« Senzo calcio non so stare » di Alain Elkann

« Senzo calcio non so stare » « Senzo calcio non so stare » Biscardi: il «Processo» è la mia vita Alain Elkann ALDO Biscardi è uno dei per�sonaggi più noti della televi�sione italiana: conduce il «Processo del lunedì», il talkshow che ha più anni di «anziani�tà», sono ormai 21. Guai è il segreto di una tra�smissione cos�fortunata? «Devo ringraziare il cielo per la salute che mi ha dato. Ho manca�to solo alla puntata del marzo 1983 perché nella notte tra dome�nica e luned�mor�mia madre. Innanzitutto, quindi, è questione di resistenza. E poi la formula, che in realtà è ima "non formula", la legge semplice di tutti i talkshow: la contrapposizione dialet�tica. In questo caso forse è un po' più accentuata perché il calcio è rivalità campanilistica e munici�pale tra squadre degli stessi cen�tri come Roma, Milano, Torino, Genova. Contrapposizione tra ric�chi e poveri». Intende dire che nel calcio c'è tutta l'Italia? «Non solo, il calcio oggi è la sesta industria nazionale». È un mondo molto cambiato da quando lei ha comincia�to? «Sì, c'erano già 20 anni fa i presidenti mecenati, era un gioco dove certo circolava il denaro, ma non c'erano le sproporzioni di oggi. Nel calcio di una volta le formazioni erano leggenda, sia la Nazionale che le squadre delle varie città. Oggi invece le grandi squadre hanno due o più forma�zioni. Non si dice più "Gombi, Rosetta, Galligaris" perché non si sa mai chi gioca. Poi ci sono moltissimi stranieri in più. Nel�l'Inter ci sono undici stranieri titolari. Le squadre ormai sono porti di mare. E la campagna acquisti non è più una volta all'anno, come prima. Oggi il mer�cato è aperto sempre». La critica è sempre stata vivace nei confronti del «Pro�cesso». Quali sono state le accuse più frequenti? «Il "Processo" è un luogo deputato a uno scontro aspro. Ed io mi trovo bene in un ambiente del genere, dove c'è polemica: ho studiato legge, e, quando ero stu�dente, a Campobasso il mio paese di origine c'erano ancora il tribunale e la corte d'assise. Andavo con altri amici ai processi e vedevo che erano seguiti da tutti: giovani, vecchi, notabili e gente umile. C'erano innocentisti e colpevolisti: oggi le cose non sono cambiate basta vedere come interessano i processi Mar�ta Russo, Graziosi o il processo a Raul Ghiani -. La stessa cosa per il mio "Processo", con l'unica diffe�renza che si svolge intorno a un gioco, quello del calcio. Mosca rappresenta sempre l'accusa. Me�nicucci la difesa, anche perché è un arbitro». Si intende molto di calcio? «Sono uno studioso. Ho diretto le pagine sportive di "Paese Sera" prendendo il posto di Antonio Ghirelli. Ho diretto la rivista delle grandi firme dove scrivevano Bre�ra e Palumbo». Poi è diventato un uomo di spettacolo, una star televisi�va. «Grazie alla popolarità che circon�da il programma. Ma io sono rimasto un giornalista e da giorna�lista mi comporto in trasmissio�ne». Perché il «Processo» non invecchia mai? «È il giornalismo che non invec�chia mai, cambia continuamen�te». Che cosa avete cambiato nel corso degli anni? «I miei ospiti, che sono sempre grandi firme. Al "Processo" han�no partecipato Brera, Baretti, Pa�lumbo. Abbiamo avuto anche Pla�tini e Falcao, Zico e Bruno Conti. Oggi ci sono Ronaldo e Zidane, Del Piero, Vieri, Totti. Sempre nuovi giocatori, nuovi allenatori. Da Herrera a Lippi, da Liedholm a Trapattoni». Preferisce il campionato o la Nazionale durante i Mondia�li? «Il campionato s'incarna nella storia del "Processo", la Naziona�le entra nella trasmissione con il suo immenso carico di passione popolare nelle grandi manifesta�zioni intemazionali». Quali in particolare? «Non posso dimenticare Madrid, il Mondiale dell'82 con Pertini in diretta e un milione di persone raccolte intorno alla nostra tra�smissione a piazza del Popolo a Roma. Poi i Mondiali della delu�sione, il rigore di Saggio fallito in America nella finale contro il Brasile. Oppure gli Europei con la polemica Zoff-Berlusconi». Secondo ((Striscia la notizia» il vero protagonista di que�st'ultima vicenda sarebbe lei. «Io ero certo della notizia sul divorzio di Zoff dalla Nazionale e sul suo rientro da presidente della Lazio. L'ho data al "Processo" e ho detto che si sarebbe verificata il 5 giugno. E poi ho avuto un po' di fortuna». Lei è tifoso? «Sono tifoso della squadra del mio paese. Ma non faccio un tifo viscerale, e questo in trasmissio�ne aiuta: io devo essere imparzia�le» Come mai le squadre di pro�vincia stanno conoscendo un periodo cos�felice? «Perché approfittano del fatto che le grandi squadre hanno tantissi�mi impegni. Giocano un giorno s�e uno no. Impegnate come sono a contendersi uno scudetto almeno in sette fanno a gara a chi compra il pezzo migliore da 70 miliardi in su. In provincia invece ci sono squadre più omogenee che corro�no di più e si risparmiano di meno perché non devono salvaguardar�si, penso ad esempio a Ronaldo». Si diverte ancora? «Un po' meno di prima. Io vorrei più polemica sul calcio giocato e non su fattori estemi che stanno prendendo il sopravvento, come le decisioni e il potere degli arbitri o la violenza negli stadi e fuori. Ho sentito ciclicamente dire nella mia carriera: "Se il calcio conti�nua così, finirà"». Come vivrebbe lei senza il calcio? «Non posso dirlo perché non ho mai vissuto». Come occupa il tempo quan�do non pensa al calcio? «Leggo molto, seguo la pohtica e mi occupo della famiglia. Come tutte le persone che hanno studia�to e amano il loro lavoro». Vacanze? «Quando tutti vanno in vacanza, il sabato e la domenica, io lavoro. Ma ho ima regola ferrea: fra un campionato e l'altro, in quell'in�tervallo di 30-40 giorni, non pen�so più né al calcio né al lavoro». Che cosa fa? «Vado in campagna o al mare con gli amici, con la famiglia. Stacco la spina, gioco a carte e a biliardo, faccio delle nuotate, vado in bici�cletta. Quando vedo un tifoso che vuole un autografo cerco di cam�biare strada». Aldo Biscardi conduce da 21 anni «Il Processo del lunedì»