I silenzi del mio amico ebreo

I silenzi del mio amico ebreo I silenzi del mio amico ebreo Edward W. Said LA Gerusalemme che cono�scevamo io e i miei parenti era molto più piccola, più semplice e in superficie più tranquilla e ordinata del Cairo. Era governata dagli inglesi, che decisero senza preavviso di ri�mettere il mandato in anticipo (circa sei mesi dopo la nostra partenza). Ma nel 1947 si vede�vano soldati inglesi dappertut�to (mentre dal Cairo se ne erano già praticamente andati) e l'im�pressione generale era quella di una località inglese, con caset�te linde, traffico disciplinato e tutti che bevevano il tè delle cinque, ma abitata da arabi, in molti casi da arabi che avevano studiato in scuole inglesi come i miei familiari e i loro amici. Io peraltro non avevo idea di che cosa significassero le espressio�ni «mandato britannico» e «go�verno della Palestina», la dicitu�ra che ricorreva sulle monete e sui francobolli. Per me, in con�fronto al Cairo, Gerusalemme era un posto più rilassato, sen�za la grandeur e la ricchezza (case di lusso, negozi costosi, macchinoni americani, folle ru�morose) che ci circondavano al Cairo. Non solo, ma sembrava avere una popolazione molto più omogenea, costituita in pre�valenza da palestinesi, anche se ricordo brevi visioni di ebrei ortodossi e una rapida visita al loro quartiere di Mea She'arim, che suscitò in me un misto di curiosità e di distacco, senza che mi ponessi particolari do�mande sulla presenza vistosa�mente diversa di quei personag�gi in abiti, capelli e mantelli neri. Un ragazzo ebreo, mio com�pagno di classe, David Ezra, tuttavia, mi è rimasto vivamen�te impresso nella memoria. Cre�do fosse l'unico ebreo della mia classe (anche se nella scuola ce n'erano parecchi), e il suo ricor�do, alla luce di successivi cam�biamenti avvenuti nella vita mia e della Palestina, mi susci�ta ancora interrogativi doloro�si. Era un ragazzo robusto, dai capelli neri, con me parlava in inglese; suo padre faceva l'idraulico, mi pare. Sembrava un po' isolato dal resto della classe, e anche più autonomo, meno trasparente, con meno legami: tutte qualità che mi attraevano. Benché non assomigliasse agli ebrei levantini che avevo conosciuto al Cairo, alla Gps o al club sportivo, non saprei dire che significato avesse per noi il suo essere ebreo, anzi per quanto mi riguarda ricordo di�stintamente di non avere trova�to niente di strano nella sua presenza in mezzo a noi. Era un bravissimo atleta, che mi colpiva per le spalle e le cosce possenti e per il modo di giocare aggressivo. Però non si univa mai a noi quando al pomeriggio, al termine della scuola, tornavamo a casa a gruppetti, un modo per superare i posti di blocco rinfrancati dal numero. L'ultima volta che lo vidi, era fermo in cima alla strada e guardava nella mia direzione, mentre io con tre o quattro compagni mi avviavo verso Talbiyeh. Quando poi, improvvisa�mente, poco prima di Natale, la mia famiglia decise che avrem�mo fatto meglio a tornare al Cairo, il rapporto bruscamente interrotto con David Ezra fin�per simboleggiare sia la distan�za incolmabile tra arabi palesti�nesi ed ebrei palestinesi, rimos�sa per mancanza di parole e di concetti con cui esprimerla, sia il terribile silenzio che da quel momento in poi è stato imposto sulla nostra storia comune. La Gerusalemme che conoscevamo era piccola e tranquilla più del Cairo David Ezra aveva il padre idraulico e sembrava isolato dal resto della classe

Persone citate: David Ezra, Edward W. Said