Borletti, punti perfetti e no di Oreste Del Buono
Borletti, punti perfetti e no LUOGHI COMUNI Personaggi e memorie dell'Unità d'Italia di Oreste del Buono e Giorgio Boatti (gboatti@venus.it) Borletti, punti perfetti e no Ida, la figlia del Senatore, tra memoria e oblio, tra vicende industriali e dolorosi percorsi privati BISOGNA saper dimenticare per poter ricordare in senso pieno. Chissà se Ida Borletti, prima di cimentarsi con la sua incantevole biografia che ol�tre a parlare della sua mobilissi�ma vita porta nel mondo delle grandi famiglie milanesi, ha mai letto l'introduzione a «Eminent Victorians». L�Lytton Strachey sostiene che la miglior dote di uno storico, e comunque di chiunque voglia fare i conti con eventi trascorsi, pubblici o privati che siano, è ia capacità di ignorare. Maneggiare ricordi come intui�sce Marc Auge ne «Le forme deli oblio» appena pubblicato dal Saggiatore è faccenda complica�ta: «Non solo perché tutti i nostri ricordi sono degli schermi... in quanto servono da schermo a tracce che essi contengono e dissi�mulano al tempo stesso» ma anche perché noi siamo fatti non solo di quanto rammentiamo ma, perlomeno ih eguale misura, di quanto abbiamo dimenticato. «Dimmi cosa dimentichi suggeri�sce Auge e ti dirò chi sei». Di questa solidarietà tra memo�ria e oblio Ida Borletti sembra avere assoluta padronanza. E in�fatti si muove nei diversi capitoli della sua vita con naturalissima sicurezza quasi che i ricordi che le sop�avvengono, anziché gravarle addosso lilialmente liberati dalla scrittura, volassero via da lei e la rendessero sempre più lieve. L'al�bum di famiglia che va a sfogliare con garbo nella prima parte di queste memorie è affollato di figure che hanno fatto la storia imprenditoriale del nostro Paese. C'è ii nonno materno, quell'Enrico Dell Acqua di cui la nipote ram�menta che «fu ii primo a portare lavoro italiano nell'America Lati�na. Passava sei mesi in Argentina e sei in Italia. Il professore Einau�di nel 1899 gli dedicò un libro, "Il principi; mercante"». Il padre. Se�natore Borletti, dopo aver svilup�palo assieme al fratello Aldo un bouquet di aziende attivissime, coglie al balzo l'occasione offerta dalla grande guerra: la produzio�ne industriale, attivata dalle com�messe belliche di spolette, è alla base del futuro stabilimento di macchine da cucire. Quelle Borlet�ti, punti perfetti, che costituiran�no una sorta di marchio della dinastia. Ma oltre alle macchine da cuci�re il Senatore Borletti approda all'editoria (diventa tra l'altro pre�sidente della Mondadori avendo finanziato gli esordi del giovane Arnoldo) e soprattutto crea quel marchio di milanesità che è la «Rinascente». A stuzzicargli l'idea racconta Ida è la lettura di «Le bonheur des Dames» di Emile Zola: l'immagine dei grandi nego�zi parigini gh si impone come un'ossessione che l'industriale tra�sforma pressoché immediatamen�te in realtà acquistando prima gli empori «AUe Città d'Italia» dei fratelli Bocconi e fondendoli con i magazzini Vittoria nel grande edi�fìcio antistante il Duomo. Spiega Ida che allora aveva otto anni: «Il grande magazzino fu inaugurato il giorno di Sant'Ambrogio, 7 di�cembre 1918. A Gabriele D'Annun�zio era stato chiesto di inventargli un nome. Aveva mandato un tele�gramma: "In guerra, sorvolando il nemico con l'aereo, mi venne l'ispi�razione.."». Per trenta lire d'oro D'Annunzio battezza il grande magazzino «La Rinascente». L'esordio non è fortunatissimo. Due settimane dopo l'inaugurazio�ne il palazzo va a fuoco: «Papà arrivò a casa coperto di fuliggine. Mentre tutti eravamo a tavola disse: "La Rinascente è bruciata, domani ricominciamo"». Ma le memorie che Ida Borletti affida a queste sue pagine conce�dono in realtà poco spazio ai fasti industriali ed economici della fa�miglia. Quello che rende stupefa�centi i ricordi di questa donna è piuttosto la sua capacità di acco�stare e mettere allo scoperto aspetti che, in biografie di questo tipo, vengono velocemente percor�si. Q velati con pudoroso timore. Ida Borletti invece non teme di portare il lettore nella sua Valscura: lato d'ombra e di intimità, di sentimenti infranti e di gioiose intese. Valscura è anche la villa sul lago di Como, di fronte a Villa d'Este, dove il sole batte solamen�te nei meriggi estivi. In quella magione la ragazza la più bella tra quelle che s'incon�travano a Milano tra piazzale Baracca, via San Vittore e via De Togni (dove va ad abitare nel 1932 col marito Lucio Pozzi) trascorre buona parte delle vacan�ze della sua giovinezza. A quell'abitazione s'incastona�no però ulteriori, sofferte immagi�ni. A Valscura, anche, dopo la nascita del figlio Marcello affetto da problemi di salute, avviene la rottura del matrimonio che Ida racconta con grande franchezza. S'accende infatti un'amitié amoureuse con il medico che segue il figlioletto: «Mi diede un bacio, uno solo. Non volevo nascondere niente a Lucio. Cos�ghene parlai. Lui, ferito, mi disse: "Il nostro amore era come un cristaUo. Que�sto cristallo si è rotto"». E riandando a quei giorni Ida, tanti decenni dopo, ammette con ammirevole franchezza: «Se pen�so a quel periodo piango ancora». E tuttavia per fortuna la vita scompiglia i destini e il libro delinca con tratti assai poco itahani, mai svenevoli forti pre�senze che riscaldano il cuore e accendono i pensieri della bella signora. Arriva, portato dalla con�clusione della guerra, il maggiore Michael Noble, responsabile del PWB alleato. Creativo, imprevedi�bile, entra con naturalezza nel cuore della donna: «Qualcosa vola�va nell'aria: quel meravighoso impalpabile sentimento che prelu�de la certezza di un amore che sta per nascere». Succede davvero e, alla confusa emozione di Ida, Michael aggiunge quasi vedesse nel tempo -: «It is the delight of the beginning». La loro unione, legata poi da un matrimonio, da ville e viaggi, non è facile: c'è un lato oscuro e autodistruttivo anche in Michael, il suo «dark wood» che fa da specchio alla Valscura di Ida. Arriva la rottura e, quindi, a New York, l'incontro tra Ida Borletti e Crane Haussamen che dura un quarto di secolo: «Eravamo una coppia di mezza età con le nostre esperienze alle spalle che non ci precludevano il desiderio di sen�tirci innamorati». Un legame punteggiato da un continuo zigzagare tra Milano, New York, Parigi e Venezia e da un'infinità di lettere. Alcune:sono bellissime e accompagnano con garbo e saggezza -il. lettore-di queste memorie verso quella che è una conclusione, non una fine. DA LEGGERE Ida Borletti Una vita Corraini editore, Mantova 2000 Marc Auge Le forme dell'oblio. Dimenticare per vivere. Il Saggiatore editore, Milano 2000 Ida Borletti: luci e ombre di una fra le maggiori famiglie milanesi
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