I martiri dei nostri giorni

I martiri dei nostri giorni I martiri dei nostri giorni OGNI anno il 24 marzo la Chiesa cattolica ricorda con riconoscenza i mar�tiri attuali, specie missionari. Di alcuni di loro riusciamo a rintracciare la storia. Di Tul�lio Favali, ucciso nel 1985 nelle Filippine, nel filmato «Storie dell'altro mondo» c'è un fugace ricordo, raccontato dal suo compagno di missio�ne, padre Peter. Nel luogo dove fu abbattuto compare una buganvillea rossa. Il filmato di Sante Altizio, prodotto dalla torinese Nova-T e presentato al Torino Film Festival nella sezione Spazio Torino (venerd�17 alle 14,30 e in serata al Reposi 2), raccoglie quattro storie brevi ed efficaci con prefazione e postfazione di Jon Sobrino, gesuita, docente dell'Universi�tà Centro Americana di San Salvador e martire mancato. La sera in cui i suoi sei colleghi spagnoli furono ucci�si era all'estero per un ciclo di conferenze. «Storie dell'altro mondo» è un video sobrio, senza retorica, specie nei dia�loghi, tutti detti da personag�gi che, pur avendo una sola vita, se la giocano per amore. Una scommessa. L'ambito è universale; America Latina, Africa e Asia. Inizia l'Amazzonia dove la deforestazione selvaggia di terreni acquistati a prezzi irrisori distrugge in�sieme l'ambiente e l'identità di un popolo. In quel contesto due anziani missionari, clas�se 1926, all'apparenza inoffen�sivi, si giocano la vita per l'ecologia («che le piante viva�no, che gli animali vivano, che gli uomini vivano»). Dare la vita per l'ecosistema. Cri�sto è proprio senza fine^ E poi il Sudan, dove si muore di fame e di tutto, dove torme di bambini, cibo per le mosche, muoiono appunto co�me le mosche. P. Kizito, che conosce lingue e strade, si fa un dovere di portare alla ribalta una guerra tanto di�menticata quanto letale. Un soldato gli domanda: «Ricordi il mio nome?». Gli dice: «Tu sei Abraham Choa». Lui sorri�de e gli chiede; «Non dimenti�carti del mio nome». Penso ai versi di Casaldaliga: «Alla fi�ne Lui mi domanderà se ho amato. Gli risponderò apren�dogli il cuore pieno di nomi». E poi il lebbrosario del Cairo, dove suor Gianvittoria, anche il nome funziona, serve da 33 anni, quelli di Gesù, i lebbrosi che le dicono «tu non mi ami quanto io amo te». E lei che nel lazzaretto c'era andata con l'intenzione di starci un mese, dichiara con semplicità, mentre pulisce piaghe aperte, «adesso soffri�rei a lasciare questo posto». Belle storie che dilatano il cuore. Jon Sobrino che intro�duce in modo tagliente, ricor�dando che la globalizzazione fa muovere le merci e non gli uomini, a meno che non siano giocatori neri di pallone o scienziati, chiude dicendo che anche in questo mondo, tanto crudele, la speranza cammina: i suoi segni sono l'amore concreto e la giusti�zia. Piero Gallo

Persone citate: Abraham Choa, Casaldaliga, Favali, Jon Sobrino, Piero Gallo, Sante Altizio

Luoghi citati: Africa, America Latina, Asia, Filippine, San Salvador, Sudan, Torino