Nutria, simpatica ma pericolosa

Nutria, simpatica ma pericolosa LA STORIA DEL «CASTORINO» Nutria, simpatica ma pericolosa Pianura padana: migliaia di tane erodono gli argini dei fiumi IL Nutria o castorino": è b titolo di un libretto del 1954, edizioni ENCIA di Udine, che celebra l'allevamento di questo simpatico animale da pelliccia. Sono passati gli anni, le promes�se di facili guadagni del dopo�guerra sono amarezze del passa�to e le pebicce per fortuna non si usano più. "La" nutria (tutti oggi la chiamano al femminbe) però è ancora tra noi. Non più in gabbia, ma libera, grassa, sana e prolifica, vorace e nume�rosa. Un po' per colpa debe abuvioni, che hanno divelto gb allevamenti sugb argini, un po' per sbaglio, le nutrie sono scap�pate. Molte sono state messe in libertà, per quel buonismo tipi�co di certi allevatori, che quan�do vogbono disfarsi di animab esotici si sentono meno colpevo�li se b restituiscono aba vita selvaggia. Tant'è che in Itaba ci sono nutrie un po' dappertutto. Sono animali della stessa fa�miglia dei castori, e a vederli nuotare ispbano simpatia. Ba�sta non sapere altro di loro e non vedere la coda: ci si aspetta quel timone piatto e inconfondi�bile che riporta aba memoria un documentario di Walt Di�sney dove una pennellata sul mappamondo apre le porte del�la "Valle dei castori": l'ingegno�so protagonista sa essere tagbalegna e ingegnere e con le sue dighe si rende utbe perché pun�tella gli argini. Ma la nutria è un'altra specie, con una coda cilindrica e scagliosa da pante�gana, le dighe non sono affar suo, e nel nostro ambiente pro�duce danni. Il "topo di fiume" o "miopota�mo", di nome si chiama Myocastor coypus, è Sud Americano ed è della famiglia dei Roditori. Essendo, come si diceva una volta, un "rosicante", rode. Non lo fa solo per ingordigia, ma anche per necessità: in questo gruppo animale gli incisivi sono a crescita continua e quindi vanno limati continuamente, rosicchiando arbusti, canneti, cortecce e radici, di tutto un pò. L'incontro tra l'uomo bianco e la nutria sembra essere avvenu�to nel sedicesimo secolo: i primi coloni spagnoli che risabrono il Rio della Piata, il Parane e i loro affluenti, ne videro innumere�voli colonie specialmente nel territorio chiamato poi Entre Rios, tra i fiumi Parane e Uru�guay, zona ricca di laghi, di acquitrini e di foreste, habitat ideale di questo animale. I colo�ni lo chiamarono "Nutria", con il nome spagnolo della lontra con cui lo scambiarono. Il nome è rimasto, al maschile o al femminbe che sia. "Coypu" è b nome di casa, quebo con cui lo chiamavano gli indigeni deb' America Latina, che è ricordato nel suffisso specifico, mentre il prefisso Myocastor sa un po' di topo e un po' di castoro, come è giusto che sia. Ab'inizio del secolo il miraggio della sua pebiccia lo portò nel sud degb Stati Uniti, in molte nazioni Europee, nell'ex Unione Sovieti�ca, in Medio Oriente, in Giappo�ne e in Africa. In Italia i primi esemplari vennero importati nel 1928 sot�to l'egida del Ministero di Agricoltura e Foreste e con l'assi�stenza tecnico-scientifica deb' Istituto Nazionale di coniglicol�tura di Alessandria, oggi sop�presso. Risale al 1936 una pub�blicazione che proponeva di sperimentare l'adattamento in bbertà deba nutria, ma non si sa se ebbe seguito. Causa princi�pale della sua comparsa sul versante tirrenico italiano fu l'alluvione del 1966, che interes�sò l'Arno e l'Ombrone. Lungo i loro argini erano nati numerosi allevamenti privati subito dopo la fine della guerra e buona parte degli impianti furono spazzati via dalla piena, liberan�do centinaia di castorini fameli�ci. Da abora la nutria, in man�canza di leggi sulla gestione deba fauna d'importazione, ha colonizzato tutti gli ambienti pianeggianti, collinari e appen�ninici dove ci sono corsi d'ac�qua e zone umide. La Pianura Padana dal suo punto di vista non è zona di tanti territori distinti, ma un solo areale dove sono riunite diverse meta-popo�lazioni, come un grande cortile. Perché questa esplosione de�mografica incontrollata? La nu�tria ha un successo strepitoso per la sua plasticità e adattabili�tà, accompagnate dalla mancan�za di predatori naturali, oltre che di virus, batteri e microrga�nismi specifici che la facciano ammalare, e che sono rimasti nella sua terra d'origine. In più si riproduce due volte l'anno senza db'ficoltà mettendo al mondo da sei a nove piccoli per volta, che, benedetti daba natu�ra, si trovano le mammelle deba madre disposte quasi sul suo dorso, laterab, di modo che si possa poppare, nuotando di conserva, tenendo la testa fuori dall'acqua. Che cosa fa di male la nutria? Scava tane di 50 o 60 centimetri di profondità negli argini dei fiumi, trasformandoli in groviera: anche senza l'analisi dei dati, che a tutt'oggi manca, questa attività non è l'ideale in questi tempi di alluvioni. Quan�do l'acqua arriva con violenza allarga l'apertura della tana e apre la strada abe frane negli argini indeboliti. Nebe risaie le tane delle nutrie spesso causa�no lo svuotamento debe vasche di riso. Poi c'è il danno naturali�stico: la vegetazione acquatica viene divorata, Ibabitat si impo�verisce, la biodiversità va a farsi benedire e gli animali nostrani soffrono o addirittura si estinguono. Gli inglesi, meno teneri di noi, negli anni '80 hanno organizzato una campa�gna di eradicazione. L'hanno fatto quando erano ancora in tempo e le nutrie erano solo in certe zone: oggi in Gran Breta�gna non ce ne sono più. In Italia sono state organizzate campa�gne di controbo sul delta del Po, usando trappole, eutanasia con il cloroformio o fucilate. Le .fucilate sono un errore anche perché in breve tempo cambierebbero le abitudini di questi animab, che non temono i peri�coli del giorno, anche se sono più attivi quando si sentono protetti dall'oscurità. Disturba�ti, smetterebbero di crogiolarsi al sole lisciandosi la pelliccia, diventerebbero diffidenti e solo notturni, e il controllo non sa�rebbe sufficiente. Ci vorrebbe una strategia di intervento na�zionale e invece si fanno solo campagne di controbo localizza�te. L'intenzione di rimediare però c'è: 153 nazioni aderiscono alla Convenzione di Rio sulla biodiversità, che impegna le Darti a controllare e a eradicare e Specie invasive che ne costitu�iscono una minaccia. E c'è la Convenzione di Berna sulla pro�tezione degli habitat e delle specie, che può mettere uno stato inadempiente sotto inchie�sta. Si tratta di intenti, impegni politici e morali solloscrilti dal nostro paese, ma non ancora di obbbghi. In Italia manca una legge sulla biodiversità, e allora la�sciamo scomparire i nostri sco�iattoli, i nostri pesci, le nostre tartarughe. Tutto in nome delle proteste di pochi ultra. Ci meri�tiamo di essere castigati dalle sanzioni di Berna e di spendere centinaia di milioni attraverso le nostre pubbbche amministra�zioni per rimediare i danni dei nostri affari da pellicciai falliti. Ben ci sta. Caterina Gromis La nutria, un grosso roditore acquatico, è arrivata in Italia nel 1928, e si è riprodotta in maniera inarrestabile

Persone citate: Caterina Gromis, Entre Rios, Quan