Il Rinascimento del teatro tra corti, cortili e osterie di Masolino D'amico

Il Rinascimento del teatro tra corti, cortili e osterie Il Rinascimento del teatro tra corti, cortili e osterie RECENSIONE , -Masolino d'Amico UNA volta le storie del teatro si occupavano principal�mente se non esclusivamen�te di letteratura teatrale, ossìa dei testi e non degli allesti�menti, ma in seguito gli studi hanno teso a concentrarsi su que�sti ultimi in una misura che è parsa addirittura eccessiva a qual�che lettore, vedi per esempio l'in�troduzione generale del compian�to Nemi D'Agostino alla pur eccel�lente edizione Garzanti di tutto Shakespeare in volumetti singoli, in cui in sostanza si dice che bisogna togliere un'altra volta il Bardo dalle mani degli istrioni. L'ideale naturalmente sarebbe riuscire a tener conto di tutto, della poesia come delle esigenze sceniche, del pubblico come della censura, del luogo come della com�mittenza. Questo avviene ormai in molti studi singob, ma di rado con l'ampiezza comparatistica del�l'ambiziosa Stona del teatro mo�derno Einaudi, di cui è appena apparso il primo volume. Diret�ta da Roberto Alonge e Guido Davico Boni�no, l'opera come altre iniziative paragonabi�li presenta saggi di più studiosi, affian�cando quanto avvenuto nel perio�do in Italia, in Inghilterra, in Francia, in Spagna e in Germania. La novità è che non solo le sìngole monografie, affidate rispet�tivamente a Alonge e Franca Ange�lini, Franco Marenco e Paolo Bertìnetti, Davico Bonino, Daniela Ca�pra e Emilio Bonfatti, si preoccupa�no di collocare costantemente i RECEN, -Masd'A profib degb autori nel contesto in cui costoro operarono, descriven�do appunto gli spazi e gli interpre�ti che ebbero a disposizione, gb spettatori ai quab si rivolsero, l'accogbenza che incontrarono, e via dicendo; ma che esse sono complementate da approfondi�menti ad opera di esperti su molti altri aspetti della vita teatrale, approfondimenti che comprendo�no, tra l'altro, lo studio dell'attivi�tà delle accademie (in Francia, a Siena, a Venezia...), di Stefano Mazzoni; quello dell'evoluzione dell'edificio teatrale, di Luigi Alle�gri, e quello della scenografia e IONE ino ico delle macchine, di Lui�gi Allegri; quello della danza e del balletto, di Alessandro Pontremoli. Per l'Italia, un pre�zioso contributo di Ro�berto Tessari rintrac�cia le origini della pro�fessione dell'attore, citando quel delizioso atto deposto presso un notaio di Padova in cui nel 1547 tre commedianti s�costituirono in compagnia specificando che gli incassi sarebbero stati custoditi in una cassetta con altrettante chia�vi, ima per ciascuno di loro sembra lo spunto per una farsa della Commedia dell'Arte. All'interno del progetto i dotti hanno ovviamente agito con liber�tà, e c'è chi ha seguito le disposizio�ni meno rigidamente. Marenco per esempio ha dedicato meno attenzione di quanto oggi si faccia alla esploratìssima struttura della «playbouse» eHsabettiana, ma in compenso mette acutissimamente in luce da un lato lo spessore culturale e gli obiettivi di Shake�speare, dall'altro la fisionomia dei suoi epigoni e in particolare quella dell'età di Giacomo I. Il suo inter�vento ha un respiro cos�ampio e articolato da far sembrare avaro lo spazio concesso a quello di Paolo Bertinetti che lo completa per l'età della Restaurazione, cer�to assai meno fertile del grande momento elisabettiano e giacobiano, ma tuttavia vivacissima e pie�na di spunti. In ogni caso fa effetto accosta�re, come di rado avviene dentro un solo volume, la nascita del teatro eUsabettiano a quella cos�lontana e pure per tanti versi cos�simile, d�quello spagnolo: nella descrizione d�Daniela Capra il «corrai», ossia il cortile dove nel Cinquecento iniziarono le rappre�sentazioni all'aperto, richiama ir�resistìbilmente quello delle oste�rìe dove sotto EUsabetta �comici rizzavano il loro palco, anche l�senza scene, e con la gente tutto intorno entrambi �luoghi poi evolvendosi in uno strano locale dove si continuava a recitare di giorno e sotto il cielo, con un palcoscenico parzialmente coper�to da una tettoia dipinta con un cielo simbobco, e con una impor�tante botola dalla quale far scaturi�re le apparizioni infemab. Tra queste due fette di pane, la diversissima, pomposa e stibzzata ma tutt'altro che ingessata scena francese, che Davico Bonino ri�crea seguendo mirabilmente l'evo�luzione dei tre grandi maestri Comeille, Molière e Bacine. Schiacciata e provinciale sembra accanto a queste tre grandi civiltà teatrale quella tedesca, mentre comprensibilmente l'Italia fa la parte del leone: non soltanto per�ché qui si appunta la maggioranza delle indagini collateraU (cosa giu�stificabile anche con la considera�zione della centrabtà, ancora per buona parte del Cinquecento, del�le corti italiane rispetto alla cultu�ra europea); ma anche per il pigho felicissimo, ricco d�una erudizio�ne non meno articolata che cordia�le, con cui Alonge rievoca la reinvenzione rinascimentale del tea�tro, dedicando un'anabs�partico�larmente brillante alle tre prime e immortali commedie cittadine, la «Mandragola», «La Lena», e, come a quanto pare si deve scrivere adesso, «La Veniexìana». IL PRIMO VOLUME DI UNA GRANDE OPERA EINAUDI DIRETTA DA ALONGE E GUIDO DAVICO BONINO: PALCOSCENICI INGLESI, FRANCESI, SPAGNOLI, ITALIANI Shakespeare e un "suo" palcoscenico. La "Storia" di Alonge e Davico Bonino risale alle origini del teatro moderno nell'Europa del '500 Storia del teatro moderno e contemporaneo diretta da Roberto Alonge e Guido Davico Bonino Voi. primo. La nascita del teatro moderno Cinquecento-Seicento Einaudi, pp. 1346. L. 160.000 GRANDE OPERA