«L'alluluvione, trauma anche per la mente» di Vincenzo Tessandori

«L'alluluvione, trauma anche per la mente» 1 CONSIGLI DI CROSIGNANI «L'alluluvione, trauma anche per la mente» Lo psichiatra: ecco come; si può superare lo shock intervista Vincenzo Tessandori APPENA l'acqua lasdò il po�sto al sudario di fango, lui, il marito, si accasciò in cucina su una sedia inzaccherata, la testa fra le mani: «Che dobbiamo fare? Che cosa possiamo fare?» Intende�va: «Non ci riprenderemo più». Incapace di reagire, peosso da sin�ghiozzi sommessi. Piegato, vinto. Lei, la moghe, si rimboccò le mani�che e cominciò a dar ordine al grovigho lasciato dalla grande on�da. Ore, senza fermarsi. Vissuto in una casa di Morano Po, in provin�cia di Alessandria durante l'ulti�mo inferno. Passa la piena e, poco alla volta, anche la grande paura sbiadisce. Già, che cosa fare? Che reazioni si hanno durante una catastrofe? E che cosa resta nella mente di chi ha dovuto subirla? Singolare e preoccupante che, secondo studi compiuti negh Stati Uniti, la percentuale di chi perde il : -1 lavoro sia maggiore fra coloro che i sono sopravvissuti a un fatto trau�matico come un dirottamento o un disastro aereo, un inddente ferroviario, un'alluvione. Non s'improvvisa niente, certe cose si affrontano prima di tutto, sulla base dell'esperienza, dice il profes�sor Annibale Crosignani, da 40 anni in psichiatria, per 13 prima�rio all'ospedale delle Molinette di Torino, oggi consulente per la pro�grammazione psichiatrica di Ver�celli. Una settimana prima dello scia�gurato arrivo della grande onda su Val d'Aosta e Piemonte aveva te�nuto per la Regione un corso su «medicina delle catastrofi». «Ab�biamo cercato di spiegarle attra�verso l'occhio della psichiatria, perché essa raccoghe l'intera pato�logia delle emozioni, fino al panico e, in seguito a questo, ecco i com�portamenti inadeguati, irrazionali, assurdi che vengono letti e, magari, risolti proprio dallo psi�chiatra o dal medico o dai soccorri�tori che ne seguano le indicazioni». E in questa occasione? «La comunità colpita risultò aggrega�ta oiganicamente, solida, sana e reag�in maniera efficace e raziona�le». Preceduta com'è da un periodo di allerta, quella che vien definita una catastrofe improvvisa, per la verità improvvisa non è mai. «Qualcuno non solo nega il perico�lo e lo riufiuta, ma ne respinge la stessa idea, la minimizza: "C'è tempo, non è niente"; qualche altro ha la reazione opposta, si allarma e mostra un comporta�mento scomposto; poi c'è chi ri�sponde in maniera razionale tesau�rizzando i consigli che gh vengono dati e le esperienze passate: nel�l'ultima occasione si è rivelata preziosa la memoria del '94; infi�ne, c'è quello che subisce la sedu�zione della catastrofe, insomma, il curioso che corre a vedere che cosa sia successo». n capitolo successivo è la «fase critica», quella in cui si consuma l'alluvione, il terremoto, l'esplosio�ne di un ordigno. «A questo punto ogni sentimento si azzera perché l'evento viene percepito da tutti: dunque, danni fisid, materiali e danni psichid. E questi ultimi vengono amphati dall'effetto fol�la, si forma una spedo di psicosi collettiva. Per limitare i danni, vengono attivati i soccorsi, natu�ralmente, ma nell'attesa si scate�nano le più svariate reazioni». Come il panico «per cui la gente vaga senza una mèta precisa, op�pure rimane bloccata, come cata�tonica, o fugge in preda al proprio egoismo, dimenticando pure i fa�miliari, almeno in un primo mo�mento». Ognuno cerca una forma di difesa. Che può anche essere la fuga. Crosignani: «A Londra, la notte di Ferragosto del '40 duran�te un attacco della Luftwaffe, medid e infermieri di un ospedale psichiatrico scapparono senza pre�occuparsi dei malati. Tornati ore dopo, li trovarono che tentavano di sistemare lo scempio fatto dalle bombe». Passata la piena, esiste un mo�mento in cui la gente «diventa critica» e individua motivi di ran�core verso l'autorità, un'ira collet�tiva «controllata e motivata», che non risparmia nessuno. A Trino c'era chi andava per le strade ancora ingombre di fango serran�do in pugno una zappa, il manico di una vanga, un bastone. Alla ricerca di sindaco, giunta e magi�strato del Po, ai loro occhi responsabili deU'infemo perché, come marinai, avrebbero promesso ciò che non potevano garantire: argi�ni sicuri. «E' difficile superare la sofferenza psichica per un trauma del genere che rischia di provoca�re conseguenze nelle persone più fragili. E in questo senso la terapia migliore sono l'arrivo tempestivo degh aiuti, il risarcimento dei dan�ni subiti e la realizzazione di quel�le opere di sicurezza del territorio e del fiume». Dunque, dopo la piena, come diceva quella comme�dia di Hans Fallacia: «E adesso, poveruomo»? E, naturalmente, povera donna. «La terapia migliore? E' garantita dagli aiuti tempestivi e dal risarcimento dei danni subiti» "~f ~ Lojpsichiatra Annibale Crosignani, . esper|p di «medicina delle catastrofi»

Persone citate: Annibale Crosignani, Crosignani, Hans Fallacia

Luoghi citati: Alessandria, Londra, Morano Po, Piemonte, Stati Uniti, Torino, Trino, Val D'aosta