Un violino per Mussolini

Un violino per Mussolini Un violino per Mussolini I Duce, sorpreso a suonare nel bel mezzo del caso Matteotti, confessò: «Mi aiuta a dimenticare» AVERE dalla propria il favo�re di una musa adorante potrà anche favorire impen�nate dell'ego ma non impe�disce il crearsi di situazioni di estremo disagio. Accade anche a Mussolini non ancora dittatore ma già in camicia nera quando lo si ritrova, rosso di vergogna e intimidito come un debuttante chiamato malamente allo sbara�glio, in seguito all'eccessivo fervo�re dimostrato ad apprezzamen�to uel suo talento musicale da Margherita Sarfatti. L'episodio è rammentato nel bel libro che Antonio Barbon dedica al rappor�to tra Mussolini e la musica (nonché i musicisti del suo tempo) e prende posto nel dicembre 1919, nella casa milanese della Sarfatti. Quando accade sono tra�scorse poche settimane dalla bato�sta elettorale del 16 novembre che ha visto la Usta fascista racco�gliere miserrimi risultati sia nelle diverse località in cui viene pre�sentata che nella roccaforte mila�nese dove il ruolo carismatico di Mussolini aveva fatto sperare in qualche migliore affermazione. Invece a vincere sono, e in modo clamoroso, i socialisti. Non solo la lista fascista sui 270.000 votanti di tutta la circoscrizione porta a casa meno di cinquantamila voti ma lo stesso Mussolini raccoglie uno striminzito bottino di prefe�renze. Sono 2427 i voti attribuiti al suo nome, a cui vanno aggiunti altri 1987 suffragi espressi da elettori che per pur indicandolo tra i candidati preferiti hanno votato per altre liste. Poco più di quattromila voti per un personaggio che nel corso degli ultimi anni si è imposto prepotentemente sulla ribalta del�la politica nazionale sono davve�ro poca cosa e non devono aver contribuito a rallegrare il morale del futuro duce invitato a parteci�pare ad una serata musicale nel salotto della sua musa. Ospite d'onore è il giovane violinista cecoslovacco Vasa Prihoda che dopo aver lasciato la sua patria d'origine è venuto in Italia a cercare fortuna. Gli inizi del suo soggiorno milanese non sono for�tunatissimi e il musicista riesce a sbarcare il limarlo solo perché intrattiene gli avventori del cen�tralissimo caffè milanese «Gran�de Italia». Fortunatamente capita l�il direttore d'orchestra Gaetano Bavagnoli che, colpito dall'assolu�ta eccellenza del violinista, gli organizza subito un concerto alla «Permanente» dove viene ascolta�to anche da Arturo Toscanini che non lesina elogi al giovane talen�to; «Se Paganini suonava così, certo non poteva suonar meglio». E ad ascoltare in casa Sarfatti il giovane ceco sono, oltre a Musso�lini, anche lo stesso Toscanini e personaggi come Marinetti che fanno parte della animatissima corte della musa mussoliniana. Gli applausi fioccano dopo la magistrale esibizione del violini�sta (che nell'occasione non dispo�ne ancora di quello Stradivarius del 1710 che lo accompagnerà quando suonando a Monaco, Vienna, Salisburgo s'imporrà su tutte le platee musicali europee). Galvanizzata dal successo della serata la Sarfatti comincia ad insistere perché Mussolini, che da anni ama suonare il violino e che durante i soggiorni trentini e forlivesi ha preso lezioni per me�glio padroneggiare lo strumento, si esibisca assieme a Prihoda. A questo punto, come raccontano anche due biografi della Sarfatti, «Mussolini divenne scarlatto per l'imbarazzo, scosse la testa e bor�bottò qualche disperata parola di scusa». Ma la musa evidente�mente non rendendosi conto del panico in cui getta l'amante e dell'irritazione che gli sta provo�cando insiste: solo davanti ai decisissimi dinieghi alla fine desi�ste e cos�Mussolini «mortifìcatissimo, potè darsi alla fuga». A differenza della Sarfatti Mus�solini non solo è ben consapevole dell'essere un dilettante che ri�schia di andare allo sbaraglio accanto ad uno strepitoso talento musicale quale Prihoda ma, an�che, si rende conto come possa risultare patetica un'eventuale esibizione davanti a quell'Arturo Toscanini che solo poche settima�ne prima non solo è entrato nella sua Usta come candidato ma ha supportato con ben trentamila lire la sfortunata campagna elet�torale della neonata formazione fascista. Ancora lontana è la rottu�ra tra i due dopo l'episodio che nel 1931, a Bologna, vede Toscanini svillaneggiato perché si è rifiuta�to di dirigere l'orchestra chiamata a suonare «Giovinezza» e l'inno reale. Un rifiuto che secondo Anto�nio Barbon si spiega, più che con motivi prettamente ideologici, col fatto che Toscanini, «per non turbare il raccoglimento della se�rata aveva ordinato all'orchestra di accordare gli strumenti fuori dalla sala. Il giorno prima del concerto gU fu detto che il primo violino, ancor prima del suo in�gresso in sala, avrebbe dato un segnale all'orchestra per l'esecu�zione degli inni. Toscanini si infu�riò perchè l'orchestra non era di buona quaUtà, perché aveva mol�to faticato a prepararla e perché l'esecuzione degli inni avrebbe rischiato di togliere concentrazio�ne agh strumentisti...». Pressoché in questo stesso periodo Mussoli�ni comincia a ridurre il tempo dedicato aUa sua passione violini�stica. Ancora nel bel mezzo della crisi causatadaU'assassinio di Matteotti il ministro Federzoni lo poteva trovare tutto preso a suo�nare e sentirgh mormorare, quasi a scusa del farsi sorprendere con lo strumento in mano, «aiuta a dimenticare». Qualche anno do�po, l'il febbraio del 1929, il suo capo ufficio stampa s'imbatte nelr«uomo della Provvidenza» che, in attesa di recarsi a firmare il trattato del Laterano con la Chie�sa, sta improvvisando sul violino. Passano gli anni e anche per il duce cambia musica. Troppi gU impegni ufficiali per potere asse�condare la sua passione anche se a Palazzo Venezia continua a tenere alcuni violini. Di fatto riesce a tornare allo strumento con qualche assiduità solo duran�te le vacanze che si concede, di tanto in tanto, alla Rocca delle Cambiate. Ovviamente appena può continua a frequentare l'Opera di Roma (all'inizio del suo soggiorno neUa capitale addirittu�ra cerca di assistere agli spettaco�li in incognito) proprio come era andato, durante la fase milanese, di tanto in tanto alla Scala. L�ricorda la imoghe Rachele -. il melomane Mussolini, conciliava la musica alla distensione. E, fattosi buio in sala, beatamente dormiva. DA LEGGERE Antonio Barbon Aspetti della privacy di un dittatore. Mussolini e i musicisti del suo tempo Prefazione di Piero Melograni FrancoAngeli, 2000 Philip Cannistraro e B. R. Suilivan Margherita Sarfatti L'altra donna del duce Mondadori. 1993 Mussolini coltivò per il violino la segreta passione del dilettante

Luoghi citati: Bologna, Italia, Monaco, Musso, Roma, Salisburgo, Venezia, Vienna