del luglio scorso a Roma, che non sono stale dimenticate ne�anche dopo tutte le altre manifesta�zioni giubilari e che, a giudicare anche da quel che dice il protagoni�sta del libro di Politi, hanno lasciato una traccia non superficiale nella società italiana e nella Chiesa. Una testimonianza di questa traccia, con una allusione specifica al gay pride e alle discussioni che ha destato, è anche la prefazione che un autorevole vescovo italiano, monsignor Luigi Bettazzi, ha accet�tato di scrivere per il libro. Che dunque non si presenta affatto co�me un testo scandalistico, anche se per molti versi è scandaloso, alme�no rispetto alle abitudini mentali della società ecclesiastica e anche laica del nostro Paese. La confessione, riferita da Politi in prima persona ma scevra di ogni sbavatura di immediatezza crona�chistica, e anzi in molte pagine decisamente meditativa e, nel sen�so migliore, edificante, è quella di un prete che, a un certo punto della sua vita, prende atto della propria inclinazione omosessuale; è dun�que una di quelle persone che la Chiesa invila ad accogliere con amo�re cristiano, disapprovandone però come intrinsecamente immorale, perché "contro natura", ogni espres�sione sessuale concretamente vissu�ta. Monsignor Bettazzi dice giusta�mente che la Chiesa non impone agli omosessuali una disciplina di�versa da quella che richiede agli eterosessuali; dimenticando però che per gli eterosessuali una via moralmente "regolare" di espressio�ne della sessualità c'è, il matrimo�nio, che è un sacramento, mentre per gli omosessuali non c'è altro che la castità o il peccato mortale. L'anonimo protagonista del libro di Politi non si adatta però alla castità; scoperta e riconosciuta la propria tendenza, la vive con inten�sa passione partecipazione e pati�mento insieme, per i sensi di colpa che gli causa, per la necessità di ritornare sempre a confessarsi, pen�tirsi e ricominciare da capo. Con tale sofferenza che a un certo punto decide di prendersi un periodo di congedo dal ministero sacerdotale che peraltro ha sempre considerato come la propria vocazione e pratica�lo con sincero impegno. I superiori messi al corrente del�la sua situazione accettano questa sua decisione, senza troppo scanda�lizzarsi e anzi apprezzando la sua sincera volontà di capire meglio se stesso e di non tradire in alcun modo la propria fede. Dopo un periodo di vita dapprima "selvag�gia" e poi di rapporto quasi coniuga�le con un amico, il protagonista sente di potere e dover tornare al proprio ministero. Anche l'esperien�za della vita di coppia lo ha convin�to che il celibato è la scelta giusta per lui, e in genere che gli omoses�suali non sono fatti per costruire nulla che somigli alla famiglia. Del�la dottrina ecclesiastica e papale sulla famiglia, anzi, egli si proclama profondamente persuaso, cos�co�a me gli pare del tutto indiscutibile il modo "discreto" con cui il Papa e i vescovi trattano la questione omo�sessuale. Niente gay pride, niente manife�stazioni clamorose di orgoglio o comunque nessun coming oul, so�prattutto per i preti. Naturalmente, però, nessuna indulgenza per l'ipo�crisia di tanti preti e vescovi che tuonano contro la perversione e poi la praticano in segreto. Ma allora che cosa? E' questo che il lettore alla fine del libro non può non doman�darsi; persino con il sospetto che la condizione dei preti omosessuali finisca per essere meno gravosa di quella dei loro confratelli eteroses�suali. Mentre infatti questi ultimi sono obbligati alla castità dalla rego�la del celibato, i preti gay, dato che non c'è per loro la via del matrimo�nio, sono naturalmente celibi, per dir così. Il prete di Politi, anche quando riprende il suo ministero, non sem�bra disposto a rinunciare alla sua vita di peccato; rinuncia solo alla vita selvaggia come fanno del resto tanti omosessuali laici che non si piegano ai fulmini della Chiesa, ma cercano di costruirsi una vita sentimentalmente ed etica�mente soddisfacente. E' quello che fa il nostro prete. Teorizzando anche esplicitamente (nel libro, si intende) che l'amore, non solo la carità, è una dimensione a cui neanche un prete deve rinun�ciare. Si capisce dalla sua confessio�ne che questo significa per lui ap�punto quello che significa per qua�lunque gay "per bene", o comunque stufo del cruising e degli incontri casuali: costruirsi una sorla di vita regolare che può consistere o in una relazione slabile (con il vantaggio che, trattandosi di gay, non può sfociare nel matrimonio, che viole�rebbe l'obbligo del celibato); o nella frequentazione distesa di ambienti (le saune, per esempio), dove si trova sia la soddisfazione degli im�pulsi sessuali più urgenti, sia spesso anche la conversazione e persino il giovamento fisico del bagno turco, del massaggio, del relax. Non saremo noi ad obiettare a questa soluzione. Ma come la mette il nostro prete come la mettono anche i preti gay, giacché sono un certo numero, con loro associazioni e seri incontri di preghiera e di studio con la morale della Chiesa? Il confessore non imporrà loro, per poterli assolvere, di pentirsi, di "non commetterne più"? Come venire fuo�ri dalla dialettica (adolescenziale, il meno che si può dire) di caduta, confessione, caduta, che caratteriz�za la prima parte della vicenda narrata in questa confessione, pri�ma della raggiunta maturazione? Anche con tutta la simpatia uma�na che ispira questo io narrante, non si può non provare un senso di disagio di fronte a queste domande. La povertà culturale e umana del gioco peccato-confessione-peccalo in cui vive il protagonista per una parte della sua storia è direttamen�te legata alla demonizzazione del sesso e dell'omosessualità di cui è responsabile, sia pure non esclusi�va, proprio quella Chiesa in cui egli dice di credere con tanto eniusiasmo. E anche quando è maturalo, nei modi che abbiamo detto, egli trova del tutto normale la "discrezio�ne" con cui la Chiesa tratta la questione omosessuale. Tanto che si guarda bene dal rivelare la pro�pria identità, che resta ignota anche al suo autorevole prefatore. Possiamo certo ammettere che, data la natura intima di molti episo�di qui confessati, l'anonimato sia d'obbligo. Ma tutti i non pochi preti e anche vescovi omosessuali ài cui il libro parla hanno mai svelato la propria condizione, magari per por�re il problema in termini meno "discreti" alla Chiesa e al Papa? I preti eterosessuali che hanno abban�donato il sacerdozio sono in una posizione ben diversa, nei loro con�fronti la discrezione pesa molto meno o non pesa affatto. Sarà anche questo uno dei paradossali vantaggi di essere insieme prete e gay? Poi�ché la sofferenza che il protagonista vive con sincerità e intensità è direttamente legata all'emofobia della morale pubblica della Chiesa, è difficile accettare che non si pole�mizzi più apertamente contro que�sta vera e propria origine del male. E il sincero disgusto del protagoni�sta per l'ipocrisia di tanti suoi con�fratelli fino a che punto dà luogo a una posizione davvero diversa? L'ottima scrittura di Politi, natu�ralmente, non è responsabile di questi limiti del libro; e nemmeno è in dubbio la sincera buona volontà del protagonista. Ma forse si dovreb�be essere meno accomodanti con le ragioni, prossime e remote, che spiegano, e non giustificano, 0 prez�zo di sofferenza che troppe persone devono ancora pagare semplice�mente per essere se stesse. Il sincero disgusto ' del protagonista per l'ipocrisia di tanti suoi confratelli fino a che punto dà luogo a una posizione davvero diversa? Marco Politi La confessione. Un prete gay racconta la sua storia Editori Riuniti, pp. 198, L 18.000 TESTIMONIANZA

Persone citate: Bettazzi, Luigi Bettazzi, Marco Politi, Politi

Luoghi citati: Roma