Sul petrolio è scontro fra Europa e Opec di Roberto Ippolito

Sul petrolio è scontro fra Europa e Opec Vertice a Riad con produttori e consumatori. Gli Usa sognano un barile tra 20 e 25 dollari Sul petrolio è scontro fra Europa e Opec Gli sceicchi all'Occidente: calate le tasse Roberto Ippolito inviato a RIAD Un dialogo difficile. Ma comunque il dialogo c'è. I paesi produttori e quelli consumatori di petrolio si confrontano al vertice di Riad: qual�che volta con toni comuni, qualche volta con asprezza. E si va avanti: è questo che conta anche se l'obietti�vo di arrivare alla stabilizzazione del prezzo, dopo un anno e mezzo di impennata (da 10 dollari agli oltre 32 attuali al barile) con ripetute altalene, appare in certi momenti quasi un miraggio. Automobilisti e famiglie con i termosifoni accesi per ora possono solo sperare in un calmieramento. Osserva il ministro dell'industria Enrico Letta: «Si cerca la stabilizza�zione del prezzo ma non si sa ancora come arrivarci. Il clima a Riad è posi�tivo anche perché sia i produttori che i consumatori han�no capito che non conviene a nessuno tirare la corda». C'è ancora tempo per trattare: si chiudo' no oggi a Riad i lavori del settimo Forum intemazionale dell'energia al quale partecipano sessanta stati. Per il momento è già individua�to il percorso per proseguire il dialogo. E l'Italia ha un ruolo da protagonista. Letta ha ottenuto l'okay alla candidatura a essere cosponsor (ovvero corresponsabile dell'organizzazione) insieme agli Emirali Arabi del prossimo Forum che si svolgerà nel 2002 a Tokyo. Questo vuol dire che a febbraio si riuniranno a Roma i ministri litola�ri dell'energia di Giappone, Emira�ti, Italia e Arabia Saudita (sede del settimo Forum): sarà un'altra occa�sione di discussione. E almeno in teoria il Forum potrebbe anche cambiare la sua natura. Aprendo i lavori venerd�sera il principe Abdullah Ibn, vice primo ministro saudita, ha proposto la sua trasformazione da appunta�mento di riflessione senza vincoli e senza obblighi di decisione in un segretariato permanente, cioè una struttura fissa per sviluppare il dia�logo fra chi estrae il petrolio e chi lo consuma. Una proposta che condiziona tutti gli interventi di ieriShaklie Khalil, ministro dell'Industria algerino e soprattutto da gennaio presidente dell'Opec (la potente organizzazione di undici paesprodutlori) è favorevole. E con lugli Emirali Arabi e l'Australia. Il ministro francese Christian Pierret, parlando a nome dei 15Allo suna stpermdi consui p tudio uttura nente fronto rezzi partner dell'Unione europea, defini�sce costruttiva e utile «per il raffor�zamento del dialogo» l'idea saudita, ma il suo non è un s�pieno. E' questa una formula di compromes�so tra le voci più disponibili (Itaha, Germania, Francia e il commissario Loyola De Palacio) e i contrari (Olanda e Gran Bretagna). Pesa però sull'eventuale successo della propo�sta il silenzio dell'americano Bill Richardson che evita accuratamen�te di parlarne, nel discorso e in conferenza stampa. Segno, forse, che ancora una volta gli Stati Uniti preferiscono i negoziati bilaterali a una sede multilaterale. E il segreta�riato non decolla. In compenso Richardson si sbi�lancia nel sollecitare la discesa del prezzo petrolio a un livello compre�so tra 20 e 25 dolla�ri. Si tratta di una forchetta più bassa di quella, pari a 22-28, decisa dal�l'Opec come ottima�le e congelata una settimana fa a Vien�na. Ma le quotazio�ni reali sono più elevate. Tanto che anche l'algerino Khalil fa sapere che la prossima riunione dell'Opec, convocata per il 17 gennaio, potrà decretare «se il mercato lo richiederà» l'aumento dell'offerta (con l'effetto di una pos�sibile diminuzione del prezzo). Però 0 discorso sul prezzo resta quasi solo sullo sfondo. A Riad si litiga sulle tasse. Per i paesi consu�matori il loro livello eccessivo è la causa della mancata stabilizzazione del greggio. Il segretario uscente dell'Opec Rilwanu Lukman e gli Emirati dicono che finché non si taglia la pressione fiscale sui prodot�ti petroliferi difficilmente si blocca�no i continui alti e bassi. Questa tesi è contrastala con durezza dal france�se Pierret a nome dei quindici: secondo gli europei le tasse non hanno alcuna influenza sul prezzo all'origine e le riduzioni previste in singoli paesi sono legate a situazioni specifiche. Le tasse turbano quindi il dialo�go fra produttori e consumatori. Ma si guarda al futuro. Un futuro che, in ogni caso, resta sempre all'insegna del petrolio. Lukman è convinto che il fabbisogno di petro�lio sarà sempre molto sostenuto. E Rober Priddle, direttore esecutivo dell'Aie (l'Agenzia intemazionale dell'energia) presenta un rapporto sul petrolio: i consumi saliranno, secondo le sue previsioni, del 500Zo da oggi al 2020. Come dire: il mondo sarà sempre più condiziona�to dall'oro nero. Allo studio una strutturapermanente di confronto sui prezzi I pozzi di petrolio restano sotto accusa